Guerra Ucraina – Russia, le notizie da Amnesty International.

Intervista con il portavoce nazionale della ONG Riccardo Noury

Molto si sta dicendo e scrivendo sulla guerra in corso. Spesso la notizia, in questo contesto, ha più valore della verità. Ci si trova, a causa di ciò, a essere assillati da notizie false, elaborate, costruite ad arte, insieme a notizie vere in grado di descrivere la realtà nel giusto modo.  Discriminare, quando la presenza sul campo è quasi impedita, diviene estremamente difficoltoso. L’organizzazione Amnesty International, in qualità di ONG, può dare un quadro di insieme  più coerente con la realtà dei fatti. 

Ecco cosa ha messo in campo Amnesty International a tutela dei diritti delle persone e della verità in questa cornice di guerra.

“Innanzi tutto sono state attivate due unità di ricerca”. Afferma Noury portavoce della ONG.  La prima è denominata Crisis evidence Lab. Formata da esperti digitali il cui compito è quello “di verificare le immagini ferme o in movimento, come fotografie o video, verificando attraverso geolocalizzazione e altri confronti, che quell'immagine si riferisca esattamente a quel luogo, a quel giorno e a quell'ora.  Il secondo Team è un team di esperti in armamenti che giudica e i contenuti delle immagini che abbiamo precedentemente validato per determinare che tipo di arma è stata usata”.  Il portavoce della ONG prosegue specificando la funzione dei due team: “mettendo insieme questi due team abbiamo raggiunto una prima conclusione: dal 24 febbraio le forze russe hanno compiuto attacchi indiscriminati, e, in almeno un caso, abbiano utilizzato armi vietate dal diritto internazionale. Negli altri casi, armi convenzionali, ma che per la loro natura sono imprecise, non guidate e dunque non dovrebbero essere usate quando ci sono centri abitati o strutture e infrastrutture civili. Abbiamo concluso che si tratta di  crimini di guerra secondo la definizione che il diritto internazionale da agli attacchi di questo tipo.  Quindi nella maggior parte dei casi sono state utilizzate armi imprecise con i razzi privi di guida o colpi di artiglieria.”

Nel caso verificatosi il 25 febbraio,  nel secondo giorno dell'invasione, nel nord-est ucraina, è stato colpito un asilo. Questi non era in funzione per l’attività scolastica ma era stato adibito a rifugio. Il lavoro dei due team ha, come riportato dal portavoce della ONG, “ricostruito, con questo sistema, il lanciarazzi utilizzato. È  un lanciarazzi multiplo” si è riusciti altresì a identificare sia “il tipo di razzo che le bombe a grappolo che conteneva. Questo è il tipo di ricerca che stiamo facendo.” Amnesty è consapevole della limitatezza operativa. “Nel senso che -  prosegue Noury - non riusciamo a fare ancora interviste dirette alle persone che sono in Ucraina, né ancora, ma contiamo di farlo a breve, alle persone che sono fuggite e si trovano già all'interno dell'Unione Europea nell'ambito dei programmi di accoglienza che sono stati attivati”

Ma la situazione dei profughi come risulta essere?

Al momento risultano esserci 500 mila persone fuori dai confini ma che presto il numero potrebbe aumentare. La ONG è anche al corrente di fatti incresciosi accorsi proprio sulle linee di confine. Infatti, Noury, su questa situazione dice:  “abbiamo ricevuto denunce di casi di discriminazione, sia nel tentativo di uscire dall'ucraina, quanto di entrare in territorio comunitario. In particolare in Polonia ai danni di persone che, per una mera osservazione esteriore, non risultavano ucraine. Dunque studenti perlopiù africani.”

Le vittime civili?

Prosegue Noury: “riguardo alle vittime civili quello che  sappiamo è che possono essere alcune centinaia. Si stima 400 o 500 con una percentuale purtroppo di minori, bambini inclusi, e questo apparentemente può essere un numero piccolo rispetto all'entità della forza militare messa in campo della Russia.”

