Lettera al direttore: Finalmente si ricostruirà la Provincia

Negli anni scorsi ci siamo battuti contro le insensatezze delle Legge Delrio che ha abolito le province, lasciando allo sbando le aree più vulnerabili del Territorio, non più tutelate dall’intervento delle Amministrazioni provinciali, in primis per la manutenzione delle strade ed il mantenimento delle scuole.

Se lo Stato intendeva razionalizzare le istituzioni periferiche, a nostro avviso, avrebbe dovuto abolire le Regioni, rivelatesi costose, pletoriche e non di riscontrata utilità. Ospitiamo con piacere la lettera di tre ex amministratori delle Provincia di Cuneo, condividendo l’auspicio di un prossimo ripristino delle rappresentanze provinciali elettive.

 

“Egregio Direttore,

alcuni di noi che hanno operato negli anni passati in Provincia a Cuneo (Chiarenza, Russo, Anello), e altri che come amministratori locali ne hanno perorato il ruolo di rilievo (Giordana di Valdieri, Mottinelli di Ceva, Occelli di Savigliano, Tassone di Peveragno) sono stati i primi – coerenti con le tesi costituzionali sempre sostenute dalla Destra – a denunciare l’errore politico e amministrativo di eliminare dal sistema delle autonomie le Province.

 

Noi di Fratelli d’Italia eravamo “voce che grida nel deserto”; solo la Lega Nord ci affiancò nell’opposizione alla riforma Delrio varata nel 2014 dal governo Renzi di centrosinistra.

 

In questi anni sono stati innumerevoli e costanti da parte nostra gli appelli, le indicazioni, i messaggi per la rifondazione delle Province. Alla fine del 2019 abbiamo inviato agli esponenti politici piemontesi una relazione per proporre di “ricostruire e accorpare le Province, per ridare il voto ai cittadini ed eleggere direttamente il Presidente e i Consiglieri provinciali”.

 

Sulla necessità di tenere in vita le Province, in passato le parti politiche hanno invertito le loro posizioni, e poi addirittura mescolate: negli anni ‘70 e ‘80 era il partito comunista che le voleva abolire, poi negli anni ‘90  e Duemila ci fu la corsa a costituirne di nuove per ragioni partitocratiche e clientelari, passando da 95 a 110.

 

Prima il Movimento Sociale Italiano e dopo Alleanza Nazionale e la Lega furono gli unici ad opporsi al disegno di abolire l’Ente Provincia. Invece, Forza Italia e la Confindustria, nell’ambito della riforma federalista impostata solo su Regioni e Comuni, hanno sostenuto nella campagna elettorale del 2008  la tesi della loro abolizione.

 

Il Pd e poi i 5Stelle ne hanno fatto un obiettivo propagandistico per la riduzione dei costi della politica.

Con la legge Delrio partiti ed organi di informazione governativi, di fronte alla opinione pubblica stremata da corruzione, sprechi e privilegi, ridotta a pensare che l’eliminazione di strutture dello Stato fosse ormai auspicabile, hanno trovato conveniente l’alibi della eliminazione delle Province, anziché accorparle o ridurle e renderle più funzionali.

Ma di fatto, in mancanza di progettualità lungimirante per la riforma degli Enti locali, e anche per ragioni di potere politico, le Province sono rimaste in piedi, ma le si sono ridotte in stato comatoso. Sono state tolte risorse e allontanati dipendenti di esperienza e competenza. I risparmi sulla spesa globale sono stati modesti, tali da non valere lo scopo propagandato.

 

E’ stato un grave errore abolire la Provincia, una forma di organizzazione decentrata del territorio che appartiene alla storia del nostro Paese. Questo Ente intermedio fra Regione e Comuni, riconosciuto dalla Costituzione, ha un forte radicamento territoriale ed ha avuto un ruolo essenziale di programmazione fra soggetti pubblici e privati, e di sviluppo economico.

 

Nel sistema delle autonomie la Provincia argina i rischi del centralismo regionale, che rivela una insensibilità politica e una non conoscenza o lontananza dai problemi della periferia che ricadono sensibilmente sui piccoli Comuni.

 

Altresì la Provincia favorisce la collaborazione tra aree confinanti che non sempre appartengono alla medesima Regione. Inoltre, si è persino privato i cittadini del diritto di andare a votare il presidente della Provincia e i consiglieri provinciali.

 

Con questa nuova espropriazione della democrazia partecipativa si è, tra l’altro, impedito che qualificati esponenti della politica locale e della società civile potessero essere eletti in Consiglio provinciale, per affidare questa possibilità solo ai consiglieri comunali in carica.

 

Finalmente ora da più parti e da uno schieramento politico ampio e trasversale, si riconosce la necessità di ridare vita piena a questo Ente locale. Non una restaurazione in nome della “nostalgia”, come dice qualche superficiale commentatore, ma della rappresentazione politica dei cittadini e di servizi indispensabili all’area vasta, con numero di dipendenti e Consiglieri rapportati all’estensione territoriale.

 

Abbiamo anche notizia che in tempi brevi il ministro Calderoli presenterà una legge di riforma. Mettiamo comunque le mani avanti per ricostruire la Provincia: bando alle alchimie partitiche. Soprattutto per la carica di Presidente è imprescindibile ricercare personaggi di prestigio e di valore, eventualmente appartenenti alla più esperta generazione politica trascorsa o magari a quella emergente.

Ringraziamo per la pubblicazione.”

 

Paolo Chiarenza, Guido Giordana, Enzo Tassone

       

       

       

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 03/01/2023