Il soldato valdostano: Un monumento in Aosta

Di Alessandro Mella

Percorrendo la via principale di Aosta, proseguendo fino all’antica piazza Carlo Alberto (oggi piazza Emilio Chanoux) si arriva proprio nel punto principale della città ove sorge, di fronte al municipio, il monumento ai caduti edificato nel 1924 e realizzato dallo scultore Pietro Canonica.

Nel dopoguerra, ovviamente, il significato originale, legato alla memoria dei morti nel conflitto 1915-1918, fu esteso ai defunti di tutti i conflitti che avevano lacerato terribilmente il Novecento e la storia d’Italia.

Curiosamente questo monumento mostrava due significati in apparente contrasto, da un lato la statua dell’alpino in partenza per la guerra e dall’altro il bassorilievo con il ritorno alle contrade dei reduci vittoriosi annuncianti, con il loro rientro, la vittoria e la pace faticosamente conquistate.

A sancire maggiormente il senso del “conflitto vittorioso” fu posto un arco a copertura del bassorilievo stesso.

Alla base si nota il mosaico con lo stemma araldico del comune, il quale fu munito, al tempo, del “campo del fascio” previsto dall’araldica di regime. Successivamente, dopo il 1945, questo dettaglio fu rimosso e per quanto possibile censurato.

Sul basamento sono poste le date dell’inizio e della fine del coinvolgimento italiano nei due grandi conflitti mondiali. In cima una bronzea bandiera, lacerata dai combattimenti e dalla furia della battaglia, domina l’opera.

La memoria collettiva ha un poco rimosso il grande vento che si tenne in occasione dell’inaugurazione quando la città imbandierata accolse Emanuele Filiberto, duca d’Aosta, soldato invitto, che, come comandante della Terza Armata, tanto aveva contribuito alla vittoria del 1918:

Seguito dalle Autorità il Duca d'Aosta lascia poi la tribuna d'onora e si reca a visitare il monumento. Lo accompagna il comm. Canonica che dettagliatamente illustra la sua opera.

Il monumento ha per base un blocco di granito del Monte Bianco.

Sul granito si appoggia un grande arco trionfale di marmo rossigno, che ha sull'alto un capitello greco latino rovesciato a mo' di ara, in mezzo al quale sta infissa una bandiera lacerata dalla mischia, mossa dal vento.

L'arco fa da cornice ad un bassorilievo in bronzo, nel quale sono raffigurate schiere di combattenti che rientrano al paese dopo la battaglia vittoriosa. Il sole d'Italia li illumina.

I reduci cantano a festa e avanzano in pittoresco disordine.

Gruppi di bimbi li attendono presso la loro case e li coprono di fiori.

Accanto all'arco, in posizione dominante, primo piano dell'opera, coi piedi poggiati sulle rocce sta un alpino, il soldato tipo di queste terre, robustamente modellato. È stato chiamato alle armi ed accorre a fare il suo dovere, serenamente, con gioia, per la vita e per la morte. E si ha così la rappresentazione evidente, per virtù d'arte, che la vittoria è state possibile solo perché l'esercito era formato da degli uomini temprati ad ogni avversità, pronti ad ogni sacrificio.

Un insieme armonioso, realistico, ma che assurge ad un alto significato ideale.

Il Duca lungamente si sofferma presso il monumento e vivamente complimenta lo scultore Pietro Canonica, mettendo in rilievo i pregi dell'opera d'arte da lui creata (1).

Ancora oggi, pur tra tanti tormenti di storia e tanti mutamenti di sentimento, il monumento al soldato valdostano sorge ove fu collocato in quel giorno lontano. Un recente restauro, parzialmente finanziato da una sottoscrizione dell’Associazione Nazionale Alpini e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha rinnovato e protetto l’opera proiettandola verso il futuro.

Con la speranza che la gente, passeggiandovi vicino, si volti, la scruti, e per un attimo si fermi a pensare alle tante storie che essa racconta.

Storie di persone gettate nella furia e nella fornace mortifera della guerra.

Alessandro Mella

(1) La Stampa, 287, Anno LVIII, 1° dicembre 1924, p. 3.

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Articolo pubblicato il 25/01/2023