I controsensi dello “sviluppo insostenibile” (Seconda parte)

Dalle batterie al litio ai rifiuti spaziali, scampoli di agenda 2030  

I controsensi dello sviluppo sostenibile (prima parte) Link: 

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(Seconda Parte) La sostenibilità e un’immensa disciplina spuntata quasi d’incanto dopo due secoli di rivoluzione industriale costruita su un progressivo e ben difficilmente arginabile inquinamento.

L’agenda 2030 contiene 17 obiettivi principali e 169 secondari che ruotano intorno alle 5P: Popoli, Prosperità, Pianeta, Pace, Partnership  (lo slogan fu: 10 anni per salvare il pianeta). Ora, alla luce dei recenti eventi ucraini, i sorrisi e le strette di mano di quel 2015, foto ricordo del meeting di Parigi, paiono crollati come castelli di carte. Altrettanto nei confronti del COP26 di Glasgow del 2021. Nell’arco di pochi mesi, tutti i nodi energetici e strategici sono venuti al pettine. Ogni spicchio di confine geopolitico pensa a sé stesso.

2022. I paesi del BRICS ricordano al Mondo qual'è il Nuovo Ordine che Conta. Solo consunti governi di un Occidente distratto non se n’erano accorti. Il panorama futuro è imprevedibile. Le certezze sono poche, una è assodata: il mondo è entrato in una nuova rivoluzione industriale che interessa un’enorme porzione del pianeta che aveva conservato un rapporto più naturale con i ritmi della Terra.

I buoni propositi nei confronti del pianeta, che già erano intenzioni e poco più, di colpo si sono rivelate fantasia. Le nuove e le vecchie economie a confronto non faranno passi indietro e neppure a gara su chi inquinerà meno. Lo sviluppo si mmoltiplicherà accrescendo l’impronta ecologica sul mondo (WWF-annuale Living Planet Report).

Oggi molti leader si guardano in cagnesco, la guerra in Ucraina, di per sé è una fabbrica di CO2 e per ammissione di alcuni leader europei, gli obiettivi dell’agenda 2030 sono posticipati causa crisi energetica. Tutto è rimandato a data da destinarsi.

I missili cadono su Kiew, scorrono le pubblicità dell’auto elettrica.

Secondo stime del Worldwatch Institute al mondo circolano circa 1 Miliardo di veicoli, con un aumento annuo superiore al 10%. Di questi, nel 2030 le auto elettriche saranno 145 Milioni, nel 2050 saranno intorno al 30%, circa mezzo miliardo. Perciò i mezzi a combustione, saranno immutati per numero, mentre l’elettrico sarà la nuova %. Cosa non va?

Troppe batterie per mezzi più grandi e potenti di quelli precedenti.

Una quarantina di anni fa, possedere una vettura con 70 HP (Golf GTD), era quasi un privilegio. Si andava ovunque anche se non era un SUV. I tempi sono cambiati in fretta: potenza e prestazioni sempre più elevate, quindi: limiti di velocità.

Il momento della transizione elettrica sarebbe stato quello della maturità. Meno potenza, meno batterie, meno miniere per il mondo. 60 kW sarebbero già tanti. 200 kW per 220 kmh non servono più. Invece no. Le nuove, costose regine della strada già si sfidano da 0 a 100 in meno di 4’’. Ma per farne che?

Di certo aumenterà il prezzo già salato dell’energia elettrica, sia per la dipendenza da fonti fossili, sia per la legge della domanda e dell’offerta. In Europa le vendite di ibride ed elettriche segnano valori record. Per ora pieno di kilowatt costa circa ¼ di quello a benzina. L’autonomia media di 300-400 km, aumenterà con le nuove batterie allo stato solido che via via faranno le veci di quelle al litio. Sembra che tutto vada per il meglio.

A questo punto occorre sia chiaro cosa si intende per energia pulita, poiché gli scenari di estrazione dei materiali per le batterie richieste dall’occidentale appetito di emissioni zero, non lo sono.

