Gualino il magnifico sognatore - Il personaggio
Riccardo Gualino (Felice Casorati)

Una sintetica riflessione su questa eccezionale figura (Seconda parte - di Riccardo Manzini)

Il dottor Riccardo Manzini, medico chirurgo ed egittologo di lungo corso, ma anche attento osservatore di importanti personaggi ormai consacrati nella storia e tali da lasciare un’incancellabile eredità culturale nella società contemporanea, ci ha già inviato la prima parte dell’articolo “Il magnifico sognatore Riccardo Gualino”, pubblicata venerdì 17 giugno 2022, a cui rimandiamo.

Ora ci giunge la seconda parte dell’articolo in oggetto, che ci illustra l’incredibile esistenza e l’attività imprenditoriale, la creatività geniale che anticipava i tempi e le nuove esigenze della società, senza mai rinunciare ad essere un sincero estimatore - e benefattore - dell’arte.

Nel ringraziare l’Autore, per la sua precedente e attuale collaborazione, auguriamo buona lettura (m.b.).

Il magnifico sognatore Riccardo Gualino

2) la sua parabola (1900-1925)

Nato a Biella nel 1879, decimo di dodici figli di una famiglia di piccoli imprenditori di oreficeria di rigido ordinamento tradizionale, per non gravare sull’economia familiare abbandonò gli studi universitari e cercò un impiego, sebbene molti anni dopo li riprese laureandosi in Giurisprudenza e divenne avvocato.

Dopo una breve esperienza in una tessitura di lana si trasferì (1896) a Sestri Ponente dal cognato, importatore di legnami dalla Florida, per il quale lavorò come dipendente apprendendo i primi elementi del commercio di cui intuì presto l’utilità di conoscere ogni fase produttiva.

Nel 1901 divenne procuratore per l’importazione di legnami dal Tirolo e dalla Carinzia, avvertendo subito l’importanza che avrebbe avuto poter gestire direttamente lo sfruttamento forestale e le possibilità offerte dalla nascente diffusione del cemento armato nell’edilizia. A tal fine coinvolse il cugino Gurgo Salice di Casale Monferrato, che già aveva interessi nei cementifici, a fondare nel 1903 la ditta Riccardo Gualino & C. (da cui avrà origine l’Italcementi) che acquisì la rappresentanza di alcuni di essi. 

L’azienda divenne presto leader nel settore edilizio grazie al grande successo commerciale dovuto anche ad alcune sue brillanti idee innovative, quali la produzione di parquet realizzati con il legname dell’Oregon di cui era divenuto importatore.

Tra il 1904 ed il 1905 il capitale dell’impresa passò quindi da 320.000 a 640.000 lire attirando numerosi investitori che gli consentirono (1906) di aprire un cementificio a Morano Po (slide 1).

Essendosi però creata una crisi generale di sovrapproduzione riuscì a superarla convincendo gli altri cementifici ad associarsi fondando (1907) l’innovativo “Sindacato Italiano Calce e Cementi”, di cui divenne Amministratore delegato, che spinse a reinvestire in costanti ammodernamenti.

È da notare che mentre Gualino riuscì con questi provvedimenti a superare la crisi e ad espandere le attività, in quello stesso anno si verificò il grave dissesto finanziario di Giovanni Agnelli salvato solo dall’intervento della Banca d’Italia.

A riprova della sua versatilità e della capacità di sfruttare proficuamente le esperienze acquisite, ma anche della sua temerarietà, sull’onda dei successi ottenuti convinse nel 1908 il cugino ed alcune banche ad impegnarsi nella grandiosa impresa, cui contribuì con gran parte del proprio patrimonio personale, di acquisire dal governo rumeno i diritti di sfruttamento per 20 anni di una sterminata foresta nei Carpazi entro cui realizzò dal nulla una moderna segheria (slide 2).

Con grande senso pratico ottimizzò la lavorazione collegando la segheria con i luoghi di abbattimento per mezzo di teleferiche e di 30 km di una ferrovia a scartamento ridotto facendo anche costruire una strada che la collegava al porto di Galatz sul Danubio per la commercializzazione del lavorato, ma per preservare la foresta impose altresì di reintegrare gli alberi abbattuti.

