Il Club di Shanghai e l'Iran che diventa Persia
Shanghai Cooperation Organization

Scopriamo cos'è il Gruppo di Shanghai e le possibili ripercussioni sul governo iraniano

L'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai è un organismo intergovernativo fondato il 14 giugno 2001 dai capi di Stato di sei Paesi: Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan.

Questi paesi, con l'eccezione dell'Uzbekistan, facevano già parte dello Shanghai Five (noto in Italia come Gruppo di Shanghai). Dopo l'adesione dell'Uzbekistan, nel 2001, i membri dell'organizzazione decisero di cambiarne il nome in quello attuale.  

Come sopradetto, inizialmente era il Gruppo di Shanghai (o Gruppo dei Cinque – “Shanghai Five”); fu fondato nel 1996 a Shanghai, da cui prende il nome, e suggellato con la firma del Trattato per il rafforzamento dell'appoggio militare nelle regioni di confine da parte dei capi di Stato di Kazakistan, Cina, Kirghizistan, Tagikistan e Russia.

Tuttavia, va precisato che la Sco non è una Nato dell'Eurasia, bensì un'organizzazione economica di cui l’Europa occidentale dovrebbe interessarsi, soprattutto per potenziare i propri scambi commerciali e garantire maggior stabilità nella macroarea euroasiatica.

Nel 2001 la Cina, precisamente Shanghai, tornò ad ospitare l'incontro annuale. Fu durante questo incontro che i cinque stati membri optarono per l'inclusione dell'Uzbekistan, dando vita così al Gruppo dei Sei.

La linea d'azione dell'Organizzazione per la Cooperazione è fortemente influenzata dalle preoccupazioni espresse dai paesi membri dell'Asia centrale relativamente alla sicurezza, identificando nel terrorismo, nel separatismo e nel fondamentalismo le principali minacce alla loro esistenza. Oltre a questo, ci è chiaramente la cooperazione economica fra i Paesi dell’Organizzazione.

La cooperazione culturale è un'altra delle prerogative dell'Organizzazione per la cooperazione. I ministri della cultura degli stati membri si sono incontrati per la prima volta a Pechino il 12 aprile 2002, sottoscrivendo una dichiarazione d'intenti per la continuità della cooperazione. Durante il vertice di Astana, nel 2005, ha avuto luogo il primo Festival delle Arti.

Afghanistan, Bielorussia e Mongolia sono Stati osservatori. Nel 2004 la Mongolia è stata la prima nazione a vedersi assegnato lo status di osservatore, durante il vertice di Tashkent. Il 5 luglio del 2005, ad Astana, è stato poi il turno di Pakistan, India e Iran. I Paesi membri e osservatori insieme rappresentano il 40% della popolazione e il 25% del pil mondiale.

Nel corso dell’ultima riunione della Shanghai cooperation organization, l’Iran ha firmato un memorandum che entro un anno lo farà entrare a far parte dell’organizzazione. È un’attestazione di una vicinanza inedita tra Teheran e i due “pesi massimi” della Sco, Russia e Cina.

I rapporti con Pechino risalgono al 1979, quando la Repubblica popolare cinese fu uno dei primi attori internazionali a riconoscere il governo iraniano, insediatosi dopo la rivoluzione islamica. Nel 1985 i due si accordavano per l’invio di missili cinesi all’Iran, alle prese con la sanguinosissima guerra con l’Iraq. Oggi il commercio trai due paesi ammonta a 20 miliardi di dollari e nel 2021 è stato raggiunto un accordo per ben 400miliardi di dollari in investimenti cinesi da qui a 25 anni.

I rapporti con Mosca non sono stati sempre cordiali. Durante la guerra con l’Iraq, l’Urss appoggiava infatti l’Iraq, a cui fece pervenire circa 30 miliardi di dollari in aiuti militari. Nel 1995 tuttavia l’Iran, isolato a livello internazionale, si rivolgerà alla Federazione per un aiuto cruciale, quello nel campo dell’energia atomica. Sarà Mosca a fornire materiali ed expertise per il nucleare civile iraniano.

I rapporti si intensificano con Vladimir Putin e soprattutto con la guerra in Siria, dove la collaborazione tra Iran e Russia sarà cruciale nel sostegno ad Assad. Una vicinanza certificata dall’invio di migliaia di droni iraniani (i famosi “droni kamikaze”) alla Federazione, a partire dai temili Shahed 136, per l’attuale conflitto in Ucraina.

Adesso le proteste che sconvolgono il regime iraniano rischiano di spingere ancora di più il paese nell’abbraccio delle due principali potenze nemiche degli Stati Uniti (Russia e Cina).

La teocrazia di Teheran farà di tutto per non tornare ad essere una "Persia filo-occidentale".  Come spesso accade, in termini di realismo tattico, l'alleanza con Pechino e Mosca sarà portata avanti più per necessità di avversare un comune nemico che non per affinità ideologiche, determinata anche dalla non volontà occidentale di trovare un compromesso con il regime teocratico sciita degli Ayatollah. Strada per altro mai battuta da nessuna delle due parti, con l’eccezione dell’ormai defunto accordo sul nucleare. Vista l'attuale instabilità dell'area, supportata dall'Occidente con il pretesto dei diritti delle donne; il rischio di escalation del conflitto anche in questa regione è fortemente possibile. Si delianeano sempre più gli aspetti di una guerra totale.

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Articolo pubblicato il 25/11/2022