Apollo tra sole e oscurità

Con Marco Maculotti alla scoperta de “L’Angelo dell’Abisso” (di Dario Noascone)

Per certi libri, parlare di semplice lettura è riduttivo. Alcuni testi posso essere più avvincenti di altri, ci offrono un coinvolgimento superiore, possono trasmetterci informazioni rilevanti, ma pochi si trasformano in vera esperienza di apprendimento, in trasmissione di sapere nel senso più completo del termine. Sono libri che alla componente razionale ne aggiungono una puramente emozionale: lo stupore della scoperta. Questo si verifica in rari casi, ma quando accade è inevitabile constatare che alla base di tutto si trova l’anima stessa dell’autore, che nella sua opera riversa non solo nozioni, ma amore per ciò che descrive, non semplici esposizioni di congetture ma il gusto per la ricerca e lo stupore del ritrovamento. In questi casi, emerge tutta la dedizione e l’energia che un autore riversa nel proprio lavoro.

Energia che riverbera sul lettore.

Ancor più raro è trovare siffatto libro in un ambito, quello dell’antropologia e storia delle religioni, che spesso produce tanto interessanti quanto iper-accademici trattati capaci di raffreddare anche il più motivato dei lettori.

Ebbene, il raro avvenimento ha preso forma col recente “L’Angelo dell’Abisso. Apollo, Avalon, il Mito Polare e l’Apocalisse” (edizioni Axis Mundi, 2022), lungo viaggio tra le epifanie di una divinità multiforme, Apollo, che si rivela ben distante dalle categorie statiche con cui, a colpi di nozionismo scolastico, l’abbiamo sempre conosciuto.

Audace autore è il ricercatore e scrittore Marco Maculotti, classe 1988, già ampiamente noto per la sua pagina web Axis Mundi, affascinante calderone ribollente di originali studi in tema di antropologia del sacro, storia delle religioni, simbologia ed esoterismo, che da poco tempo dà anche il nome ad una nuova realtà editoriale di cui quest’opera è uno dei primi frutti, unitamente a periodiche, intriganti monografie. In “L’Angelo dell’Abisso” Maculotti, che nonostante la giovane età dimostra una non comune dimestichezza con tematiche decisamente complesse, ci conduce agilmente attraverso tempi, luoghi e popoli, affrontando vicende sospese nel tempo mitico e offrendo punti di vista originali, fin dall’inizio dell’opera. Quanti di noi, tra quelli che almeno per un periodo nella vita hanno studiato filosofia, si sono immaginati quegli antichi sapienti quali austeri, barbuti dispensatori di massime, rimarranno basiti allo scoprire che alcuni di essi erano noti come iatromanti (veggenti-guaritori), sorta di antichi e potenti sciamani dai poteri straordinari…

Ci sarebbe da chiedersi quale impatto avrebbero sugli studenti, se descritti sotto questo aspetto. Proprio da queste figure, strettamente legate ad Apollo, prende le mosse l’approfondita indagine dell’autore che, a partire dal solco tracciato dall’inarrivabile Giorgio Colli, il quale proprio al Dio che presiede agli oracoli dedicò pagine rivelatorie, prende in esame le innumerevoli manifestazioni di divinità - in particolar modo in area europea – che in qualche modo ne ripropongono non solo i tratti, ma anche ne riprendono dettagli e contesti.

Di fronte al lettore si crea così una fittissima rete di interconnessioni simboliche, semantiche e linguistiche fatte di richiami fra tradizioni spesso molto distanti tra loro, dall’Oriente all’estremo Nord europeo, che restituiscono un ritratto assai più articolato del dio Apollo. Non più, o – meglio – non tanto divinità puramente solare, quanto potenza che concentra in sé gli opposti, un dio polare che porta in sé luce e oscurità, trasfigurazione di quell’alchemica “coincidentia oppositorum” che rivela due principi uniti e contrapposti in ogni ente.

