Il rischio di morire di vaccino è stato valutato prima di imporre il Green Pass?

Vittorio Sgarbi interroga Mario Draghi e gli fa presente che vaccinare i giovani non solo è inutile ma persino dannoso.

In questi giorni la polemica sull’obbligo di possesso del Green Pass per entrare in luoghi al chiuso, musei, piscine e luoghi di socializzazione si è fatta sempre più aspra. Gli italiani sono davvero divisi in due fazioni agguerrite e contrapposte: da una parte quelli che sono super favorevoli al Green Pass, dall’altra quelli che non hanno alcuna intenzione di farsi imbrigliare da questa nuova forma di schiavitù governativa.

Tra gli intellettuali la discussione si è fatta accesa perché se da un lato è vero che il Covid-19 riguarda il mondo scientifico, dall’altro è altrettanto vero che ciò che interferisce con la libertà di pensiero e di espressione è materia di giuristi, filosofi, politologi e sociologi.

Uno degli intellettuali italiani più agguerriti contro gli obblighi sanitari degli ultimi mesi è senz’altro Vittorio Sgarbi, filosofo ed esteta, che il 28 luglio scorso sulla sua Pagina Facebook ha pubblicato un video in cui ha detto che molti non hanno fatto il vaccino “perché evidentemente hanno letto da qualche parte che il vaccino non ha questa efficacia così assoluta altrimenti se bastasse fare il vaccino non ci romperebbero i coglioni con le mascherine e con tutto il resto. Viene immediato il dubbio: hai fatto il vaccino? Sei a posto! No. Hai fatto il vaccino, porta la mascherina, metti il tampax, fai il tampone, … tutta roba che fa ridere i polli”.

Ed appena due giorni prima aveva fatto un video su Facebook in cui si rivolgeva direttamente al Presidente del Consiglio Mario Draghi con una sorta di videomessaggio di appello al buon senso.

Sgarbi, rivolgendosi al plenipotenziario bancario residente a Palazzo Chigi, ha detto: “Caro Draghi, leggo ora che in Francia il Senato ha votato per l’esenzione del pass per i minori, voto che indica perplessità. D’altronde io ho 69 anni, tu 73, è evidente che per noi da un certo momento in avanti il Covid è molto rischioso, molti sono morti dai 70 in su, talvolta anche più giovani. Quindi per noi il pericolo è il Covid, quindi è giusto vaccinare le persone, anche se non so se il vaccino funzioni fino in fondo, ma per lo meno si garantisce di non prendere una malattia mortale o di non andare in terapia intensiva. Ma uno che ha 40 anni, 30 anni, 20 anni non ha il rischio di morire di Covid, ma il rischio di morire di vaccino e questo è avvenuto e questo avviene. E’ inutile che tu inventi il Green Pass, vaccini che non possono essere obbligatori perché sappiamo che non sono stati testati fino in fondo. Per noi il Covid può essere pericoloso per portarci a morire, per un giovane il pericolo è il vaccino, lo capisci o no tu che sei un uomo così intelligente? E’ chiaro che hai il casino nelle piazze. Quindi io ho paura di fare il vaccino perché ho 30 anni, io ho paura del Covid perché ne ho 70. E’ talmente chiaro che tu non puoi non capirlo, quindi applica la tua intelligenza e smettila di inventare stronzate. Affettuosi saluti caro Mario”.

Al di la del linguaggio colorito utilizzato dal Sindaco di Sutri Vittorio Sgarbi il ragionamento fila ed è calzante. Perché esporre una popolazione giovane all’inoculazione di un siero in via ancora sperimentale quando le evidenze scientifiche dicono che i giovani affetti dal Covid-19 non muoiono per via del virus?

Perché Draghi e il suo “lanzichenecco” Roberto Speranza non si adoperano, invece, per far si che al momento dell’anamnesi pre-inoculazione si facciano accertamenti sanitari per vedere se il vaccinando è davvero in condizioni di ricevere l’inoculazione?

Se si fosse proceduto così non avremmo avuto, ad esempio, il decesso di una ragazza di 18 anni affetta da patologia autoimmune a Genova. Inoculare un siero non sufficientemente sperimentato ad una popolazione che negli ultimi due anni non è stata controllata e visitata è da assoluti irresponsabili.

Nel 2020 – e parlo per esperienza personale – i reparti ospedalieri hanno sospeso tutte le visite di controllo e le hanno sostituite – quando andava bene – con consulti telefonici chiamati “telemedicina”. Il problema di tale pratica dubbiamente scientifica è che – per esempio – una visita tiroidea prevede la digitopressione per verificare la presenza eventuale di noduli carcinomici della ghiandola. Come si può fare la palpazione di una ghiandola quando il consulto è fatto a chilometri di distanza mediante uno smartphone?

Il problema che ammorba la nostra sanità sta nel fatto che si sono ridotti i posti letto, si è ridotto il tempo di visita ambulatoriale, si sono ridotte le prestazioni a carico del Servizio Sanitario Nazionale ma ora si aprono hub vaccinali come se non vi fosse un domani.

Lo Stato e le Regioni non possono avere a cuore la salute del cittadino solo quando gli fa comodo. O si preoccupano per la salute pubblica ogni giorno o non se ne preoccupano mai.

Molti cittadini da me interessati in queste settimane mi hanno detto che si sottoporranno all’inoculazione del siero anti-covid quando la sanità gli farà le visite, le tac e le prestazioni sanitarie che aspettano da mesi. Hanno torto? Direi di no.

L’ardua sentenza, comunque, non spetta a noi ma ai nostri posteri che, guardando a questo periodo, si prenderanno la pancia in mano e si chiederanno come si è potuto accettare tutto ciò senza procedere a querela contro il Ministro della Salute, gli Assessori Regionali alla Sanità e i Direttori Sanitari di Presidio che hanno avvallato scelte anti-cliniche prese da politici poco edotti e poco informati.

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Articolo pubblicato il 02/08/2021