Il Ponte Mosca a Torino
Il Ponte Mosca, Torino

E l’ex stazione di Porta Milano

Il 15 agosto 1830, tra le due sponde della Dora Riparia, a ridosso del quartiere del “Balon”, viene aperto al transito un nuovo ponte, che provoca ammirazione, per la sua ardita costruzione che si regge su una sola campata.

Il merito va a Carlo Bernardo Mosca (1), architetto ed ingegnere civile ed idraulico formatosi in Francia. Ritornato nel Regno di Sardegna, mette a disposizione quel che ha imparato all’estero. Siamo nel periodo della Restaurazione, quando si afferma un nuovo modo di concepire la costruzione delle opere pubbliche, non più esclusivamente a favore di una Corte.

Nel 1807, con l’abbattimento dei bastioni di difesa che cingevano la vecchia Contrada d’Italia (che univa il precedente ponte di legno sulla Dora, nel quartiere Aurora, e proseguiva idealmente con la via Milano), Napoleone aveva in mente un ponte in muratura che potesse rappresentare una entrata solenne dalla parte nord della città. Con l’idea di edificare un nuovo ponte sulla Dora, il Comune assegna l’incarico all’ing. Lorenzo Lombardi, che presenta un progetto e un preventivo che vengono accantonati.

Nel 1818 Vittorio Emanuele I, ritornato dall’esilio, attua un piano di ammodernamento cittadino che prevede, tra altri progetti, la costruzione di un ponte in pietra sulla Dora, a sostituire quello in legno ormai obsoleto. La progettazione viene affidata all’ingegner Mosca, che inizia i lavori nell’inverno del 1823 con la posa della prima pietra (che ospita al suo interno alcune monete ed il verbale della cerimonia), alla presenza del nuovo Re di Sardegna, Carlo Felice.

Per l’epoca, il progetto è avveniristico e coraggioso, in quanto i lavori non interessano solo la parte muraria del ponte, ma tutto il sistema dell’alveo fluviale che viene modificato in funzione della nuova struttura, per fare in modo che le acque scorrano in modo lineare per un lungo tragitto; le opere di livellamento e le correzioni delle sponde del fiume cambiano il profilo della Dora in quella parte di città.

Tutto in pietra, il ponte ha una lunghezza di 129 metri, compresi i piazzali di imbocco; i marciapiedi laterali sono costruiti con pietre di Cumiana. Si tratta di un ardito lavoro ingegneristico, per questo motivo il giorno dell’inaugurazione, quando vengono smantellate la struttura e l’armatura di sostegno in legno che abbracciava l’opera, il suo ideatore e progettista raduna la famiglia per un giro in barca, sostando a lungo sotto l’arcata del ponte, per tranquillizzare i suoi detrattori e dimostrare la stabilità e sicurezza del ponte, che prenderà il suo nome nel 1868, dopo la sua morte. Anche il corso che attraversa il fiume all'altezza del ponte assume la stessa denominazione, che manterrà fino al 1937, quando viene modificato in corso Giulio Cesare, in omaggio al mito della romanità allora in voga.

Su corso Giulio Cesare, a brevissima distanza dal ponte, si trova stazione di Torino Porta Milano (anche nota come stazione di Torino Ponte Mosca, o stazione Cirié-Lanzo), che era la stazione di testa per i passeggeri della linea Torino-Ceres.

Sul luogo, scrive Antonio Bertolotti: «La Porta Milano, maggiormente conosciuta col nome volgare di Porta Palazzo, è la parte più antica e più moderna di Torino. In fatto, mentre da una parte […]» (Gite nel Canavese ovvero Guida corografico-storica alle tre ferrovie da Chivasso ad Ivrea, da Settimo Torinese a Rivarolo e da Torino a Cirié, Ivrea, Tipografia F. L. Curbis, 1872, ristampa anastatica a cura della Bottega d'Erasmo, Torino, 1974, p. 229).

La stazione è stata dismessa dal settembre 1987 al pubblico e chiusa definitivamente dal 2006, tagliando le rotaie che la collegavano alla stazione Torino Dora, poi trasformata in Dora GTT, nella attuale piazza Baldissera.

Realizzata nel 1866 su progetto dell'ing. Gaetano Capuccio (2), con ingresso di rappresentanza dell'architetto Giuseppe Bollati, la stazione di Porta Milano apre i battenti il 18 aprile 1868, come stazione terminale nella tratta Torino-Venaria Reale. L’ing. Capuccio, per conto della Società Anonima per la Strada Ferrata e le Tranvie del Canavese, presenta il suo progetto il 22 dicembre 1862; superato l’esame degli ingegneri Peyron e Pecco, si decide di costruire la stazione con una spesa di L. 2.500.000. Il 30 giugno 1864 si delibera la concessione a fa ore dell’ing. Capuccio, con esercizio alla Società Anonima Canavese, sulla tratta fra Torino e Cirié, con stazioni intermedie a Venaria Reale, Caselle e San Maurizio Canavese.

