Costantino, il Musinè e la visione

Di Michele Tosca - Prima parte

È il settembre del 312 d.C. e, nei pressi di Susa, Flavio Valerio Aurelio Costantino, il futuro Costantino I, sta per combattere la “Battaglia di Torino” (1), scontrandosi con Massenzio, suo rivale per il titolo di Imperatore romano, e figlio di Massimiliano Erculeo, il comandante romano responsabile dello sterminio dei militi della Legione Tebea, uccisi perché si rifiutarono di andare in Gallia a perseguitare cristiani.

Sembra il destino a far incontrare questi due condottieri che saranno ricordati nella storia del Cristianesimo per motivi opposti. L’uno come figlio di un crudele omicida di soldati cristiani, l’altro come l’imperatore che farà divenire il Cristianesimo la religione di Roma. Ed è proprio in quei giorni che in Val di Susa, accade un episodio che la storiografia scolastica attribuisce alla battaglia di Ponte Milvio del 28 ottobre 312, nei pressi di Roma.

Si narra che qui apparve a Costantino una croce all’interno di un sole splendente, il chi-rho (una croce a 6 braccia), che poi lui ordinò di dipingere sugli scudi dei soldati. Ma in realtà la celebre visione avviene alle pendici del Monte Musinè (2), nello scenario naturale, la Val di Susa, in cui si prepara la battaglia tra i due condottieri. Costantino è arrivato lì dalla Britannia, dopo aver attraversato il “Summas Alpes”, l’attuale Monginevro e, seguendo la Strada delle Gallie, è giunto a Segusia, l’attuale Susa. È a capo di un grande esercito formato da soldati romani, ma anche da barbari catturati in guerra, oltre a germani, celti e britannici, in tutto circa 90.000 fanti e 8.000 cavalieri. Qui giunto Costantino si accampa allo sbocco della Valle Doranea. E si prepara ad attaccare Susa, occupata dalle truppe di Massenzio.

Secondo la leggenda, il giorno precedente allo scontro finale, poco dopo mezzogiorno, Costantino, che sta rivolgendosi in preghiera alle divinità, vede nel cielo un incrocio di luci sopra il sole e una scritta con lettere di fuoco: “In hoc signo vinces” (3). Ed è proprio questo prodigioso avvenimento che lo convince a far combattere il giorno successivo i suoi uomini riportando sulle insegne militari e sugli scudi il simbolo che gli è apparso e che descrive come una croce nel sole (chi-rho) (4).

La battaglia si rivela vittoriosa e Susa viene conquistata, ma quando nella città invasa iniziano incendi e razzie da parte dei soldati, Costantino, saggiamente, ordina di sospendere i saccheggi e spegnere gli incendi, per non attirarsi l’odio delle vicine popolazioni. Quindi il futuro imperatore si dirige verso Augusta Taurinorum (Torino), dove si trova l’esercito di Massenzio, risalendo l’antica Via Cozia, (5) e passando accanto monte Pirchiriano (dove oggi c’è la Sacra di San Michele) e, probabilmente, schiera i suoi uomini vicino alla collina di Rivoli per poter osservare i movimenti delle truppe nemiche: 100.000 uomini schierate nel “Taurinatibus Campis”, un quadrilatero compreso tra Rivoli e Alpignano.  

Probabilmente la prima parte della battaglia avviene lungo l’attuale Corso Francia, o al confine fra Collegno e Grugliasco. Costantino, che è un abile e consumato condottiero, sfrutta a suo vantaggio la conformità del terreno, riuscendo a sconfiggere l’avanguardia delle truppe di Massenzio, che arretrano attraversando “Ad Quintum” (Collegno) fino ad arrivare alle mura della Porta Segusina o Decumana (6) della città di Torino, dove vengono soccorsi dall’esercito inviato da Ruricio Pompeiano, prefetto pretoriano di Massenzio, dotato di un forte contingente di cavalleria (clibanari e catafratti).

E qui Costantino dimostra nuovamente le sue capacità strategiche: accortosi che la cavalleria di Massenzio avanza in formazione a cuneo, ordina al proprio centro di arretrare e di lasciar avanzare i cavalieri, in modo che i fianchi del suo esercito si possano chiudere sul nemico. I cavalieri di Massenzio hanno un equipaggiamento pesante, e non sono in grado di manovrare con rapidità contro la sua cavalleria armata “leggera”, e di conseguenza maggiormente mobile. Inoltre, Costantino ha dotato i suoi uomini di mazze chiodate che, essendo molto contundenti, rendono poco efficace la corazza pesante dei cavalieri avversari. Quando la vittoria si prefigura, Costantino, ordina ai suoi soldati di avanzare per tagliare la via di fuga al nemico. 

