Il rifugio della regina: Castel Savoia a Gressoney
Castel Savoia come si mostra oggi

Di Alessandro Mella

In uno studio di qualche tempo fa parlammo dei monumenti eretti a Gressoney in ricordo delle frequenti visite della famiglia reale italiana in quella bella comunità alpestre. La regina Margherita ed il re Umberto I, in particolare, furono assidui frequentatori della zona e nel 1889 lei vi soggiornò con il principe di Napoli Vittorio Emanuele, ospiti del barone Peccoz. (1)

Tanto piacque a lei che ad un certo punto decise di farsi realizzare, in loco, una casa per la villeggiatura.

Umberto non parve convinto della scelta prediligendo il castello paterno di Sarre più comodo per l’arte venatoria ma, forse anche per farsi perdonare qualche peccatuccio extraconiugale, finì per lasciarla fare.

In un felice angolo, dal magnifico panorama, detto non a caso Belvedere, nel 1899 iniziarono i lavori che si protrassero fino al 1904 quando Margherita prese, ormai regina madre e vedova, a soggiornarvi periodicamente.

I lavori furono progettati da Emilio Stramucci.

L’arrivo di Margherita per i suoi periodi di vacanza corrispondeva a stagione felice per Gressoney dal momento che la sua presenza procurava lavoro per tutta la comunità nonché l’affluire di numerose persone al suo seguito o desiderose di farle visita in quella sua residenza montana che, obbiettivamente, prese il nome di Castel Savoia pur essendo in verità un palazzo signorile.

Curato nei minimi dettagli, compresi i decori ed i riferimenti araldici, dalla stessa Margherita, la quale frequentò volentieri il luogo per tutta la sua vita. Alla sua scomparsa, nel 1926, la casa restò per qualche tempo in attesa di futuro finché non fu acquistata dal benestante imprenditore lombardo Ettore Moretti nel 1936 i cui successori finirono, in ultimo, per cederlo alla regione Valle d’Aosta nel 1981. (2)

Stramucci volle, al tempo della progettazione, immaginare un palazzo con torri, medievaleggiante, in armonia con il contesto montano tanto nelle forme che nella struttura, per lo più realizzato con materiali locali come la pietra estratta a Chiappey di Gressoney, a Gaby ed a Vert di Donnas. Carlo Cussetti curò gli abbellimenti e decori interni mentre Michele Dellera si dedicò alla realizzazione del mobilio richiamante a sua volta i fasti medievali di un territorio ricco di castelli antichi e di memoria storica.

Al piano terreno si trovavano i locali di accoglienza e da “vivere” nel corso della giornata compreso l’angolo della lettura con vista incantevole sul Monte Rosa.

Salendo lungo lo scalone ligneo, decorato con motivi araldici, si raggiungeva il piano nobile con gli appartamenti della regina e dei reali mentre all’ultimo piano trovavano posto quelli della corte, dei gentiluomini e delle figure di una certa importanza.

Tutto il complesso, con le sue armonie di forme e colori, con il suo giardino roccioso, trasmetteva e trasmette un senso di entusiasmo e di serenità ed è ricco di riferimenti araldici che richiamano le tradizioni e memorie della millenaria dinastia sabauda.

Al momento Castel Savoia è visitabile con un percorso condotto da guide molto appassionate e preparate che permettono di calarsi nelle atmosfere di quel tempo lontano quando il palazzo si riempiva di letterati, cortigiani, generali, principi e tanto altro ancora:

Gli ospiti della Regina Margherita. Ci telegrafano da Gressoney, 18, ore 23: È qui giunto il senatore Blaserna, vice-presidente del Senato e presidente dell'Accademia dei Lincei. Egli ha preso alloggio, come al solito, all’Hotel de Lapierre, ma, come gli altri anni, sarà quasi ogni giorno ospite della Regina Margherita al suo castello Savoia, compiacendosi assai la Regina della conversazione col venerando e dotto senatore. (3)

Ma soprattutto della presenza della più grande e magnifiche delle regine: l’intramontabile ed eterna Margherita!

Alessandro Mella

NOTE

1) La Patria – Geografia dell’Italia, Volume II, Provincia di Torino, Gustavo Strafforello, Utet, Torino, 1891, p. 210.

2) La Stampa, 28, Anno CXV, febbraio 1981, p. 27.

3) Ibid., 230, Anno XLII, 19 agosto 1908, p. 2.

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Articolo pubblicato il 30/11/2022