La Polizia Penitenziaria torinese chiede rispetto ed attenzione

La Polizia Penitenziaria, quarto corpo di polizia italiano, da anni denuncia in modo chiaro una condizione di lavoro difficile, precaria e al limite della dignità dei singoli Agenti operanti nelle carceri del nostro Paese.

Da nord a sud le carceri soffrono il sovraffollamento da parte della popolazione detenuta e le strutture spesso sono umide, muffite e fatiscenti. Lo Stato Italiano negli ultimi decenni ha fatto molte promesse agli appartenenti al Corpo ma le ha puntualmente disattese.

Gli uomini e le donne della Polizia Penitenziaria di Torino sono arrivati allo stremo delle forze e hanno deciso di manifestare il loro dissenso e il loro sgomento a quel Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria (D.A.P.) che dovrebbe dar loro ascolto e tutela.

È ormai settimanale l’aggressione agli Agenti in servizio nelle sezioni da parte dei detenuti. Non di rado gli uomini e le donne della Penitenziaria riportano traumi e ferite così gravi da necessitare di trasporto in ospedale con prognosi anche molto significative.

Per essere concreti si può, ad esempio, citare l’aggressione che un detenuto ha perpetrato nei confronti di un Ispettore della Polizia Penitenziaria in servizio presso il Carcere di Torino il 29 di aprile.

Nella tarda mattinata, poco prima dell’ora di pranzo, un detenuto ha aggredito – peraltro senza apparente motivo – l’Ispettore con una testata violenta in pieno volto. L’Ispettore è stato prontamente trasferito all’Ospedale “Maria Vittoria” dove gli è stato diagnosticato un importante trauma cranico e gli è stata fatta una prognosi di sette giorni.

Circa una settimana dopo, l’8 maggio, sempre nel Carcere di Torino, verso l’ora di cena, lo stesso detenuto che aggredì l’Ispettore ha tentato lo strangolamento di un Agente della Polizia Penitenziaria. Anche in questo caso l’Agente è stato prontamente soccorso dai colleghi che lo hanno tradotto presso l’Ospedale “Maria Vittoria” dove gli è stata data una prognosi di cinque giorni per “distrazione rachide cervicale

Questo caso era degno di nota in quanto descrive bene la condizione precaria in cui debbono operare le forze di polizia all’interno delle carceri. Con l’attuale normativa carceraria viene permesso ad un detenuto di macchiarsi di aggressioni plurime ai danni degli Agenti che, per via del sottorganico, hanno difficoltà a mantenere alto il livello di prevenzione.

Leo Beneduci, Segretario Generale dell’Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria (O.S.A.P.P.), in una nota stampa ha dichiarato che “il detenuto in questione avrebbe da tempo manifestato evidenti sintomi di squilibrio psichico tanto da rendere necessari adeguati trattamenti in strutture a ciò dedicate - quali le famose REMS - e non all’interno di reparti detentivi ordinari anche perché gli appartenenti alla Polizia Penitenziaria non hanno né la competenza né gli strumenti adeguati ad affrontare tali patologie”.

Va ricordato che spesso un Agente si trova a svolgere l’intero turno di servizio da solo con 100 detenuti tra i quali vi sono anche soggetti estremamente pericolosi. Il sentore che hanno gli appartenenti al Corpo, i loro familiari e buona parte della popolazione civile è che gli Agenti siano abbandonati a loro stessi e che nei confronti della popolazione detenuta vi sia un eccessivo “buonismo” da parte del Garante dei Detenuti.

Anche per questo il 21 maggio scorso gli Agenti della Polizia Penitenziaria hanno manifestato dinanzi ai cancelli del Carcere “Lorusso e Cutugno” di Torino, a Vallette, per denunciare ancora una volta la critica situazione che vi è all’interno dell’Istituto di Reclusione. La manifestazione, molto partecipata, ha visto la presenza di tre sigle sindacali: O.S.A.P.P., UilPA e Si.Na.P.Pe. che hanno chiesto di essere ricevute con urgenza dai vertici del Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria (D.A.P.).

Sui manifesti e i cartelli portati dai manifestanti si leggevano frasi quali “Ci avete succhiato il sangue”, “Vogliamo rispetto”, “La Polizia Penitenziaria è stanca”. Il cartellone che più ha colpito gli astanti è stato quello a forma di cassa da morto con su scritto: “La morte della Polizia Penitenziaria.

Tra gli slogan, i fischi e la tanta amarezza dei manifestanti è risultato straziante l’appello che ne è scaturito: “chiediamo al Prefetto e al Questore di prendere posizione, affinché il D.A.P. invii personale. Noi siamo la quarta forza di polizia: non lo dimentichiamo”.

Nella speranza che questo accorato appello arrivi ai vertici del D.A.P. ci si augura anche che Marta Cartabia, Ministro della Giustizia, prenda atto della situazione e predisponga interventi tempestivi ed immediati atti a sollevare gli Agenti da questa situazione al limite della tollerabilità.

Andrea Elia Rovera

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Articolo pubblicato il 25/05/2021