Il Paradiso degli orsi

L'origine dell'uomo raccontata da Chicca Morone e illustrata da Chiara Rota

C’era una volta un orsetto che viveva in un posto bellissimo, una specie di paradiso terrestre in cui poteva giocare con fratelli e amici senza essere disturbato.

Mamma orsa era molto apprensiva e gli raccomandava ogni giorno di non allontanarsi troppo dalla tana perché i pericoli erano ovunque… era giovane, inesperto della vita e, per quanto molto dotato dell’istinto di sopravvivenza, non ancora in grado di discernere bene e male così chiaramente: ciò che apparentemente poteva sembrare un grande divertimento, all’improvviso, si sarebbe potuto mutare in difficoltà di proporzioni insospettabili.

 

L’orsetto era vivace, allegro, indipendente e pieno di energia per cui sapeva correre verso la vetta della montagna e arrivare - naturalmente di nascosto - fino al ghiacciaio, mentre mamma orsa era alla ricerca del cibo: era diventato amico di più di una marmotta con cui faceva a gara nella discesa libera…

 

Un vero e pericoloso divertimento vista la quantità di sassi e sterpi lungo la montagna: mai avrebbe confessato le sue scorribande, perché aveva ben presente quanto poco sarebbe stato piacevole incorrere nelle ire della mamma.

 

Una volta un bel lupotto si era avvicinato fiducioso per giocare con lui e lei gli era piombata addosso con una zampata micidiale… un gesto sconsiderato ed eccessivo, visto che non erano malvage le intenzioni di quella povera bestia! Eh, sì, mamma orsa non era per nulla socievole con gli altri abitanti della valle, le tenerezze le dedicava solo a lui!

 

E dire che si respirava un’aria così leggera, frizzante, stimolante e nello stesso tempo rassicurante… perché mai disturbarsi ad aggredire altri esseri senzienti se nessuno di questi aveva mai dato segno di aggressività nei loro confronti?

 

Anzi, gli animali che popolavano la vallata erano tutti amici e avevano nei loro confronti quella tenerezza che li rendeva immuni dalle aggressioni.

Persino quella vipera in cerca di guai aveva dovuto ritirarsi in buon ordine quando la zampa sollevata dell’orsetto aveva indicato la possibilità di una difesa sicuramente letale per lei.

 

Stambecchi e camosci si divertivano ad assistere ai giochi dei due amici e più di una volta le poiane che volavano alte nell’azzurro, erano scese in picchiata per sfiorare il pelo morbido degli orsetti, senza il minimo desiderio predatore. 

 

L’orsetto era abituato a giocare in quel grande prato che si estendeva nella vallata: un luogo magico che profumava di pulito, di erba tenera e morbida, quasi fosse un cuscino per le mille capriole che durante il giorno lui aveva fatto.

 

Era divertentissimo correre a quattro zampe per raggiungere la cima del pratone per poi iniziare il lungo rotolare in discesa e gareggiare con Orsetta - sua amica di bricconate dalla più tenera età - contando il numero di giri su se stessi senza mai fermarsi… uno dopo l’altro anche se a un capogiro ne seguiva un altro e il cuore batteva ogni volta più forte. E arrampicarsi sui rami più alti facendo l’asse d’equilibrio? Ah se mamma orsa li avesse visti!

 

Così, quella volta, all’imbrunire e arrivato all’ultima capriola rincorrendo una farfalla dalle ali colorate, l’orsetto si era reso conto di non avere idea di come tornare nella tana…

 

Lontano sentiva il richiamo di mamma orsa, ma le orecchie pulsavano e non era in grado di trovare la giusta direzione: rimpiangeva le sere in cui, tra le tenere braccia di mamma orsa, si era sentito sicuro e per nulla intimorito dalla notte che sopraggiungeva.

 

Orsetta aveva i lacrimoni negli occhi e non piangeva soltanto per non affliggere ancora di più l’amico, ma anche lei temeva il buio e la notte: per gli animali notturni, loro due spersi chissà dove, erano un bocconcino niente male.

 

Improvvisamente davanti a loro era comparsa una signora, vestita con una tunica celeste dai mille luccichii: una signora dallo sguardo strano e un sorriso dolcissimo, che si era seduta fra di loro sussurrando parole incomprensibili dalla vibrazione particolare, quasi gutturale nel pronunciare la erre.

 

L’orsetto aveva subito ricordato le parole di mamma orsa “Attento, quel che può sembrare un bellissimo momento, un attimo dopo può diventare il suo contrario”.

“Ma no, quel che solo poco tempo fa mi appariva terribile come l’esserci persi lontano dalla tana ora può essere l’inizio di un nuovo modo di essere…” aveva pensato nell’attimo stesso in cui la donna toglieva dalla sacca la bacchetta luccicante e avvolgeva i due orsetti in una luminosa polvere dorata.

 

 

“Ecco, siete umani! La vostra gioia di vivere e la semplicità che avete dentro di voi vi hanno reso liberi e indipendenti: da voi nasceranno altri esseri umani dal cuore grande e il dono di saper ascoltare la voce della Natura, rispettandola e diventandone i suoi custodi”.

 

Lontano la voce di mamma orsa aveva gridato il suo dolore per l’impossibilità di raggiungere il cucciolo mentre gli orsacchiotti assistevano al mutamento dei loro corpi che perdevano il pelo, le zampe si allungavano e il musetto diventava un volto dai lineamenti perfetti.

 

Sì, erano diventati un uomo e una donna!

 

Fu così che nacquero i progenitori degli abitanti di quel villaggio arroccato ai piedi delle montagne: uomini e donne che ancora oggi custodiscono il segreto della loro terra e legati al ricordo di mamma orsa.

 

Venne poi il tempo in cui un monaco irlandese varcando le Alpi scese tra di loro e si dedicò alla cura dei più umili, rendendo così quel luogo magico famoso per le guarigioni non solo del corpo, ma soprattutto dell’anima: attraverso il contatto profondo tra il mondo animale e quello vegetale Cogne risulta oggi essere un “angolo di Paradiso”, cioè l’Angolo del Gran Paradiso.

 

Illustrazioni: Chiara Rota

 

 

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 07/01/2023