La decrescita (felice?)

Secondo quanto ci viene suggerito dai media, il nostro benessere è legato alla minore o maggiore crescita del PIL, il Prodotto Interno Lordo della nostra nazione. Tuttavia, in un famoso discorso che tenne alcuni mesi prima di essere brutalmente assassinato, Robert Kennedy faceva notare di come il PIL fosse composto da tutta una lunga serie di cose (molte delle quali violente e altre altamente inquinanti) ma non misurasse ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta: educazione, gioia, poesia, intelligenza, coraggio, saggezza, conoscenza, compassione.

 

Eravamo già in piena espansione dell’“era consumistica” e nel 1972 venne pubblicato il “Rapporto sui limiti dello sviluppo”, uno studio scientifico che individuava nella crescita economica la principale causa di problemi ambientali come l'inquinamento, la scarsità delle materie prime e la distruzione degli ecosistemi.

Nacque allora un approccio alla vita che prese poi il nome di Decrescita, e che in Italia originò il “Movimento per la decrescita felice”, di cui Serge Latouche fu grande teorico e il più noto rappresentante.

 

È sotto gli occhi di tutti che l’“era consumistica” ha lasciato dietro di sé una serie di problemi ambientali ormai sfuggiti non solo al nostro controllo, ma anche al nostro intervento. La nostra società non è stata capace di applicare volontariamente alcun suggerimento del movimento della Decrescita e si trova oggi a fronteggiare uno scadimento del proprio livello di benessere drastico e del tutto incontrollato, poiché il nostro (invero poco amato) pianeta ci sta inderogabilmente presentando il conto.

Una decrescita decisamente in-felice, insomma.

 

Ebbene, cosa c’entra tutto questo con Esoterico Quotidiano?

Proviamo a leggere quanto sopra facendo dei riferimenti alla nostra vita personale.

La nostra esistenza quotidiana è cosparsa da qualche forma di delirio consumistico?

Abbiamo progettato il nostro futuro pensando a una crescita costante del nostro livello di benessere, anche se questo dovesse andare a scapito di qualche altro elemento della collettività?

Abbiamo accolto le restrizioni che il periodo di lockdown recentemente vissuto comportavano con fastidio, se non addirittura risentimento o rabbia?

Sono solo piccoli esempi di come ciascuno di noi, nel suo piccolo, conduca una vita non troppo distante (o non del tutto distante) da quella che ha determinato in grande il preoccupante stato attuale della nostra civiltà.

E siamo tutti coinvolti, chi più chi meno.

 

Scendendo più in profondità, quali sono i moventi interiori che determinano tali comportamenti?

Per quanto le motivazioni personali di ciascuno di noi siano particolari, in generale possiamo dire che il mettere il nostro io e la sua soddisfazione al centro del mondo è una radice abbastanza comune a tutti.

È un impulso così naturale, in noi, che (forse) nemmeno ce ne rendiamo conto!

È come se vivessimo ancora idealmente nel sistema tolemaico invece che in quello copernicano (vedi “Il punto di vista”). Tuttavia, noi non siamo al centro del mondo, ne facciamo tuttalpiù parte, all’interno delle comunità di vario tipo (famiglia, ambiente di lavoro, società, nazione, popolo, razza, umanità) a cui partecipiamo.

 

Passare dalla prospettiva tolemaica a quella copernicana in un sol colpo è veramente difficile.

Non in teoria, poiché la realtà di quanto sto mostrando è sicuramente evidente a ciascuno di voi.

È nella pratica quotidiana che “casca l’asino”, che dobbiamo subire la tirannia del nostro io e delle sue innumerevoli esigenze. E l’io cerca di crescere, sempre. Come il PIL.

Vedete come la decrescita (così indispensabile per la salute del nostro pianeta) sia l’unica strada anche per noi?

Ne parlavamo già in un recente articolo (vedi “Identità”): non abbiamo alcun bisogno di aggiungere cose, né alla nostra vita né a noi stessi. Nel blocco di marmo della nostra individualità è celata un’opera d’arte, a noi spetta il compito di liberarla dalla materia in eccesso.

 

Come fare?

Chi frequenta questo blog da un po’ di tempo sa che non fornisco mai ricette, non tocca a me (né credo peraltro tocchi ad alcuno).

Posso offrire qualche suggestione, questo sì, e mi viene in mente in proposito una bella storiella che fa parte del libro di Nyogen Sensaki e Paul Reps, “101 storie Zen”.

 

Hotei visse al tempo della dinastia T’ang. Non aveva alcun desiderio di definirsi maestro di Zen né di radunare molti discepoli intorno a sé. Girava per le strade con un grosso sacco di tela pieno di canditi, frutta e frittelle dolci da dare in regalo e li distribuiva ai bambini che si raccoglievano intorno a lui per giocare. (…)

Una volta, mentre era intento al suo lavoro-gioco, passò un maestro di Zen e gli domandò: «Qual è il significato dello Zen?».

Per tutta risposta, Hotei posò immediatamente il sacco a terra.

«Allora – domandò l’altro – qual è l’attuazione dello Zen?».

Subito Hotei si rimise il sacco in spalla e continuò per la sua strada.

 

Siamo capaci di mettere il nostro io fuori gioco, anche solo per un attimo, un minuscolo attimo?

Il Mistero della Decrescita Felice si schiude davanti alla nostra coscienza a partire da quel minuscolo attimo di libertà interiore.

 

Fonte: www.esotericoquotidiano.it

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Articolo pubblicato il 13/10/2022