Il Romanico in Brianza: la canonica di San Salvatore

A Barzanò, nel cuore della Brianza collinare, al limite tra la provincia di Monza e quella di Lecco, sorge un piccolo, ma importante esempio di architettura romanica: la canonica di San Salvatore.

Pregevoli testimonianze romaniche sono presenti un po’ dovunque in Brianza: dalla basilica di Agliate, facilmente raggiungibile da Carate Brianza, sulla superstrada Milano-Lecco, a quel gioiello che è la basilica di San Pietro al Monte, generalmente meta di una magnifica passeggiata sul monte Cornizzolo, nel comune di Civate. Sulle sue pendici si ergono infatti la basilica di San Pietro al Monte e l’Oratorio di San Benedetto, immerse nel verde e nel silenzio. Un luogo magico, dove è più facile, dopo la fatica della salita, sentirsi in comunione con lo spirito di chi ha costruito tanta bellezza oppure lì ha vissuto la regola di San Benedetto. Per non parlare della basilica di San Vincenzo sul colle di San Galliano, vicino a Cantù, oppure della chiesa di Sant’Ambrogio a Sulbiate Inferiore. Potrei continuare, ma chi fosse interessato troverà facilmente altre informazioni in merito. Qui preferirei dedicarmi ad un piccolo, ma pregevole gioiello romanico nascosto a Barzanò, un piccolo comune in zona collinare a pochi chilometri da Monza e da Lecco.

La canonica di San Salvatore si trova nella zona più antica del paese, su un poggio prospiciente l’abitato, dove un tempo sorgevano un castello, di cui rimane una torre, ed un monastero. Qualche informazione storico-architettonica. Riporto quanto scritto dalla dottoressa Federica Fusi (che ha dedicato la sua tesi di laurea  alla canonica ed ha poi partecipato alla stesura di una  monografia sull’argomento a cura dell’architetto Paola Bassani, docente presso il Politecnico di Milano) in occasione della presentazione al pubblico della canonica dopo il restauro conservativo del 2004-10: “L’origine di San Salvatore va ricercata in ambito altomedioevale (IX-X secolo) e ruota  presumibilmente intorno al conte Sigifredo e ai suoi figli Ugo e Berengario, i quali concepirono questo edificio quale cappella privata della corte di Barzanò di cui erano i proprietari. A partire dall’XI secolo, l’edificio sacro fu al centro di profonde trasformazioni operate dai vescovi di Como; in particolar modo fu probabilmente Alberico nel 1015, dopo essere entrato in possesso della corte ricevuta in dono dall’imperatore Enrico II, a commissionare il rinnovamento architettonico e pittorico della chiesa in linea con la cultura artistica del tempo.  Dopo queste importanti trasformazioni, tra il XII e il XIV secolo, seguì la fondazione della canonica presso la chiesa di San Salvatore, forse ad opera della famiglia Pirovano, che rese quello di Barzanò uno dei più importanti canonicati della zona.”

Ancora qualche informazione, questa volta tratta dalla presentazione della monografia sopra accennata: dopo il 1015, quando la chiesa di San Salvatore passa sotto la giurisdizione di Como, “l’emergere di una figura vescovile in tempi successivi avrebbe concesso alla chiesa la facoltà di amministrare il sacramento del Battesimo. Dunque la posa di un fonte battesimale situato a metà dell’aula tra la parte vecchia e quella nuova, privilegio coronato dalla posa della cupola sostenuta da quattro pilastri addossati alla parete e, da ultimo, la realizzazione del ciclo pittorico. La fondazione della canonica, invece, sarebbe da porre in relazione con il movimento patarinico sostenuto dal prete milanese Eriprando, che avrebbe ricevuto da una famiglia milanese originaria di Barzanò- i capitani di Porta Orientale-fondi di loro proprietà situati in questo luogo. Da qui la fondazione della canonica con funzione moralizzatrice del clero e di evangelizzazione.”

Interessante anche la monografia “San Salvatore a Barzanò”, di Fabio Scirea, docente all’Università Statale di Milano. L’autore racconta la storia della canonica dalla sua funzione di cappella privata a quello di mausoleo parentale, nonché di chiesa della comunità del castrum  locale, per evolversi poi in canonica battesimale. Scirea sottolinea poi la bellezza della cupola eretta attorno al primo fonte battesimale, decorata con la storia di Cristo e del fonte battesimale stesso, che oggi possiamo ancora ammirare grazie alla sensibilità artistica di Federico Borromeo.

Come risulta evidente dai dati sopra riportati le conclusioni sulla storia della canonica sono ancora incerte. Non è un caso infatti che ad oggi sia ancora meta di studiosi e ricercatori provenienti da tutt’Italia e immagino anche dall’estero. Potrei continuare, ma vorrei dedicarmi ora da una visione più personale ed intimistica della bella chiesa.

La prima volta che vidi la canonica di San Salvatore non sapevo neanche come si chiamasse né quale fosse la sua storia. Avevo ventiquattro anni ed ero finita, durante una gita fuori porta da Milano, nel parco della villa Tremolada, a Barzanò, appunto, sulla cima del colle che domina l’abitato e da dove si vede chiara la sagoma inconfondibile del Resegone, nonché, ho poi imparato nel tempo, quella del Monte Rosa. La chiesa si intuiva appena, coperta com’era da una folta coltre di edera. Ma la vista della villa e della canonica, circondate da un grande parco, sullo sfondo di un tramonto estivo, mi parve subito suggestiva. L’antico oratorio era, ed è, affiancato da una torre campanaria, cui sono particolarmente affezionata, così come  all’agnello scolpito sopra il portale;  ma ancora  di più  sono legata  alle belle campane che mi hanno fatto compagnia durante i primi anni di matrimonio. Da buona milanese non ero abituata al suono delle campane, anzi, quando mi capitava di sentirle, allora, mi facevano un po’ tristezza. Finché un giorno, stranamente in casa a mezzogiorno, sentii suonare le campane di San Salvatore. Era un suono dolce, non so perché rassicurante. Dal balcone vidi poi un uomo uscire dalla chiesa. Mi parve incredibile che qualcuno si prendesse la briga di salire sulla collina ogni giorno, a mezzogiorno, per suonare le due belle campane nuove. La magia del campanaro in carne ed ossa mi aveva conquistato al punto che per qualche tempo, se appena mi era possibile, cercavo di essere a casa per ascoltare la sua musica.

 Se l’esterno della chiesa è piacevole e suggestivo, incantevole anche di sera, ora che la canonica è ben illuminata, anche il suo interno è notevole: bellissimo il fonte battesimale ottagonale in pietra di Verona, la suggestiva cripta e la sua cupola bizantina completamente rivestita dal prezioso ciclo d’affreschi. Tra questi, le aquile sulle trombe, come a Sant’Ambrogio, un pezzetto della mia Milano in Brianza. Mi piace fermarmi davanti alla canonica, soprattutto adesso che anche il piazzale antistante è stato pavimentato e viene utilizzato per accogliere il pubblico delle manifestazioni artistiche e culturali che vi si svolgono. Peccato che le campane non suonino più. Forse oggi ci sono cose più urgenti a cui pensare, ma chissà, magari si potrebbe riflettere sul valore del suono prodotto dalle mani di  un uomo che si prende la briga di salire  sulla collina e poi riprende il suo lavoro, dopo aver lasciato vagare in alto il suo pensiero e quello di chi l’ascolta, almeno per un attimo lontano dal Covid, dal green pass e dai discorsi sul Quirinale. Ma ci sarà ancora qualcuno che le sa suonare, le campane?

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Articolo pubblicato il 22/01/2022