Non una lettura facile, ma tutt’altro che tediosa. Un invito, anzi, a non abbandonare la curiosità che ci accompagna pagina dopo pagina. La stessa curiosità che, molto evidentemente ha stimolato l’autore a ricercare continui collegamenti tra varie figure divine e tradizioni religiose, che condividono tra loro non trascurabili dettagli.

Un incontro di Maculotti coi lettori, avvenuto a Torino lo scorso venerdì 11 novembre presso la storica libreria Arethusa, da sempre punto di riferimento per tutti gli appassionati di conoscenze oltre gli ordinari confini, è stata l’occasione per udire dalla viva voce dell’autore un avvincente sunto del percorso che l’ha condotto alla stesura de “L’Angelo dell’Abisso”.

Percorso che - curiosamente – trova una fiamma d’origine proprio in luoghi a noi vicini, in quella Sacra di San Michele dove – racconta l’autore - piccoli manufatti di cera d’api su una bancarella, raffiguranti San Michele Arcangelo, illuminano la connessione con Apollo, a cui le api erano sacre. E di legame in legame procede il libro: che si chiami Apollo, Phanes, Lug, o Belenus, questa figura possente racchiude in sé gli opposti principi della Vita, del fuoco che distrugge e allo stesso tempo vivifica, elemento rigenerante e purificatore. E proprio nell’Apocalisse di Giovanni – ci spiega Marco Maculotti – troviamo ancora traccia del potente dio.

Da qui deriva l’espressione che dà titolo al libro, quell’”Angelo dell’Abisso (...) il cui nome in ebraico è Abaddon, e in greco Apollion”. Qui emerge tutto il contrasto di questa figura – lasciamo ai lettori il piacere di scoprire in quale modo -, che da una parte è descritta come potenza oscura, e dall’altra condivide tratti con l’Arcangelo Michele. Sole e oscurità, vita e distruzione in eterno alternarsi secondo i cicli naturali, ai quali più volte Apollo è associato.

Un Dio i cui principi permeano la stessa Sapienza.

Giorgio Colli – ispiratore tutt’altro che occulto di quest’opera – utilizzò il termine “sapienza” per definire il corpus filosofico presocratico, e proprio introducendo il suo basilare “La sapienza greca” ci ricorda che “…Apollo è il dio della sapienza, in modo esplicito e pacifico. Difatti il conoscere tutto, […] spetta soltanto alla divinazione, nella sfera arcaica, e quest’arte è concessa da Apollo”. Ecco il motivo per cui la connotazione di “iatromante” attribuita a numerosi presocratici assume un significato che va ben oltre la superstizione religiosa, e si connette strettamente col concetto stesso di Sapienza attraverso l’esperienza della veggenza. Forse non è un caso che il suo nome riemerga proprio – come abbiamo già visto – nell’Apocalisse, libro che dalla veggenza di origine divina prende la sua essenza. Da questo principio si muove il lavoro di Maculotti, grazie al quale scopriamo che Apollo, il dio che presiede agli oracoli, si manifesta nelle principali culture del mondo antico – greca, orientale, celtica, germanica, romana… - attraverso trasfigurazioni non sempre evidenti ma chiaramente connotate, fino a costituire un vero e proprio archetipo indoeuropeo.

Leggere “L’Angelo dell’Abisso”, cogliere quel sottile filo che collega terre diafane, isole ammantate di mistero, divinità che nella loro potenza e nei loro contrasti manifestano le dinamiche e i principi della vita stessa, è un’esperienza che ricorda da vicino un’altra lettura fondamentale, quel “Il Mulino di Amleto” di Giorgio De Santillana e Hertha Von Dechend che ha definitivamente modificato il modo di approcciarsi alla mitologia, uscendo dai recinti delle singole civiltà e cogliendo quei frammenti di sapienza che hanno attraversato la storia di tutta l’umanità, mantenendo inalterato il loro affascinante mistero. Oggi, con “L’Angelo dell’Abisso”, possiamo nuovamente rivivere quella vertigine.

Dario Noascone

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Articolo pubblicato il 03/12/2022