Ingenuità, sorpresa e dissenso

A volte, perché il nostro contributo al bene comune trovi la strada per arrivare là dove ce n’è bisogno, occorre che ci inseriamo all’interno di gruppi o società di cui magari non condividiamo gli ideali più generali.

Ingenuo è proprio un gran bell’aggettivo. Viene dal latino in unito al tema gen di gignere, generare e di genus stirpe. Quindi significa “nato all’interno della stirpe” e perciò “nato libero”; poi passa a significare “onesto, schietto, semplice”. Si utilizza, dice il vocabolario, in riferimento a “persona che, per semplicità d’animo e soprattutto per inesperienza degli uomini e del mondo, conserva l’innocenza e il candore nativi ed è aliena perciò dal pensare il male e dal supporlo in altri.” Sappiamo tutti che l’aggettivo può avere anche una sfumatura negativa, assumendo quindi il significato di “privo di furbizia, di accortezza nel parlare e nell’agire, incline a lasciarsi ingannare e raggirare”, dice sempre il vocabolario. Uno sprovveduto, magari anche un po’superficiale, insomma. Purtroppo non esiste in italiano, a quanto mi consta, un aggettivo che escluda la sfumatura negativa di cui sopra, a meno di usare il termine “innocente”, ma anche in questo caso non mancherebbero ambiguità. Innocente ci riporta al mondo dei bambini oppure a quello della purezza d’animo di un santo, per esempio, in una dimensione forse per certi versi e in certi ambiti troppo alta; o ancora innocente è anche colui che non è giudicato colpevole in tribunale e via dicendo.

Quindi, restringiamo il campo e chiariamo che in questo articolo ingenuo indica chi è fiducioso nel prossimo e tende quindi per sua natura a non vedere il male, l’inganno e il tradimento che possono stargli attorno.

Da questo, la sorpresa, uno stato d’animo che accompagna spesso l’ingenuità. A volte si può trattare di sorprese gradite: l’ingenuo va spesso incontro alle esigenze ed alle necessità altrui senza pensare troppo alle conseguenze, magari negative, che gliene potrebbero derivare. Se poi le cose vanno per il verso giusto e tutto si risolve per il meglio, può darsi che l’ingenuo riceva ringraziamenti che non si aspetta, che lo sorprendono, appunto. Ne sarà felice, ma prima di tutto stupito. Purtroppo il più delle volte, o almeno spesso, alla sorpresa segue una delusione. “Ma come?” pensa l’ingenuo “Io pensavo di dargli una mano, anzi ha ottenuto quello che voleva grazie a me; e ora perché mi allontana? Perché non condivide la sua gioia con me, perché sembra essersi dimenticato di me?” L’ingenuo non desidera ringraziamenti, vuole solo condividere la sua gioia con quella altrui e pensa sempre che anche per gli altri sia così. Disgraziatamente la realtà è molto diversa.

Ma a volte la sorpresa è ancora più sgradita; e penso al caso in cui l’ingenuo si accorga di essere stato, appunto, troppo ingenuo, cioè di aver dato il suo contributo, in assoluta buona fede, ad un progetto che non condivide.

Poniamo il caso che, pur non amando la partecipazione a gruppi, club e società in genere, il nostro ingenuo riceva la proposta di contribuire con le sue competenze tecniche, culturali o manuali che siano ad un programma apparentemente lontano da ogni vincolo politico o confessionale, per esempio. E poniamo che la proposta venga da qualcuno di sua fiducia. Qual è la risposta tipica  dell’ingenuo in un caso come questo? “Ma certo, perché no? L’idea è buona, dai, lavoriamoci sopra.” E così mette mano ai suoi strumenti di laboratorio, al pc, al microscopio, al telescopio o al tornio, impegnandosi senza risparmiarsi e portando i suoi risultati al responsabile del progetto.

Può succedere che nel corso del lavoro il nostro ingenuo ascolti parole o veda atteggiamenti che dovrebbero metterlo un po’ sul chi va là, ma, da innocente qual è, li sottovaluterà o meglio non vorrà considerarli sospetti, pur sapendo in cuor suo che lo sono. Finché, ad un certo punto, non potrà proprio più far finta di non vedere e dovrà ammettere che sì, il suo contributo è stato dato in perfetta buona fede ed ha portato buoni risultati, ma il contesto generale in cui è inserito non ha nulla a che vedere con il suo pensiero, anzi, è in completo dissenso con le sue opinioni. E quindi? Si pone a questo punto un problema ancora più ampio: è meglio compiere un bene piccolo, sapere che, in quanto sotto l’egida di questo o quel gruppo o società con cui abbiamo scoperto di essere in dissenso, il nostro lavoro contribuirà certamente, per esempio, al miglioramento del clima o dell’istruzione delle bambine in tanti paesi islamici, oppure allontanarsene indignati, ben consapevoli però che il nostro contributo a questo punto non avrà più la possibilità di arrivare là dove vorremmo? E’ un problema di coscienza non da poco, un pensiero su cui credo valga la pena di riflettere, perché penso che tutti, prima o poi, ci siamo trovati o ci troveremo di fronte ad un dilemma di questo genere. Sarebbe interessante un confronto tra le diverse esperienze e le risposte in proposito.

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Articolo pubblicato il 19/11/2021