I Macchiaioli in mostra ad Asti

A Palazzo Mazzetti, fino al 1° maggio 2022

La mostra, curata da Tiziano Panconi, ha un titolo esemplificativo: I Macchiaioli. L’avventura dell’arte moderna, come evidenziato dal Sindaco di Asti, Maurizio Rasero, all’interno di un processo di rilancio delle iniziative astigiane.

L’organizzazione si deve ad Arthemisia, con la collaborazione del Museo Archives Giovanni Boldini Macchiaioli di Pistoia.

Raccontare i Macchiaioli è come descrivere l’avventura dell’arte moderna, chiosando il sottotitolo della mostra, in un viaggio attraverso natura e paesaggi rurali, interni familiari e lavoro, momenti di vita risorgimentale.

Come nasce una corrente artistica? Da un moto dell’animo, da un periodo o movimento storico, da una temperie culturale… Poi occorre un luogo (un ritrovo, un cenacolo?) ed ecco il Caffè Michelangelo di Firenze, ideale punto incontro nel cuore della capitale del Rinascimento.

Figli dell’onda lunga della delusione e disillusione per i fallimenti rivoluzionari del 1831, questi artisti nascono come un movimento polemico e vengono chiamati Macchiaioli in senso spregiativo, come fossero null’altro che imbrattatele, non degni di collocarsi alla pari della grande arte figurativa italiana. La definizione è coniata da un anonimo giornalista, sulle pagine della Gazzetta del Popolo, nel 1862. Con un gesto altrettanto polemico Vito D’Ancona aveva rifiutato la medaglia d’oro attribuitagli alla Esposizione Nazionale di Firenze del 1861.

Questo movimento artistico intende affermare la teoria della macchia: la visione delle forme è determinata dalla proiezione della luce che crea zone d’ombra e zone di chiarore, costruendo le volumetrie per l’occhio umano.

Dopo e oltre il Caffè Michelangelo, i luoghi emblematici della loro pittura diventano La Spezia e Castiglioncello (cenacolo d’arte creato da Diego Martelli nel 1861).

L’emotività che sprigionava dai romanzi sperimentali di Zola e di Verga e l’aleggiare di una nuova sensibilità naturalista plasmano la loro nascente scuola. Grazie ad essa la pittura, ormai svincolata da obblighi e committenze regali o nobiliari, vira decisamente verso la rappresentazione della realtà come si presenta agli occhi dell’artista.

Con la loro variegata ispirazione i Macchiaioli segnano il graduale passaggio dal bozzetto al quadro di storia, infine alla “macchia” attraverso l’osservazione dal vero. Seguire il loro percorso è un viaggio di approfondimento nell’Ottocento italiano, con il racconto del dipanarsi di una storia artistica che è stata capace di anticipare alcuni temi che faranno la fortuna degli impressionisti francesi.

Iniziamo, dunque, il nostro viaggio tra i Macchiaioli, fra paesaggi assolati e atmosfere sospese, sogni ed emozioni tratteggiate, nelle sei sezioni in cui è divisa la mostra. Entriamo in un aulico palazzo nobiliare che porta il nome della famiglia Mazzetti di Frinco.

Il palazzo attuale è il risultato dell’accorpamento di diverse antiche abitazioni medievali, avvenuto soprattutto nella seconda metà del Seicento, mentre le fasi storiche e costruttive dell’edificio sono riassumibili in tre grandi momenti: 1) il cantiere che, fino al secondo quarto del XVIII secolo, vede la realizzazione della manica verso il cortile, l’abbellimento della Sala dell’Alcova e della Sala dello Zodiaco, il rifacimento del fronte e la decorazione della galleria datata 1730; 2) gli interventi effettuati negli anni 1751-1752, sotto la supervisione di Benedetto Alfieri, per il rinnovamento dell’ala est con gli ambienti di rappresentanza: lo Scalone, il Salone d’Onore e le sale, dove intervengono stuccatori luganesi; 3) il cantiere novecentesco, che si avvia dopo l’acquisto del palazzo da parte della Cassa di Risparmio di Asti nel 1937, in cui vengono coinvolti artisti astigiani (tra cui Giuseppe Manzone e Ottavio Baussano) per i restauri e le ridecorazioni del palazzo stesso.