Visto l’esito della battaglia e temendo un assedio gli abitanti di Torino si rifiutano di dare asilo alle truppe in ritirata di Massenzio, chiudendo loro le porte di accesso alla città. Al contrario accoglieranno festanti le truppe di Costantino, dopo che queste hanno trucidato i soldati di Massenzio, intrappolati contro le mura.

E se, come afferma lo storico torinese Alessandro Barbero, la vita del noto imperatore romano è stata una “marcia verso oriente” – partita da Eburacum (York) e conclusasi presso l’attuale Istanbul – è importante sapere che la parte italiana di tale marcia è iniziata in luoghi a noi noti e che fanno parte della nostra quotidianità.

Dopo la battaglia, Costantino entra in città per essere acclamato dai suoi abitanti; inoltre, appena giunta la notizia molte città padane gli inviano rappresentanze per congratularsi con il vincitore e inneggiare alla “Vittoria Augusta”, riconoscendo sia la forza militare di Costantino che la saggezza sul come ha trattato la popolazione civile.

Prima di partire verso Roma, Costantino pone parte del suo esercito, i Dalmati Divitensi, a guardia della città e degli sbocchi dei passi alpini. La vittoria della battaglia di Torino sarà molto importante e permetterà a Costantino la conquista dell’Italia e la conclusione della guerra civile romana iniziata nel 306 d.C.

Ma torniamo all’episodio della visione di Costantino. Il fatto è talmente noto e tramandato che per ricordare a tutti quell’apparizione, nel 1901, sul Monte Musinè, al disopra del sarebbe avvenuta l’apparizione, venne edificata una gigantesca croce, visibile da tutta la pianura torinese, sulla quale vi è una piastra con la seguente scritta:

IN HOC SIGNO VINCES

A PERPETUO RICORDO DELLA VITTORIA DEL CRISTIANESIMO CONTRO IL PAGANESIMO RIPORTATA IN VIRTÙ DELLA CROCE NELLA VALLE SOTTOSTANTE IN PRINCIPIO DEL SECOLO IV

SUA MAESTÀ IL RE VITTORIO EMANUELE III -MARCH. MEDICI SEN. DEL REGNO CONT. CARLO E CONT. GIULIA CAYS DI CASELETTE

Michele Tosca

Fine Prima Parte - Continua

Note

(1) La battaglia di Torino fu combattuta nel 312 nei pressi di Augusta Taurinorum tra le forze di Costantino I e quelle del suo rivale per il titolo di imperatore romano, Massenzio. Costantino vinse, muovendosi poi verso Mediolanum e verso Verona e, infine, presso Roma, dove avrebbe sconfitto in maniera decisiva Massenzio nell’ottobre dello stesso anno, nella battaglia di Ponte Milvio.

(2) Leggende differenti collocano l’episodio dell’apparizione in altri luoghi, sempre però durante la campagna di Costantino contro Massenzio, in accordo col vescovo Eusebio di Cesarea, stretto collaboratore di Costantino, che però non indica con chiarezza il posto in cui sarebbe avvenuto il miracolo. Secondo il racconto di Eusebio, Costantino si orientò verso il cristianesimo, quando ancora si accingeva a venire a Roma per combattere contro Massenzio. Rivoltosi in preghiera alla divinità, poco dopo mezzogiorno fu testimone, lui e il suo esercito, di un evento celeste prodigioso, l’apparizione appunto di un incrocio di luci sopra il sole e della scritta in greco “Εν Τουτω Νικα” (letteralmente: “con questo vinci”) cfr. Eusebio di Cesarea, Vita Constantini 28.

(3) In hoc signo vinces è una frase latina, dal significato letterale: «con questo segno vincerai».

(4) In realtà, alcune studi più recenti riportano la teoria secondo cui il segno che Costantino avrebbe visto e che avrebbe fatto riportare sulle insegne militari e sugli scudi potrebbe essere stato la stilizzazione del simbolo della celebre divinità pagana del Sol Invictus. Cfr Michele Tosca, Quando i cristiani perseguitarono i pagani. La storia nascosta del cristianesimo violento, Editore Chiaramonte, 2011.

(5) La via Cozia (altro nome della via delle Gallie) era un’antica strada romana che congiungeva Augusta Taurinorum (oggi Torino) con Vapincum (Gap, in Francia), risalendo la Val di Susa, attraversando le Alpi al Monginevro, e quindi discendendo la valle della Durance. Parte del tracciato si sovrappone al tratto montano della via Domizia.

(6) Oggi è piazza Savoia che anticamente era la porta occidentale (la “Decumana”) al fondo del decumano maximo (attuale via Garibaldi), che portava direttamente alla strada delle Gallie, e appartenente alla primitiva cinta romana della città romana III secolo.

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Articolo pubblicato il 12/08/2022