Il senatore Gallina: Un diplomatico del Re

Di Alessandro Mella

Uno dei periodi più vivaci della storia d’Italia fu senz’altro la stagione che dalla fine dell’800 giunse a concludersi alla vigilia della Grande Guerra.

Fu in questi anni, corrispondenti all’età giolittiana, che emersero molti personaggi di grande importanza ma spesso messi in ombra dalle pagine della “grande storia” e del tutto assenti dai libri di testo dei nostri ragazzi.

Nel voler rinnovare la memoria di questi uomini e donne di valore, vale la pena soffermarci in questo pezzo sul senatore e conte Giovanni Gallina.

Egli nacque il 26 giugno 1852 a Torino, figlio di Giuseppa Vicino e di Stefano, già patriota risorgimentale, esule dei moti torinesi del 1821, poi senatore e ministro sotto Carlo Alberto il quale, del resto, lo nobilitò nel 1834 concedendogli il titolo di Conte. Egli aveva due sorelle, Lidia Maria che sposò Vincenzo Radicati di Passerano e Laura che sposò Edoardo Schiari Riccardi. (1)

Crescere in un contesto famigliare simile, anche la madre era nobile, con un genitore di tale importanza, certo ne condizionò animo e cuore ed egli si formò con quei valori patriottici tipici di quella fase storica. Anche se quel padre lo lasciò assai presto.

Nel 1880 Giovanni si laureò in Giurisprudenza presso la Regia Università di Torino e, giovane ed entusiasta, si avviò alla carriera diplomatica beneficiando anche dell’amicizia e del mecenatismo di molti illustri colleghi.

Il primo incarico fu a Pietroburgo ove ricoprì il ruolo di addetto di legazione alle dipendenze di Costantino Nigra, altro celebre personaggio da cui certo ebbe modo di imparare molto. Si spostò poi a Costantinopoli ove il clima gli risultava piacevole e gli recava un certo conforto per via della malattia reumatica che, come lo scrivente, pareva averlo colpito contribuendo a segnarne l’animo e lo spirito. Egli, infatti, era d’indole schiva e riservata e detestava le sedi ove al personale fosse richiesto l’eccessivo esporsi in eventi mondani. Non amava affatto le formalità ed il petulante chiacchiericcio. Non mancò poi di servire a Pechino, Parigi, Tokio e così via.

Vale la pena, comunque, elencare in estrema sintesi la sua carriera:

Inviato straordinario e Ministro plenipotenziario di II classe (16 novembre 1902) a Tokyo (20 gennaio 1907), Parigi (14 maggio 1908)

Inviato straordinario e Ministro plenipotenziario di I classe (12 febbraio 1911-1° marzo 1918. Data del collocamento a riposo)

Commissario generale dell'emigrazione incaricato (31 marzo 1912)

Ambasciatore (1° marzo 1918) (titolo onorifico conferito al momento del collocamento a riposo). (2)

 

Il suo invio a Pechino, dal 1901 al 1904, fu portatore di importanti risultati poiché concorse a difendere la neutralità della Cina nella Guerra russo-giapponese, permise la redazione di utili accordi commerciali e nel 1902 fu al centro dell’accordo con cui il governo cinese, dopo l’intervento italiano al tempo della rivolta dei Boxer, offrì al Regno d’Italia la concessione di Tien Tsin. Nello stesso anno, tra l’altro, il suo prodigioso impegno fu riconosciuto anche dal Re del Portogallo che volle concedergli le insegne di Cavaliere di Gran Croce del Real Ordine di Nostra Signora di Vila Vicosa. (3)

Onore ancor oggi patrimonio dinastico della Real Casa del Portogallo con gran maestro il Capo della Real Casa del Portogallo, Dom Pedro Duca di Braganza e di Loulè e per cancelliere Dom Nuno Cabral da Camara Pereira Marchese di Castel Rodrigo e Connestabile del Portogallo. Ordine che molte volte ha ornato ed orna il petto di numerosi italiani. Quest’importante concessione, tra l’altro, ebbe funzione nobilitante così che la genealogia del Gallina comparirà nell’ormai prossima XXXIII edizione dell’Annuario della Nobiltà Italiana (Parte III - Cavalleresca) diretto da Andrea Borella.

Anche la Real Casa di Savoia, essendo egli diplomatico del Re d’Italia, gli concesse numerose e periodiche promozioni negli Ordini dei Santi Maurizio e Lazzaro e della Corona d’Italia fino a ricevere, per entrambi, il Gran Cordone.

Dopo il trasferimento a Tokio venne per lui l’occasione di spostarsi a Parigi. Urbano Rattazzi juniore, il 10 aprile 1908, ne scrisse in questi termini a Giovanni Giolitti:

 

In tanta povertà di capacità fra i diplomatici, il migliore sarebbe certamente il Gallina che è a Tokio, e che per ragioni di salute non può e non vuole ritornare ai climi freddi europei. (4)

 

Dopo l’incarico francese che, obtorto collo, accettò e dopo aver lasciato Parigi, non senza qualche cattiveria diffusa sul suo conto circa galanti frequentazioni, egli rientrò in Italia e ricoprì, dal 1912 al 1918, il ruolo di Commissario per l’Emigrazione.

La sua opera fu lunga, attiva ed intensa e la struttura acquisì un vigore, una vitalità ed un’efficacia che prima non sarebbe stata immaginabile.

A maggior onore del valoroso funzionario giunse, nel 1913, la nomina vitalizia a Senatore del Regno che egli accolse presumibilmente con profonda soddisfazione.

