Il futuro della Germania dopo la Merkel

Come sarà il post-Merkel? Vi sarà una ripresa della sua Agenda o una nuova Era "green" filoamericana?

Helmut Kohl, il cancelliere della riunificazione tedesca, la chiamava spregiativamente “la bambina”. Angela Merkel, col suo quindicennio di cancellierato, è diventata invece “la signora d’Europa”, simbolo di una Germania tornata a svolgere un ruolo di assoluta centralità nella politica europea e internazionale.

 

I tedeschi si sentono più lontani e meno protetti dagli Stati Uniti. La Merkel ha inventato una sua peculiare versione della geopolitica, sfidando il Numero Uno (Stati Uniti) sul piano dei valori e vestendo i colori europei.

 

Il suo tempo però è oramai volto al termine.

 

La Germania terrà le prossime elezioni il 26 settembre con partiti simili fra loro per ideologia ma con un'agenda piena di cambiamenti. L’assenza di un leader forte come la Merkel lascerà un vuoto nell'Unione Europea. Francia, Spagna e Italia potrebbero guadagnare peso nell’ Euro-sistema; mentre Ungheria e Polonia possono allontanarsi sempre più dall’orbita dei popolari europei per rafforzare l’alleanza del Trimarium, rendendosi così più spendibili agli occhi degli americani.

 

La Germania è il motore dell'Unione Europea, e ancor di più in un momento critico come quello attuale: pandemia, crisi economica, cambiamento climatico, politica estera... Queste importanti tematiche europee potrebbero coincidere con la futura agenda politica tedesca. Ma ultimamente l'agenda comunitaria nel suo insieme è crollata. Ogni Paese affronta la pandemia e le rispettive crisi interne a modo suo. La dis-Unione europea è compiuta. E in questo contesto così delicato, dopo le elezioni, Angela Merkel lascerà l'incarico. Durante questi mesi di transizione, la Germania comincerà a pensare quasi esclusivamente in chiave nazionale, il che genererà un certo vuoto di potere all’interno dell'Unione Europea.

 

Dopo sedici anni al comando, la cancelliera lascerà il posto al suo sostituto alla guida della Cdu, Armin Laschet; o al ministro delle Finanze e candidato SPD, Olaf Scholz; oppure alla capolista liberale dei Verdi (favorita e ben voluta dagli USA), Annalena Baerbock. L'Ue guarda le elezioni tedesche con attenzione, perché il suo futuro è in esso: potrebbero significare un cambiamento nelle dinamiche del blocco continentale.

 

La Germania si ritira, ma manterrà il suo europeismo.

 

L'europeismo tedesco sarà infatti garantito con uno qualsiasi dei tre partiti candidati alla successione (CDU, SPD, VERDI), ma con sfumature differenti. La CDU è sostenuta dal suo management, poiché si prevede che mantenga le posizioni della Merkel; dove la Germania rimanga al centro dell’agenda politica europea e mantenga l’ambiguità di rapporti con americani e russi in contemporanea. I socialdemocratici della SPD propongono invece di creare un nuovo asse franco-tedesco, nel caso si affermassero i socialisti in Francia, isolando così l’Italia di Draghi. I Verdi, sostenuti da Washington, promuoveranno una serie di riforme atte a creare l’Europa di domani, incentrata sulla “green economy” e sui diritti civili per le minoranze. Risulta evidente che l’Europa desiderata dai liberali verdi prevederebbe, rispetto al passato, un taglio netto con la Federazione Russa e con i paesi del patto di Visegrad.

 

La Germania è preoccupata dall’avvicinamento fra Italia e Francia, che potrebbe cambiare carattere ed equilibri all’interno dell’Eurozona. A tutto vantaggio dei Paesi ‘cicale’ (a detta tedesca) del Sud Europa. I leader tedeschi si dividono su come reagire.

 

La domanda sorge spontanea: Il dopo-Merkel sarà neomerkelliano?

La vittoria dei Verdi, ad oggi fra i favoriti, potrebbe invertire l’agenda merkeliana, ponendo Berlino in condizioni di rinnovata amicizia verso Washington; a tutto danno del nuovo asse “Draghi-Macron”.

La Germania federale potrebbe persino ricucire i rapporti con tutta quella classe dirigente americana di origine germanica (in Usa l’etnia tedesca è la più numerosa del Paese).

 

Nell’arco di poche settimane Berlino ha visto ridursi di molto la sua capacità di movimento sul piano internazionale. Si è resa conto che è più complicato criticare gli Stati Uniti dopo che Joe Biden è subentrato a Donald Trump, nonostante la nuova amministrazione americana sia in perfetta continuità con la precedente nell’approccio antitedesco. Può ancora fortemente criticare la Russia sui diritti umani, ma deve riconoscere in Mosca un partner strategico nel campo energetico e in quello sanitario alla luce della concorrenza sui vaccini tra i diversi paesi europei. Infine, è più complicato prendersela con l’Italia se il governo è guidato da Draghi e non dai «nazionalpopulisti». L’approccio energico del premier italiano preoccupa Berlino perché viene inteso come volontà di protagonismo del Belpaese, che non vuole essere più visto come il ventre molle d’Europa, ma intende giocare un ruolo di primo piano nella competizione interna all’Ue centrata sulla ridefinizione della sua architettura.

 

Draghi vorrebbe che dall’attuale sospensione delle regole sul debito si arrivasse all’introduzione di veri e propri titoli permanenti di obbligazione comuni nell’Eurozona. I famosi eurobond. Il suo obiettivo finale sarebbe un bilancio europeo comune che aiuti gli Stati più deboli durante i periodi di recessione, infrangendo così l’ortodossia monetaria della Bundesbank.

 

L’ammorbidimento delle regole sul debito ambito da Draghi e Macron come traguardo anche per il dopo-crisi sanitaria viene visto come un pericolo serio. Per Berlino le modifiche introdotte dal Next Generation Eu devono restare contingenti, ovvero orientate a scongiurare il riaccendersi della crisi dell’euro e all’indebolimento delle compagini nazionalpopuliste ed euroscettiche italiane e francesi. Non devono fungere da apripista al superamento dell’architettura comunitaria come concepita dai tedeschi.

 

Altro tema caldo sarà il futuro esercito europeo. Che tradotto in termini realistici significa un esercito NATO filo-americano in Europa.

 

La geopolitica della Bundesrepublik è dunque strategicamente vincolata alla considerazione dell’interesse americano. Sta qui l’origine della discrepanza tra l’approccio tedesco e quello francese rispetto alla medesima alleanza. Mentre per la Francia l’asse con Berlino è strumentale ad accrescere la propria proiezione di potenza, le componenti filoamericane del sistema tedesco temono che una eccessiva cooperazione tra Berlino e Parigi porti alla creazione di un asse incompatibile con l’ordine atlantico. Gli Stati Uniti temono invece la nascita di un esercito tedesco svincolato dalla propria supervisione, cosa che ridurrebbe in modo decisivo l’influenza di Washington sulla Bundesrepublik e su tutta l’Europa.

 

La domanda che ci si pone è quindi se il futuro esercito “europeo” sarà a guida francese(storico alleato americano) oppure a guida tedesca(potenza economica ambigua agli occhi di Washington). La risposta a questa domanda ce la potranno dare proprio le prossime elezioni tedesche. Come sopraddetto, una vittoria dei Verdi potrebbe migliorare il rapporto con gli alleati americani, rendendo più sicura, e con ben altra agenda economica, una guida tedesca nel Continente europeo. Staremo a vedere. Mai come alla fine di questo mese il futuro della Germania determinerà il futuro dell'Europa.

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 14/09/2021