Il contagio della variante Delta di SARS-CoV-2

Le osservazioni del gastroenterologo prof. Antonio Ponzetto

La preoccupante diffusione della variante “Delta” di SARS-CoV-2, disegna un panorama sanitario poco rassicurante. Questo evento inoltre proietta prospettive ancora più inquietanti che si concretizzano nella possibilità che altre nuove “varianti del virus” potrebbero generare una pandemia che non sarebbe neutralizzata dalla capacità immunitaria dei vaccini attualmente disponibili.

Un quadro disastroso e terrificante che si vorrebbe evitare a tutti i costi.

D’altra parte, le “varianti di SARS-CoV-2” si sviluppano per il fatto che è tecnicamente impossibile vaccinare contemporaneamente tutta la popolazione mondiale e che è proprio questa particolare “realtà biologica” a far sì che queste si possano generare e rapidamente diffondere, innescando nuovi ed imprevedibili contagi.

Infatti, la raccomandazione del WHO si traduce nell’imperativo di vaccinare tutta la popolazione mondiale, se si vuole raggiungere l’obiettivo ottenuto contro la poliomielite, quasi del tutto eliminata.

Ci giungono in merito le osservazioni del gastroenterologo prof. Antonio Ponzetto (Department Medical Science, University of Turin) che cerca di tradurre in termini semplici questa complessa e controversa problematica sanitaria.

Nel ringraziare l’Autore per la sua costante collaborazione, auguriamo una buona lettura dell’articolo che segue. (M.B.)

 

SARS-CoV-2 e sue varianti

 

La RAI produce di continuo nuovi programmi, telegiornali, serie TV per i telespettatori. Ma non basta produrli, è necessario inviare i segnali e con alta potenza per raggiungere più pubblico.

Ma non basta: l’utente per vedere i programmi deve riceverli, per questo deve avere un apparato ricevente e un’antenna apposita. 

Ma ancora non basta! Il ricevitore deve funzionare bene, avere un decoder, l’energia elettrica, eccetera. Io sono vicino al trasmettitore, la potenza sarebbe alta, ma l’antenna non riceve, perché in zona “d’ombra”.

E ancora: se una pubblicità vuole convincere l’utente della TV ad acquistare questa automobile o questa cucina, è indispensabile che esistano le condizioni per l’acquisto (garanzia di un reddito da lavoro stabile, prestito bancario, ecc.…).

Così non basta che un virus, o un batterio, sia prodotto anche in quantità importanti, ma deve essere inviato, deve essere ricevuto per mezzo di un apparato specializzato (definito il “recettore”).

Ma non basta: il virus deve poter 1) fondersi con la membrana cellulare; 2) deve poter entrare nella cellula; 3) essere trasportato all’interno per mezzo di trasportatori molecolari; 4) entrare nella vescicola che rende acido l’ambiente in modo che si liberi il materiale genetico del virus; 5) solo dopo tutti questi passaggi l’RNA del SARS-CoV-2 può essere letto dal macchinario della cellula che fabbrica le proteine e infine queste proteine virali devono poter copiare l’RNA del virus. Anche se la cellula ha il recettore, ma non tutto il restante macchinario, l’infezione non si propaga.

È evidente che quando dico: il virus è “trasmesso” parlo di molti fenomeni diversi, molti dei quali dipendono dal comportamento umano: assembramenti per i campionati di calcio, marce di protesta, discoteche, eccetera. Altri meccanismi dipendono dalla fisiologia delle cellule e altri dalla facilità con cui il virus riesce ad attaccarsi al recettore e a convincere la cellula umana a eseguire tutte le tappe necessarie alla replicazione del virus.

Quindi, se il telegiornale afferma che la nuova variante si “trasmette” di più, questo indica che le persone non sono più chiuse in casa isolate, che possono andare al lavoro, usare i trasporti pubblici e che negozi, bar, ristoranti non falliscono. Infine, molti cittadini non sono più attenti nell’uso della mascherina.

Tutti i virus che entrano in un singolo individuo e lo infettano sono presenti contemporaneamente con molte “varianti” definite dai virologi quasi-specie di quel virus: ciò è vero anche nel caso di SARS-CoV-2.

Se una “variante” è in grado di legare più efficacemente il recettore di membrana, di entrare più facilmente o di replicare più in fretta, questa singola quasi-specie diventa quella predominante. Il problema irrisolto sta nel fatto che all’inizio della replicazione del virus non c’è ancora nessun sintomo di malattia: questi iniziano dopo due-sette giorni di incubazione. Ma proprio questi sono i giorni in cui la replicazione è indisturbata ed è intensa, pertanto, la persona senza febbre, senza malessere, senza disturbi va a lavorare, va in autobus, incontra gli amici. Pertanto, più persone incontra, più si diffonderà il virus.

Si “trasmette” di più la variante?  Non è detto. Per esempio, la variante alfa (inglese) si diffuse nel dicembre 2020 con rapidità in Inghilterra, ma per nulla negli USA, dove era pure presente. La differenza fu che il Governo inglese permise la riapertura totale per le festività mentre negli USA ciò non avvenne se non più tardi (ed allora si diffuse la variante inglese).