Poiché il luogo era isolato fece altresì costruire nei pressi della segheria un villaggio costituito da abitazioni per gli operai e le loro famiglie, da un piccolo ospedale, dalla scuola e dalla chiesa, poiché fin da allora aveva compreso che “un lavoratore felice lavora meglio”.

L’efficienza dell’impresa era data da una lavorazione continua di 24 ore al giorno con turni di 8 ore ed era favorita dall’utilizzo della stessa segatura prodotta per attivare i generatori che fornivano alla seghe-ria l’elettricità necessaria, la cui eccedenza veniva distribuita gratuitamente al villaggio. 

Nel 1910 successive guerre locali portarono alla diminuzione della produzione per mancanza di sbocchi commerciali e quindi al calo dei profitti, cui seguì la rapida defezione di molti finanziatori, culminando con la devastazione totale dell’azienda.

È da notare che questa remunerativa impresa avrebbe in seguito potuto essere riattivata, ma non era nello spirito di Gualino che non volle più occuparsene in quanto "...quanto c'era da creare era stato compiuto…". 

Dopo le guerre (1911) l’attività fu infatti ceduta ad un gruppo industriale anglo-svedese (Chamberlain) per l’enorme cifra di 30.000.000 lire. Gualino volle testimoniare l’importanza finanziaria così ottenuta facendosi costruire con la propria quota il castello di Cereseto (slide 3). 

Nel 1912 ripeté la proficua operazione in una foresta dell’Ucraina dove realizzò segherie con relativi villaggi operai che dotò di bagni pubblici ed in cui fece giungere medici per combattere la diffusa TBC, oltre a bonificare le vicine paludi vendendo ai contadini i terreni così ottenuti. 

L’entusiasmo per i lauti guadagni di queste imprese lo spinse l’anno successivo (1913) ad arrischiare quasi tutto il capitale in un’imponente operazione immobiliare a San Pietroburgo (slide 4) in cui coinvolse facilmente un gruppo finanziario inglese per la fama di geniale imprenditore che aveva acquisito. L’avveniristico progetto urbanistico prevedeva la costruzione in periferia di moderni gruppi condominiali demarcati da viali, strade lastricate in legno per evitare il fango invernale, la rete fognaria e collegamenti tranviari con il centro.

Ma mentre le vendite immobiliari già procuravano consistenti guadagni scoppiò la guerra (1914) e tutte le imprese in atto dovettero essere abbandonate precipitosamente. Le vicende belliche con conseguenti espropri a risarcimento zero, la confisca dei depositi bancari delle sue aziende estere ed i debiti che aveva contratto in Italia per creare queste imprese portarono Gualino al dissesto finanziario.

Impegnandosi a restituire i debiti, all’età di 34 anni cercò subito nuovi sbocchi imprenditoriali che lo portarono a partecipazioni con il senatore Agnelli con cui effettuò acquisti azionari a basso costo e che convinse, comprendendo le necessità create dalla guerra, ad intraprendere noli marittimi per il trasporto di materiali bellici (slide 5) che produssero rapidamente grandi guadagni.

Questa geniale versatilità e preveggenza finanziaria, che gli consentì non solo di saldare rapidamente i debiti ma di produrre notevoli introiti, lo portò in quegli anni a divenire prima grande azionista della FIAT e del Credito Italiano e poi ad entrare nei rispettivi Consigli d’Amministrazione, oltre ad essere invitato a partecipare a numerose altre imprese (Falk, Cirio, Magneti Marelli, Necchi, Ansaldo ecc.).

Quando lo Stato requisì queste navi ed il prezzo del carbone aumentò sensibilmente, con Agnelli comprò un cantiere per la costruzione di navi carbonifere (slide 6); ma nel 1918, in seguito al divieto americano di vendere forniture navali all’estero, i cantieri in cui Agnelli e Gualino avevano impegnato ingenti capitali per modernizzare le attrezzature dovettero essere rapidamente svenduti ed i contratti di nolo furono rescissi con una perdita di circa 100.000.000 di lire.