L’estrazione del litio richiede un’enorme massa d’acqua: 2000 l per un chilo di litio. Inquinamento che per ora pesa sui paesi del terzo mondo, dove si estraggono anche il coltan, il cobalto l’oro & le terre rare (materiali indispensabili per l’elettronica, l’eolico, il solare, la mobilità elettrica, l’industria aerospaziale). Miniere d'Africa e Brasile dall'impatto territoriale devastante, nuova frontiera di sfruttamento e violenze tribali. Storie poco trattate dall'informazione scientifica e dalla pubblicità neo futurista.

Attualmente le batterie al litio esaurite vengono spedite in Nord Europa dove esistono grandi impianti di recupero, riciclo e smaltimento (entro il 2030 si potrà recuperare fino al 70% di litio esausto e destinarlo per altri usi. Il 10% in nuovi accumulatori)

le nuove batterie allo stato solido saranno formate da grafene, ceramica, vetro e solfuri, promettono tornaconto, durata e prestazioni. Intanto, da qualche anno è tornata in auge la peroviksite, minerale scoperto nel 1839 sui monti Urali, appetibile futuro di fotovoltaico + elettrico, accoppiata vincente e in teoria, a emissioni veramente contenute.

Il materiale, oltre all’uso per nuovi accumulatori, sembra garantire un rapido effetto fotovoltaico, fornendo direttamente il pieno di nuovi elettroni. Le miniere sono in Russia e questo è un guaio.

Merita attenzione la batteria protronica organica, costosa tecnologia anni 70 del settore aerospaziale che, tra il 2018 in Australia e il 2020 in Svezia, sembra aver trovato soluzioni per applicazioni s’promettenti.

Poiché i problemi delle batterie sembrano ancora tanti, ogni tanto ricompare l’idrogeno. Attualmente il 95% di H viene prodotto con mutazione chimica dei combustibili fossili e metodi altamente inquinanti. L’idrogeno si produce anche attraverso elettrolisi (separazione di ossigeno e idrogeno dall’H2O). Per produrre un chilo di idrogeno occorrono 4000 l d’acqua. In teoria è un combustibile pulito, ma la tecnologia è in divenire.  

La ricerca scientifica, dunque avanza, ma fin quando l’obiettivo sarà tendente a un progresso secondo un vettore tendente allo sviluppo 5P che espande i limiti matematici della sua funzione, anziché comprimerli, il concetto di sostenibilità che non torna indietro, sarà insostenibile.

Si parla di mobilità sostenibile sulla pelle del pianeta, ma cosa accade oltre l’atmosfera?

Come accennato, litio, cobalto e terre rare, servono anche alla scienza aerospaziale, per spedire altri satelliti in orbita e sonde su Marte e oltre. Oggetti di valore destinati a essere dispersi o trasformarsi in rifiuti spaziali.

Attorno l’atmosfera, secondo l’European Space Agency ruotano circa 130 Ml di detriti. Sono un rischio per satelliti e missioni, ma non solo. Circa 30.000 pezzi hanno un diametro superiore a 20 cm. Numerosi fuori controllo hanno già minacciato la Terra.

Stando a Space Economy, il settore spaziale è la nuova manna dei gruppi finanziari, ma a favore di chi? Monitorare i detriti richiede sofisticati sistemi radar gestiti da agenzie private e recuperare frantumi oltre l’atmosfera non è conveniente. Quindi, milioni di dollari ridotti in brandelli ruotano nel vuoto. Ma serviranno nuovi metalli & terre rare necessari per altre imprese spaziali.

Dunque l’aria del business imperversa dalle auto elettriche potenti allo spazio” ultima frontiera”. A fornire i materiali ci penserà sempre la pancia della Terra. Lo sviluppo non prevede alcun quantitativo passo all’indietro.

Perciò, gli slogan dello sviluppo sostenibile, sono fumo negli occhi. Il logico “Great Reset”, dei paperoni del World Economic Forum, è un’illusione. Sono tutti azionisti in questi affari, pseudo green solo in caso di grassi guadagni. Ma c’è molto d’altro

 

(Terza parte) L’inquinamento aereo e navale L’impatto delle nuove tecnologie

 

 

 

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Articolo pubblicato il 03/07/2022