I miei luoghi abbandonati
Esterno Villa Capriglio

E il senso dell’abbandono nell’animo

Si dice abbandono, ma è molto di più…

Negli ultimi anni si sono moltiplicati i siti web, i libri descrittivi più o meno dettagliati, gli articoli su riviste, addirittura programmi e trasmissioni televisive che vanno a ricercare e valorizzano agli occhi degli utenti luoghi, edifici, interi paesi abbandonati.

Qualcuno ha creato il nome o appellativo urbex, e da lì in poi è stato un profluvio di pubblicazioni.

Una moda passeggera o qualcosa di più?

Un fatto di costume o una sensazione dell'animo?

Cosa si cela dietro ad un rudere, ad una facciata di palazzo fatiscente?

persone ed esistenze hanno calpestato il pavimento di camere quante e corridoi ora ridotti al silenzio?

Quali emozioni, vissute e segrete, hanno palpitato in ora spoglie o quelle ridotte ad un ammasso di detriti?

Chi lavora in una fabbrica dismessa ed abbandonata, fra rumori e strumenti d'officina, clangori metallici e richiami dei capi reparto?

Generazioni di studenti e lavoratori pendolari hanno viaggiato su binari dove il treno non passa più, i rovi adesso crescono e la luce del sole fatica a penetrare... Quanti baci scambiati da innamorati o appena il buio di una galleria in arrivo invadeva quella carrozza sferragliante ?

Queste domande me le pongo ogni qual volta mi accade di passare di fronte a un edificio in abbandono.

 

Da giovane ho preso molte volte i treni della linea canavesana, che partivano dalla Stazione di Porta Susa, al binario 1 Tronco in testa alla stazione, verso Porta Nuova. Infiniti ricordi emergono dalla mia memoria, incontri e persone, discorsi e letture, al punto che provo fastidio transitare adesso da Piazza XVIII Dicembre, con la stazione in ristrutturazione, dopo una lunga chiusura, per creare un nuovo pezzo di modernità che non darà nulla a Torino.


 

Da molti anni i treni passano nel sottosuolo, nella galleria scavata per l’alta velocità e qui mancano lo sfrigolio, il cigolare, le scariche elettriche, il fischio delle locomotive… Immagini oggi testimoniate soltanto più da cartoline o foto d’epoca!

 

Il silenzio dominante in nei luoghi dell’abbandono mi interroga, mi emoziona, mi fa pensare alle storie piccole e gradi che da lì sono passate.

Credo che quel silenzio vada rispettato, per non oltraggiare chi lo rendeva un rumorio di voci e uno scalpitare di azioni.

E io vorrei conoscerle tutte, quelle storie, ed entrare in empatia ed in confidenza con chi ha vissuto, ascoltare il sussurro delle loro anime (ovunque oggi si trovino) per diventare anche io parte di una storia, quella o un'altra non ha importanza, per sentirmi piccola parte del grande cammino della vita nel tempo.

Ecco perché, quando è lecito e consentito, la mia attrazione per questi luoghi mi ordina di sospingere una porticina o un cancello appena accostati, chiedere permesso alle anime dei defunti ed entrare nel loro vissuto…

Dico questo perché anche l’abbandono ha le sue regole, che è bene non violare. Principalmente due: un cartello di proprietà privata o un avviso che vieta di oltrepassare un confine.

Sono limiti invalicabili, anche per i più curiosi, perché ricordano regole del diritto e della proprietà, senza le quali si cadrebbe nell’anarchia.

I luoghi abbandonati possono provocare sentimenti contrastanti alle persone che li visitano.

Si va dall’entusiasmo, al piacere, alle sfumature della tristezza, fino al disagio e al malessere organico.

Ciascuno deve essere conoscitore di se stesso e rispettare anche i propri limiti e sensibilità, oltre a quelli imposti dalle leggi e dalle normative.

Una fabbrica abbandonata e una stazione dismessa nel Canavese hanno acceso una scintilla destinata a non spegnersi più, una prima descrizione di un viaggio verso l’abbandono e la nostalgia del passato…

https://www.civico20news.it/sito/articolo.php?id=43039

 

Trascorre un po’ di tempo…

Dopo aver visitato Villa Capriglio, che ho raccontato il 12 novembre 202, sempre su Civico20News

https://www.civico20news.it/sito/articolo.php?id=43039

è sbocciata in me la mia voglia di scoprire altri luoghi con una loro storia, più o meno importante, che stanno vivendo il declino o l’abbandono.

Senza tristezza o malinconia, mi lascio guidare dalle emozioni e dalla fantasia, e immagino storie ed esistenze passate.

Ed è come leggere interi libri: come è vero che chi legge libri vive più volte, anche attraverso i personaggi dei libri stessi, così “sento” di vivere altre epoche attraverso le voci narranti dei fantasmi, reali o immaginari, che abitano quei luoghi, con le loro anime.

Ripensando a quei luoghi qualcosa si è smosso dentro di me, un pensiero è diventato desiderio e si è trasformato in passione.

Ho iniziato, così, a cercare e a visitare luoghi abbandonati…

La mappa potrebbe essere infinita: palazzi borghesi o nobiliari, fabbriche, linee ferroviarie, discoteche, alberghi; in ognuno di essi leggo una traccia del passato e anche una incuria del presente che li ha lasciati andare al loro triste destino; in quelle solitudini, frequentate soltanto dal vento, ascolto le voci di chi non ha più voce, perché è passato oltre questa vita.

In una recente opera di Gian Vittorio Avondo e Claudio Rolando, “Borghi abbandonati del Piemonte”, si legge questa frase introduzione: “Con l'espressione borgo abbandonato s'intende in genere definire un luogo non più abitato, caratterizzato dalla presenza di elementi di vita vissuta capaci di far trasparire una forma di abbandono quasi subitaneo. Questi luoghi si rivelano molto suggestivi e fanno scattare nel visitatore il motivi di conoscerli e approfondire i che portarono al loro abbandono. (…) la solitudine che vi si respira nei mesi invernali e autunnali è assoluta e consentita, con un minimo di fantasia, d'immaginare quale fu la vita difficile che si svolse tra quelle vie e quei muri di pietra”.

 

Bibliografia

Gian Vittorio Avondo e Claudio Rolando – Borghi abbandonati del Piemonte – Edizioni del Capricorno

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Articolo pubblicato il 28/01/2022