In quell’anno conobbe il critico d’arte Lionello Venturi (slide 7) con cui instaurò un solido rapporto di amicizia che avrà una enorme importanza non solo nella vita di Gualino, di cui divenne incondizionato consigliere artistico (Gualino confessò sempre di essere un amante dell’arte ma di non avere competenze a riguardo), ma per la Città di Torino e per l’intera cultura italiana.

Constatata la penuria di carbone creatasi in Italia dopo la guerra ed intuendo l’importanza che avrebbero avuto in futuro il commercio di alcune materie prime emergenti e dell’energia, acquistò negli Stati Uniti alcune miniere di rame e di carbone. A seguito però di un inatteso e prolungato sciopero nazionale dei minatori, per salvaguardare i consumi interni il governo statunitense impose un embargo generale alle esportazioni (eccezionale nella storia americana) provocando il fallimento di queste imprese di Gualino, il quale compensò parte delle perdite acquisendo con lungimiranza la Società idroelettrica Piemontese (SIP) (slide 8) che produsse subito buoni profitti.

Per Gualino l’evento più importante di quegli anni fu l’acquisto della Snia che convertì alla produzione della seta artificiale, di cui aveva acquisito il brevetto avendone intuito le possibilità di mercato, ottenendo rapidamente enormi profitti che portarono il capitale sociale a 200.000.000 di lire.

Malgrado questa rapida crescita sia stata fortemente osteggiata da alcuni istituti bancari, il grande successo ottenuto dalla Snia la portò rapidamente ad espandersi: oltre allo stabilimento di Venaria (slide 9) ne realizzò altri ad Abbadia di Stura (slide 10), a Cesano Maderno, a Varedo ed a Tor Viscosa, collegandoli tutti alla rete ferroviaria (slide 11).

Restando fedele alla tutela dei dipendenti, per ogni stabilimento fece costruire un villaggio operaio (slide 12) con spazi per le attività ricreative ed organizzando colonie estive per i figli dei dipendenti (slide 13).

I bassi prezzi di vendita della seta artificiale portarono la Snia a conquistare il 16% del mercato mondiale e ad un aumento del capitale ad 1.000.000.000 di lire, ma l’accaparramento delle azioni da parte di grandi gruppi finanziari e non dagli auspicati piccoli azionisti portò a speculazioni e ad una conseguente instabilità finanziaria.

Nel 1920 acquistò la palazzina in via Galliari a Torino (slide 14) che divenne la sua residenza, e quando la FIAT subì il tentativo di acquisizione da parte dei Perrone di Genova si schierò a fianco di Giovanni Agnelli condividendo il pacchetto di controllo, acquistando con lui La Stampa e parzialmente la Gazzetta del Popolo.

L’anno successivo, a 41 anni, divenne vicepresidente della FIAT e con l’amico Agnelli si assicurò la Banca Agricola Italiana, oltre ad acquisire personalmente la fabbrica automobilistica SPA e la piccola azienda chimica Rumianca che accrebbe rapidamente indirizzandone con preveggenza i prodotti dalla soda caustica ai fertilizzanti, alla plastica ed ai solventi. Fece costruire l’Ippodromo di Mirafiori. 

Nel 1923 concepì il futuristico progetto della cosiddetta TMG (Torino, Milano, Genova) (slide 15) che prevedeva uno sviluppo industriale di quest’area organizzato attorno alla costruzione di una rete auto-stradale che collegasse queste tre città con linea ferroviaria a separare le carreggiate, giungendo a studiare apposite vernici ferroviarie per ridurre l'attrito. Il progetto, cui si interessarono anche gli svizzeri disposti ad un finanziamento di 1,5 miliardi di lire, venne abbandonato per la ferma opposizione di Mussolini.

Deluso da questa opposizione si dedicò alla finanza divenendo azionista di maggioranza di moltissime imprese italiane ed estere, fondò l’azienda dolciaria Unica (che divenne poi la florida Venchi Unica) (slide 16) e si dedicò ad investimenti nell’edilizia comperando edifici a Parigi.

Riccardo Manzini

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Articolo pubblicato il 08/07/2022