Corso Giulio Cesare, nel tratto compreso fra Porta Palazzo e il ponte Mosca, si chiama ancora via Milano quando la stazione viene inaugurata.

“Milano (piazza e via). (...) Già via e piazza d'Italia. Nel 1857 il Municipio torinese, in occasione che i milanesi fecero dono alla città di Torino del monumento in onore dell'esercito sardo, esse furono distinte col nome di via e piazza Milano, non tanto per togliere l'impropria denominazione, quanto a segno esterno e perenne del ricambio d'affetti fra i torinesi ed i milanesi (...)”. Giuseppe Torricella, Torino e le sue vie, Torino, editore G. Borgarelli, 1868, pag. 148.

Dopo l’inaugurazione, nell'arco di un decennio la linea viene prolungata fino a Lanzo Torinese (1876); nel 1916 è ultimato l’ultimo prolungamento, sino a Ceres. Nel 1914 si avviano i progetti per l'elettrificazione della linea a seguito dell'importante flusso di passeggeri e merci, legato alle imprese raccordate alla ferrovia. Sulla mappa Paravia del 1927 è indicata come "stazione linea Torino-Lanzo-Ceres, mentre negli orari ferroviari ufficiali, per tutta la seconda metà del Novecento e fino alla sua chiusura, la stazione viene indicata come "Torino Ponte Mosca”.

Nell'ultimo trentennio del Novecento si verifica il declino della stazione e della linea: il capolinea della ferrovia Torino -Ceres è stato arretrato alla Stazione di Torino Dora e la linea in ambito urbano è stata rimodernata ed interrata.

Nel piazzale sottostante la stazione, fra corso Giulio Cesare e l’Arsenale, sono conservati alcuni esemplari di vecchie carrozze e locomotive, in parte all’aperto e in parte all’interno dei depositi.

Una parte dell’edificio attualmente ospita la sede distaccata del Museo Ferroviario Piemontese di Savigliano e l'officina manutenzione carrelli dei rotabili ferroviari del Gruppo Trasporti Torinesi (GTT), è visitabile su richiesta o in occasioni particolari.

Questo angolo di città, fra Porta Palazzo e Borgo Dora, ha conservato un legame con con la sua storia e aspetta progetti affinché il suo futuro non sia una cartolina nostalgica o una foto frettolosa da scattare mentre si passa di lì, senza fermarsi a guardare quel che ci è stato consegnato dal nostro passato.

Note

(1) Carlo Bernardo Mosca (Occhieppo Superiore, 6 novembre 1792 – Rivalta di Torino, 13 luglio 1867). Nel 1819 è insignito del titolo di ingegnere idraulico dall'Università di Torino; nel 1831, diventa ingegnere dell'Ordine Mauriziano e professore onorario dell'Accademia Albertina. Ha realizzato, tra l'altro, la facciata in stile neoclassico della basilica dei Santi Maurizio e Lazzaro, le scuderie ed il salone da ballo di Palazzo Reale; ha curato la realizzazione dell'edificio per l'Ordine Mauriziano in piazza Emanuele Filiberto e la progettazione del ponte sul torrente Tesso a Lanzo Torinese. Il fondo librario Mosca è stato acquisito dal Politecnico di Torino.

(2) Nel 1865 l’ingegnere Gaetano Capuccio (21 agosto 1833 - 17 dicembre 1881) stampa Torino porto di mare. Progetto di una linea di interna tra l'Adriatico ed il Mediterraneo, proposta per la creazione di una idrovia che collegasse Albenga con l’Adriatico, passando da Torino. Il progetto prevedeva la realizzazione di un canale navigabile da Albenga a Torino attraverso lunghe gallerie e un complesso sistema di chiuse per superare il dislivello delle Alpi Marittime; a Torino il canale si sarebbe gettato nel Po per poi derivare un braccio che costeggiasse il fiume fino a Casale; di qui il Po sarebbe diventato l’idrovia fino all’Adriatico. L’ambiziosa opera non supererà la fase della proposta pubblica e non verrà mai presa in considerazione per un progetto operativo, per via delle enormi difficoltà tecniche che implicava, anche se l’autore prevedeva facilità di costruzione e convenienza di utilizzo, nonostante la progressiva diffusione del mezzo ferroviario.

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 03/02/2023