La poesia occitana scende a Torino

Un'ora di versi al Salone del Libro

Sabato 16 ottobre 2021, tra il brusio di fondo creato dai tanti visitatori, al Padiglione 1, nell’area della Città Metropolitana, alle quattro del pomeriggio si inizia a parlare di poesia.

Le lingue madri tra poeti e poetesse d’Occitania” è l’accattivante titolo scelto per questo incontro.

Daniele Dalmasso apre ed esordisce con gli accordi del suo violino.

Ines Cavalcanti, per la Chambra d’oc, snocciola riferimenti alla poesia più alta: la lingua occitana ha espresso grandissimi poeti (dai trovatori medievali a Frederic Mistral, Premio Nobel), tanto che Dante Alighieri, il nostro sommo poeta, ha inserito la lingua occitana in alcuni versi della sua Divina Commedia, unica eccezione alla lingua da lui usata.

Matteo Rivoira ricorda che l’occitanismo nelle valli nasce nel 1961 con la nascita dell’Escolo dóu Po, poi vive un periodo di lotta e radicalizzazione, successivo alla presa di coscienza di una cultura che arriva da un glorioso passato; in seguito, si patrimonializza questa eredità con leggi e normative a tutela; ora è giunto il momento della sintesi, con un occhio all’esperimento in corso a Ostana, unico paese montano a saldo demografico positivo.

Daniele Dalmasso, dalla Val Vermenagna, dopo il soave attacco musicale, si presenta anche in veste di poeta. Scrive in occitano perché è la sua lingua e rappresenta il suo territorio.

Luca Martin Poetto è un giovane poeta della Val Chisone. Ritiene che oggi sia sovversivo scrivere poesia e ancor più in una lingua minoritaria, per far memoria di una storia e di un patrimonio culturale. Nella sua poesia si sente l’eco del passato e si percepisce anche quello che non si è visto né conosciuto, basta chiudere gli occhi per immaginare uomini e donne delle montagne di un tempo.

Rosella Pellerino, Direttrice dell’Espaci Occitan di Dronero, presenta l’antologia “Parole di donna”.

Rammenta che la parola “poesia” proviene dal greco e si può tradurre con “fare”, non è lettera morta ma qualcosa che costruisce.

Nell’antologia sono presenti poetesse dal 18 ai 95 anni, alcune non sono mai uscite dal loro paese natio. È il primo tomo, facente parte di un grande progetto in tre libri, che spazia dall’Italia alla Francia alla Spagna.

Paraulas de hèmnas” entra a pieno titolo nella grande letteratura come prima antologia poetica femminile e contemporanea in lingua occitana; ha visto la luce grazie a Pauline Kamakine, 30 anni, poetessa bigordiana (https://escolagastonfebus.com/paulina-kamakine/).

Il suo sogno era pubblicare un libro che desse voce alla parola femminile nella letteratura occitana; per il primo tomo insieme alla Pellerino che ha curato la sezione delle valli, è riuscita a riunire 36 poetesse di tutte le regioni in cui si parla questa lingua - Guascogna, Alvernia, Limosino, Lengadoc, Provenza, Val d’Aran, Nizzardo, Valli Occitane italiane - che invitano a camminare sulla loro terra materiale e poetica.

Per fare questo si è creata una cooperazione con l’Espaci Occitan di Dronero, sostenuto dalla Regione Piemonte, e grazie alla sua Direttrice, qui presente oggi, sono state contattate poetesse delle Valli occitane, di ogni estrazione, età, formazione.

La tematica delle autrici presenti nella antologia è legata alla natura, alla vita, all’amore: parole leggere e variegate, e piene di nostalgia e di malinconia.

Sono liriche di donne che hanno attraversato il millennio e hanno superato guerre, delusioni, traslochi e lutti “senza perdere la tenerezza”, ancora capaci di entusiasmarsi davanti allo spettacolo della natura, di commuoversi al ricordo del tempo passato e di sperare nel futuro. Ci sono anche liriche di una nuova generazione di autrici che, nuove “trobairitz” (trovatrici), che cantano la passione per la loro terra e anche l’amore carnale.

Il difficile tempo del Covid ha rallentato i lavori di ricerca e costruzione del lavoro poetico; oggi il Salone del Libro di Torino accoglie quest’opera prima e dona una particolare dignità al valore intrinseco di ogni singola lirica e di ogni autrice.

Le parole pronunciate in quest’ora di poesia si sono scolpite fra gli spettatori, come un suono antico che viene da lontano, arcaico e modernità che si fondono nel respiro dell’arte. 

Perché questa poesia è un invito al viaggio, del corpo e dell’anima, un invito a leggere e a sognare, per uscire dal difficile tempo dell’emergenza e tornare alla bellezza della vita.

L’incontro si è concluso con le note e le parole di “Se chanto”, canzone occitana proveniente dai Pirenei che è diventata un simbolo e un emblema. Essa è stata riportata in auge nel 1992 dal gruppo “Lou Dalfin” di Sergio Berardo, che la cantava a conclusione di ogni concerto. L’abitudine di utilizzare “Se chanto” come chiusura delle feste di danze occitane ha contribuito a diffondere la conoscenza di questo brano anche al di fuori delle vallate alpine.

 

Devant de ma fenèstra

i a un auselon

tota la nuèch chanta,

chanta sa chançon.

Se chanta, que chante

chanta pas per ieu

chanta per ma mia

qu’es al luènh de ieu.

Aquelas montanhas

que tan autas son

m’empachan de veire

mes amors ont son.

Autas, ben son autas,

mas s’abaissarèn

e mas amoretas

vers ieu tornarèn.

Baissatz-vos montanhas,

planas levatz-vos

perquè pòsque veire

mes amors ont son.

 

Davanti alla mia finestra

c’è un uccello

tutta la notte canta,

canta la sua canzone.

Se canta, che canti

non canta per me

canta per la mia amica

che è lontana da me.

Quelle montagne

che tanto alte sono

mi impediscono di vedere

dove sono i miei amori.

Alte, ben son alte,

ma si abbasseranno

e i miei amori

verso me torneranno.

Abbassatevi montagne,

alzatevi pianure

affinché io possa vedere

dove sono i miei amori.

 

@Ezio Marinoni

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Articolo pubblicato il 21/10/2021