Sembrerebbe che una delle ragioni è il non essere ancora entrati nelle città. I bombardamenti vengono lanciati dalle periferie. La preoccupazione è che “il tributo di vite umane possa divenire più alto quando vi fosse un ingresso nelle città”.

La guerra è guerra. Tuttavia è lecito chiedersi: in che ambito socio politico si sta svolgendo tutto questo? Cerchiamo di capire cosa è accaduto dal 2014 a oggi in quelle terre martoriate.

Amnesty è da anni impegnata a seguire cosa accade in quei territori. Risulta quindi giusto, non solo soffermarci su ciò che accade ora, ma anche su quanto è accaduto prima. A rigor di onestà intellettuale, la ONG nelle parole del suo portavoce Riccardo Noury ci ricorda: “è importante anche ricordare gli otto anni che hanno preceduto questa invasione senza che questo suoni come giustificazione. Ma dobbiamo essere obiettivi nell'analizzare le presunte o reali ragioni senza che poi queste suonino come giustificazioni per un'azione o per un'altra”.

Da quanto precede a da quanto segue vi è la possibilità di arrivare al nucleo del focolaio di una guerra silente protratta già da otto anni.  Dalle informazioni in possesso, specie tra il 2014 e 2015, è certo che vi siano state, nelle due province autoproclamatesi repubbliche popolari, azioni militari rientranti nei crimini di guerra. Dalle informazioni risulta che:  “ci sono stati 13 / 14 mila morti. Un esodo di 1.450.000 persone. I vari attori che hanno compiuto questi crimini di guerra hanno chiamano anche in causa le forze armate ucraine di Kiev,  - prosegue Noury - più tutta una proliferazione di milizie e gruppi paramilitari. Persone venute da fuori che uno può chiamare internazionali ma che possono essere anche mercenari che si sono allineati lungo linee ideologiche con l'una o l'altra parte. “

Lo scenario ora è più completo. In quel periodo e per tutti questi otto anni, si è creato, in quel territorio, una situazione di instabilità e insicurezza. La qualità della vita ridotta al minimo. Dai dati della ONG quasi un milione e mezzo di persone sono dovute fuggire.

Accordi di Minsk 2015.

Ancora le parole del portavoce risultano essere puntuali e pungenti:  “gli accordi di Minsk del 2015 avevano ridotto questo conflitto a quello che si chiama: conflitto a bassa intensità.” Questi accordi, in fondo, prosegue Noury “prevedevano una serie di cose che non sono state attuate. Come  il creare una sorta di zona franca smilitarizzata. Tutto questo non è accaduto.”

Si può fare qualcosa con la giustizia internazionale?

La risposta è stata precisa: “riguardo alle prospettive di giustizia internazionale, che è una delle cose su cui sta assistendo Amnesty International, l'Ucraina, a differenza della Russia, che si è ritirata nel 2016 dallo Statuto di Roma della corte penale internazionale, ha riconosciuto ufficialmente la competenza della corte penale internazionale di indagare su quanto accaduto in Ucraina a partire da una certa data per il 2014. Quindi è evidente che, ed è quello che auspichiamo, nel momento in cui l'indagine del procuratore della corte penale internazionale, il quale ha dichiarato l'intenzione di avviarla, dovesse procedere, prenderà in considerazione non solo quanto accaduto dal 24 febbraio 2022 fino al giorno X – fine ostilità - ma anche quello che è accaduto dal 2014 in poi. Quindi l’importante è, che sul piano della giustizia internazionale, si sappia che il periodo di competenza della procura della corte penale internazionale inizia dal 2014 non dal 2022.”

Questo porterà sicuramente chiarezza in una guerra, considerata a bassa intensità, dapprima dimenticata e forse, ora, strumentalizzata, dando a ognuno la certezza di sapere il cosa, il perché, il come sia potuto accadere tutto ciò.

 

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Articolo pubblicato il 03/03/2022