Nel frattempo, egli si occupò anche della commissione istituita per accogliere i cittadini italiani espulsi dall’Impero Turco e gli esuli di guerra. Una guerra contro la quale egli si era schierato con i neutralisti fedele alla linea politica di Giolitti. Tuttavia, quando il paese entrò nel conflitto, egli servì la nazione con lealtà e zelo occupandosi anche delle imprese dedite alla produzione di munizioni ed armamenti.

Con la fine delle ostilità, stanco ed affaticato, chiese ed ottenne il sospirato collocamento a riposo in seguito al quale rientrò nel suo vecchio Piemonte spostandosi tra Chivasso e l’appartamento di Piazza Vittorio Veneto a Torino dal quale, passeggiando, si recava al Circolo del Whist che suo padre aveva concorso a fondare con il sodale Camillo Cavour.

Ogni tanto, malgrado tutto, non disdegnava di scendere a Roma per frequentare i lavori del Senato ove operava nella Commissione per l'esame dei disegni di legge sui trattati internazionali ed in quella per l'esame della tariffa dei dazi doganali.

I molti viaggi, le tensioni accumulate negli anni, le scortesie che non gli mancarono, il lavoro costante e la vita operosa finirono, tuttavia, per minarne progressivamente la salute. Ormai avanti con gli anni egli si spense, nella sua casa a Torino, il 17 agosto del 1936:

 

La morte dei sen. Gallina. Una carriera di diplomatico. È morto ieri alle 14.30 nella sua abitazione di piazza Vittorio Veneto 24, S. E. il conte Giovanni Gallina, senatore del Regno e Ambasciatore onorario di Sua Maestà il Re. L'illustre personaggio era figlio del Ministro delle Finanze di Re Carlo Alberto; già profugo del '21, lo stesso funzionò da Segretario nella compilazione dello Statuto. S. E. Gallina risiedeva a Torino, sua città natale, dal 1910, da quando cioè aveva lasciato ogni diretta attività politica, pur non tralasciando mai di assistere alle sedute dell'Alta Camera. Aveva iniziata la carriera seguendo il conte Nigra a Pietroburgo; rimase poi 14 anni a Costantinopoli; e ti lui toccò l'ingrato incarico di informare il Re Vittorio Emanuele III, allora Principe ereditario, in viaggio verso la Turchia, dell'assassinio del suo Augusto genitore, il Re Umberto I. Fu due volte ambasciatore a Pechino e a lui si deve l'organizzazione e l'impianto del palazzo dell'Ambasciata d'Italia in quella città. In riconoscimento dei suoi alti meriti una via di Tien-Tsin è stata a lui intitolata. Fu ancora ambasciatore a Parigi e presidente del Comitato degli emigrati. La forte fibra del conte era da circa due anni minata; da oltre diciotto mesi i dottori Astrua e Ramella dell'ospedale San Giovanni gli prestavano le più amorevoli cure e lo hanno assistito anche negli ultimi momenti per alleviargli le sofferenze. Al capezzale di S. E. Gallina erano i congiunti: la contessa Schiari e figli, il conte Radicati di Passerano e la sorella. (5)

 

Molti telegrammi percorsero la via tra Roma e Torino in quei giorni. Le esequie si tennero, come da sua volontà, in forma strettamente privata.

In Senato, nondimeno, si tenne la consueta commemorazione:

 

Atti Parlamentari - Commemorazione

Luigi Federzoni, Presidente

 

Il conte Giovanni Gallina, torinese, era figlio di un patriota del 1821 che aveva avuto parte come segretario nella redazione dello Statuto e poi era stato ministro delle finanze di Re Carlo Alberto. Tali tradizioni di famiglia furono profondamente sentite e onoratamente continuate da Giovanni Gallina. Entrato nella carriera diplomatica nel 1880, fu ministro a Pechino e poscia ambasciatore a Tokio e a Parigi; infine coperse la carica, che allora esisteva, di commissario generale dell'emigrazione. In ogni ufficio, si inspirò a un rigoroso senso del dovere e a un'illimitata devozione verso il paese, ch'egli degnamente rappresentava. Diplomatico di antico stile, temperamento di studioso, alieno da esibizioni e da contatti mondani, il conte Gallina era stato tenuto in massima considerazione presso le cancellerie estere per l'acume, la cultura e la sicura padronanza dei problemi internazionali. Sedeva in Senato dal 1913, ma prese sempre una parte poco attiva ai lavori dell'Assemblea”.

THAON DI REVEL, ministro delle finanze. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

THAON DI REVEL, ministro delle Finanze. Il Governo si associa alle commosse parole pronunciate dal presidente del Senato per commemorare i defunti senatori [...] Gallina [...]

 

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 15 dicembre 1936. (6)

 

E così, in quella calda estate, in un’Italia che da pochi mesi si era scoperta ubriaca di gloria “imperiale” nelle sabbie etiopi, se ne andò uno degli ultimi grandi diplomatici dell’Italia liberale. Un uomo il cui ricordo resta da custodire e tramandare nell’avvenire.

Alessandro Mella

NOTE:

(1)          All’autore fa piacere ricordare che la famiglia dei conti Schiari era originaria di Viù (TO), dalla quale proviene anche la famiglia della propria madre e località cara al suo cuore.

(2)          Archivio Storico del Senato.

(3)          Notizia tratta da «“A Ordem Militar de Nossa Senhora da Conceicao de Vila Vicosa” – 1955».

(4)          Giovanni Giolitti al governo, in parlamento, nel carteggio; tomo III, Aldo A. Mola e Aldo G. Ricci a cura di, Bastogi, 2009, pp. 92-93.

(5)          La Stampa, 1936, Anno LXX, 18 agosto 1936, p. 4.

(6)          Archivio Storico del Senato.

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Articolo pubblicato il 14/06/2021