La variante delta ebbe origine a fine 2020 in India e per mesi non si diffuse né in Europa né in USA. In India si disse che la quantità di virus era leggermente maggiore per la nuova quasi-specie rispetto alla precedente, ma tale quantificazione è molto discutibile. In primo luogo, il metodo di raccolta delle cellule dal naso e dalla faringe (nasal swab) non consente di ottenere lo stesso numero di cellule ogni volta e quindi la quantità di virus può essere falsamente diversa. 

In secondo luogo, la quantificazione del virus avvenne solo per via indiretta mediante il numero di cicli di amplificazione genica (PCR) e non per mezzo del conteggio di cellule infettate in vitro su colture cellulari.

Ed ancora: non si sa se la variante delta abbia maggiore affinità per il recettore ACE-2, perché i modelli animali utilizzati sperimentalmente (ermellino e furetto) sono molto più infettabili dell’uomo. I dati di sequenza del sito di legame della proteina di superficie del virus con il recettore non possono dimostrare ciò che avviene nella vita reale, anche se molto utilizzati dai teorici.

Non sono pubblicati studi controllati sulla contagiosità della variante delta ed è molto difficile e costoso effettuarli ora che tale variante si è diffusa. In mancanza di dati certi è facile per gli esperti e per i mezzi di comunicazione, affermare che la variante si trasmette molto di più. Infatti, la liberalizzazione dei comportamenti umani permette i contatti interpersonali e la conseguente diffusione del contagio.

E allora, cosa possiamo fare per difenderci?

Il Center for Disease Control (CDC) degli USA ha pubblicato i dati della protezione globale della vaccinazione negli Stati Uniti, fino al 21 luglio 2021 (1). È importante considerare quanto i vaccini basati sulla tecnologia a RNA proteggono dalla malattia COVID-19 in confronto con chi non ha ricevuto il vaccino negli USA.

VACCINATI

INFETTATI

OSPEDALIZZATI

MORTI

162milioni

35mila

5.914

1.600

 

0,212/1000

0,0345/1000

0,01/1000

 

NON Vaccinati*

700/1000

200/1000

20 a200/1000**

*dati storici medi

**la mortalità è molto elevata negli ultra 70enni e diminuisce al 1-2% al di sotto dei 40 anni.

 

È evidente che il vaccino non protegge al 100%, ma è molto efficace nell’impedire la morte e il ricovero ospedaliero.

Il CDC ha anche riportato una revisione delle pubblicazioni sull’efficacia dei vaccini a RNA nei confronti delle “variantialfa e delta, basata su studi effettuati in Inghilterra e in Canada (1). È importante considerare quanto i vaccini proteggano dalla malattia COVID-19 causata dall'infezione di varianti alfa (inglese) e delta (indiana).

 

EFFICACIA DEL VACCINO Pfizer/BioNtech contro le malattie da varianti

Inghilterra/Scozia (2)

 

Ontario Canada (3)

Variante

Infezione

Ospedalizzazione

Sintomi

Morte/Ospedalizzaz.

alfa

92%

96%

90%

100%

delta

79%

96%

87%

96%

 

In conclusione, nessun vaccino mai è riuscito a prevenire al 100% un’infezione virale.

Neppure i vaccini ad RNA, sia pure molto efficaci, si sono dimostrati in grado di prevenire tutte le infezioni da SARS-CoV-2 e la malattia COVID-19, causata da questo coronavirus. Anche chi è completamente vaccinato pertanto può contrarre l’infezione ed anche trasmetterla, massimamente quando non ha ancora nessun sintomo di malattia. 

L'enorme differenza consiste nella quasi totale protezione dalla morte da COVID-19 nei vaccinati e nel rischio elevato di morte in chi non ha ricevuto il vaccino. Negli Stati Uniti su 162 milioni di vaccinati al 21 luglio 2021, il rischio di morte è stato uno su un milione; in chi non è vaccinato il rischio di morte è in media 1 su 30 pazienti, ma negli ultra 80enni i morti furono 1 su 5.

È chiaro che l’unica certezza di non ammalarsi la si ottiene con la chiusura totale (lock-down) e l’isolamento sociale. Nella nostra società non è accettabile continuare con le chiusure totali e quindi la sola soluzione praticabile è la vaccinazione di tutti, inclusi i migranti, e continuare ad usare precauzioni come le mascherine, per quanto fastidiose.

Antonio Ponzetto

Department Medical Science

University of Turin, corso A.M, Dogliotti 14 - 10126 Torino, Italy,

Bibliografia

1-Mc Morrow M, MD, Co-lead, Vaccine Effectiveness Team, Representing EPI Task Force. July 29, 2021 Improving communications around vaccine breakthrough and vaccine effectiveness. Cdc.gov/coronavirus.

2- Sheikh A, et al.   SARS-CoV-2 Delta VOC in Scotland: demographics, risk of hospital admission, and vaccine effectiveness. Lancet. 2021; 397(10293):2461-2462. doi:10.1016/S0140-6736(21)01358-1.

3- Lopez Bernal et al. Effectiveness of COVID-19 vaccines against the B.1.617.2 variant. medRxiv preprint; https://doi.org/10.1101/2021.05.22.21257658

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Articolo pubblicato il 12/08/2021