Navi russe a largo del canale di Sicilia: reale minaccia?

La tensione fra le grandi potenze Usa e Russia si fanno sempre più intense. La crisi ucraina si sposta nel canale di Sicilia.

Diversi leader e ministri degli Esteri occidentali dovrebbero visitare la capitale dell'Ucraina, Kiev, nei prossimi giorni, nel tentativo di scoraggiare una possibile invasione russa dell'Ucraina e trovare una via d'uscita pacifica alla crisi. Si muove anche l'Italia. Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha avuto questa mattina una conversazione telefonica con il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin. Al centro dei colloqui, si legge in una nota, vi sono stati gli ultimi sviluppi della crisi ucraina e le relazioni bilaterali.

Mai, come in questi mesi, soprattutto negli ultimi giorni, russi e americani sono stati vicini ad una guerra. Ma quanto è probabile che in Ucraina scoppi la guerra tra le due massime potenze militari? Per fortuna ad oggi sembra che nelle intenzioni dei due non ci sia questa volontà. Tuttavia, ciò non esclude che un conflitto possa accadere ugualmente.

Ma vediamo anzitutto che cosa vogliono i due grandi protagonisti di questa sfida. Partendo dalla posizione russa, Mosca desidera ripristinare il massimo spazio fra sé e il nemico americano, e quindi fare dell'Ucraina uno stato cuscinetto permanente da tenere possibilmente sotto controllo destabilizzato, fondamentalmente disarmato; e quindi non si tratta solo di impedire in qualche modo il suo ingresso nella Nato. Il metodo brutale, l’extrema ratio, sarebbe quella di invadere l’Ucraina, ma invadere e occupare un paese così grande e che ormai nel tempo ha manifestato il suo sentimento sempre più ostile rispetto alla Federazione russa risulterebbe un’operazione estremamente costosa; la seconda ipotesi è quella di un’operazione limitata alla penetrazione del Donbass, cioè in quella parte di Ucraina orientale dominata dalla guerriglia filo russa, dove è in corso dal 2014 una guerra a bassa intensità, che vede coinvolte le milizie filorusse contro le forze regolari ucraine e volontari filo ucraini; ma anche questa operazione sarebbe costosa e probabilmente provocherebbe delle sanzioni durissime contro la Russia. Sanzioni che potrebbero addirittura colpire il suo stesso presidente.

La terza ipotesi, quella più razionale, consisterebbe nel mantenere una pressione militare permanente, da rendere più o meno dura, a seconda dei momenti, per impedire che l'Ucraina possa diventare uno stato veramente indipendente e autonomo; in cui una parte del territorio rimarrebbe occupata dalle forze filorusse.

Quest’ultima opzione fa pensare che le operazioni militari siano in genere più tendenti a tenere alta la tensione che a dimostrare una volontà russa di andare fino in fondo.

Questo aspetto si può tranquillamente applicare a ciò che sta accadendo in questi ultimi giorni nel nostro Canale di Sicilia, dove sono presenti diverse navi da guerra russe. Anch’esse stanziate, più come forma di pressione antiatlantica, che non per un tentativo reale di conflitto.

Tuttavia, interessante è rilevare i risvolti di simili azioni belliche. Alla richiesta di allarme americano la nostra marina ha risposto timidamente, affermando che le navi russe non solo non sono un pericolo, ma che al momento non hanno invaso alcuno spazio marittimo italiano.

Questo atteggiamento ci dimostra ancora una volta come presso molteplici forze armate occidentali, Putin e la Russia, non solo non vengono percepite come un pericolo, ma che, a discapito delle inutili isterie liberal americane, Mosca risulta un punto di riferimento fondamentale contro le ultime derive della società occidentale: dalla “cancel culture” all’ideologia gender, fino alla neolingua dettata dal politicamente corretto dei mass media e da un neofemminismo post-sessantottino di ritorno.

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 02/02/2022