In questi saloni ammirare una mostra d’arte assume un valore aggiunto particolare, l’arte dentro la storia dell’arte, attraverso le sezioni in cui è stata suddivisa l’esperienza dei Macchiaioli.

Il paesaggio dal bozzetto al quadro di storia, alla “macchia”, attraverso l’osservazione del paesaggio. “…il guadagno facile e la facile rinomanza non dovevano essere l’obiettivo di un’arte nobile e onesta e che vi era più onestà e nobiltà a farsi coll’arte interpreti della vita contemporanea che rappresentare un passato storico con paludamenti accademici e con viete tradizioni scolastiche” scrive Telemaco Signorini. Il suo quadro “Solferino”, del 1859, è un paesaggio immobile di luci ed ombre, presagio di una carneficina imminente.

Il chiaroscuro violento, l’intimismo della Scuola di Piagentina, la luce abbagliante di La Spezia. È ancora Signorini a ricordare che Piagentina era “un luogo di campagna umile e modesta”, con orti e frutteti e poche case, le colline di Fiesole e San Miniato sfumate in lontananza. E così si intona “Interno di S. Miniato” del 1861, di Giuseppe Abbati, con i chiaroscuri fisici e psicologici all’interno di un monastero.

La poesia della natura. Il verismo e l’eleganza, fra esterni e interni. Le mostre promotrici di Firenze erano il più rilevante luogo per l’arte dell’epoca, iniziate nel 1845, decretavano il successo e la diffusione delle opere di un artista. Qui espongono anche i primi macchiaioli, con la loro novità che segna un progresso nell’arte toscana e italiana. “Signora al piano” di Odoardo Borrani (1869) ha colori e immagini sfumate dentro un salotto borghese, la passione come un sogno celato.

Il naturalismo, fra natura e paesaggio urbano. Secondo la filosofia naturalista, l’arte deve trascrivere la realtà in modo oggettivo: alcune opere di Sernesi, di Cabianca e di Fattori riassumono questo tipo di afflato artistico, che ha avuto illustri progenitori in Giotto e Leonardo.

Quiete e religiosa osservazione del Creato. L’inquietudine di Silvestro Lega, come ai tempi di Piagentina, rappresenta l’infelicità dell’esistenza.

E nel suo “Strada a Piagentina”, del 1869, Vincenzo Cabianca ritrae una donna che risale una strada senza tempo.

Fin de siècle. Gli anni della maturità. Anche gli artisti e la loro scuola giungono alla maturità. La nuova sensibilità ha creato un pensiero e uno stile originale, inserito nella contemporaneità di un mondo che inizia a cambiare con ritmi più veloci di quanto sia accaduto nei secoli precedenti. Cristiano Banti dipinge “Alaide Banti sulla panchina” (1870), in cui contemplazione e intimismo si astraggono dall’incalzare del tempo e degli eventi storici.

Con un tocco di nostalgia, forse poco realista, Signorini dipinge “Il mercato vecchio di Firenze (1880 – 1884), testimonianza della Firenze che non c’è più, abbattuta dalle demolizioni di fine Ottocento, per rinnovare le città e togliere il decadente mondo medievale ancora presente nel centro storico (come accaduto anche in altre città italiane, Torino compresa).

Il percorso espositivo si dispiega su due piani del palazzo: all’inizio del tratto al piano interrato l’armonioso suono di un flauto accompagna effetti e giochi di luce proiettati su tele; l’aria del Nabucco, suonata da un violino, è accostata ad immagini delle guerre di indipendenza. Oltre a vedere la parte più antica del fabbricato, ci si immerge davvero nel passato.

I cartelloni con le biografie dei pittori macchiaioli in mostra sono un concreto ausilio alla comprensione del percorso e delle immagini.

Asti si ritaglia una scena centrale nel panorama artistico, con una mostra che ci restituisce il senso della storia in parallelo con la genesi e lo sviluppo di una fondamentale corrente artistica ottocentesca.

Un’occasione per entrare nel vivo dell’arte figurativa, da inserire all’interno di una visita alla città di San Secondo e del Palio.

 

Fino al 2 maggio 2022

I Macchiaioli. L’avventura dell’arte moderna

Asti, Palazzo Mazzetti – Corso Vittorio Alfieri 357

Info e prenotazioni 0141 530403

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Articolo pubblicato il 26/04/2022