Pozzo Strada e la sua chiesa, a Torino, hanno oltre mille anni
La chiesa di Pozzo Strada, a Torino, ieri e oggi

“Un pozzo, due chiese, due conventi e un ospizio”

Pozzo Strada è una zona di Torino oggi densamente abitata. Per secoli è stata caratterizzata da prati, cascine, due chiese e un pozzo che le ha dato il nome. Ancora negli Anni Trenta del Novecento, qui vi erano in gran parte prati e animali al pascolo. In una fotografia del 1937 si vede soltanto la casetta con il bar delle sorelle Conta, all’attuale numero civico 201 (1). Il bar esiste ancora e la foto, ingrandita, è visibile al suo interno. Il quartiere è delimitato: a nord da corso Francia (quartiere Parella, Circoscrizione 4), a est da corso Trapani (confine con Cenisia e Borgo San Paolo), a ovest da via Thures (confine col comune di Grugliasco), a sud dalla strada antica di Grugliasco e da via Tirreno (Borgata Lesna).

Il borgo aveva un aspetto agricolo fino alla prima metà del Novecento, con numerose cascine a caratterizzarne il paesaggio: le testimonianze superstiti sono ancora visibili nelle attuali cascine Bussone-Dentis (2), in strada della Pronda 19/14 e il Teghillo (3), in strada della Pronda 68 int. 880. Lentamente la nuova ha soffocato ciò che rimaneva del passato agricolo urbano, tanto che oggi molte di queste cascine sono inglobate nel tessuto urbano.

Il nome Pozzo Strada deriva dal latino Puteum Stratæ, dicitura che compare a più riprese nella storia (a partire da un documento del 930), descritto con la presenza di un "pozzo", di un pilone, di alcune abitazioni e una "strada" principale di pellegrinaggio, identificata poi con l'antico tratto viabile di Pronda/Via Monginevro, connessa a Strada Antica di Rivoli, l'attuale via Bardonecchia e via Vandalino (la romana via Cozia) che, con la Strada Antica di Cenisia, arrivava alla Porta Segusina.

"Un pozzo, due chiese, due conventi e un ospizio", scrive Stefano Garzaro nel suo volume Pozzo Strada, dedicato alla storia del quartiere.

Intorno al Mille, dove sorge ora la chiesa parrocchiale, viene fondato un ospizio (hospitium) per accogliere pellegrini, ed accanto una cappella e un monastero per gli Ospitalieri ai quali è affidata l’ospitalità, nel loro Priorato del Santo Sepolcro. Un pozzo, di più antica fondazione, serviva ad abbeverare persone ed animali in viaggio. Questo luogo è strettamente correlato al primo miracolo della Consolata. Infatti, su questa via di transito, si ferma nel 1104 il cieco di Briançon, Jean Ravais, prima di proseguire alla volta della chiesa di S. Andrea, dove riscoprirà l’antica immagine della Vergine (oggi Santuario della Consolata). In un documento del 1191 “Puteo Stratae” è citato come atto di fedeltà del nobile Guglielmo di Ripulis all’Abate di San Solutore a Torino (“Sanctum Sepulcrum de Puteo Stratae”).

Perché si costruiscono due edifici religiosi? Nel 1496 si registra l’arrivo dei Camaldolesi in questo territorio (come in altri intorno a Torino e in Piemonte), si apre una diatriba con i monaci già insediati. La disputa verrà risolta da Amedeo di Romagnano, che propone la coesistenza dei due Ordine religiosi, in due diversi complessi. Ecco nascere le due chiese e i due monasteri. Nel XVII secolo, poco dopo la riforma del Concilio di Trento, il complesso è ridotto a una Commenda e passa all'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, che lo intitola a Maria Vergine dei Dolori (poi rinominato Natività di Maria Vergine nel secolo successivo).  Le abitazioni si vanno gradualmente formando intorno alla struttura religiosa, fino a far nascere un vero e proprio rione. Nello stesso periodo sorge Villa La Serena, con tanto di cappella privata, nella zona di via Sagra di San Michele/via Fattori (non passi inosservato che questa via si chiama “Sagra” e non “Sacra” di San Michele).

Scrive Amedeo Grossi di questo territorio:

«La zona comprendeva il territorio che va lungo lo stradone di Rivoli, a circa due miglia dalla città, e aveva per confini a levante il canale che attraversava la fossa della città presso la Porta Segusina e lo spalto della Cittadella; a nord le cascine Motta; a ponente l'Armano e a sud il fiume Dora. Il quartiere aveva dunque una grande importanza per l'utilizzo che aveva allora la strada che, partendo dalla Porta Segusina arriva fino ai comuni di Collegno e Grugliasco.».

La chiesa della Natività di Maria Vergine era sede di un'istituzione religiosa già nel secolo XII. Adibita a polveriera durante l'assedio francese di Torino, viene fatta esplodere il 7 settembre 1706, con notevoli distruzioni, dalle truppe francesi in ritirata dopo la sconfitta.  A partire dal 1710 una nuova chiesa viene eretta e affidata ai sacerdoti secolari nel 1739. Tra le opere d’arte che conserva, è da ricordare un quadro della Natività del Gonin.  Dopo i lavori e la trasformazione del Settecento, si ha notizia di un restauro nel 1841 che non ne modifica le strutture, a differenza dei successivi interventi del 1915, consistenti nell'ampliamento della zona absidale e nel rivestimento di facciata e campanile. La chiesa risulta ancora lievemente danneggiata dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale, così come gli adiacenti locali della casa parrocchiale, ospitati in uno stabile di due piani fuori terra corrispondente ai civici 159, 161 e 163 di via Bardonecchia.

Parrocchia di Pozzo Strada. — gravi danni al tetto; molto danneggiata la casa parrocchiale. Screpolature di muri e sconquasso di travature (in novembre e in dicembre 1942). È la descrizione dei danni subiti, pubblicato a firma di Guido Guidi sulla Rivista municipale del 13 gennaio 1949 (Anno 23°, n. 1), che introduce l’argomento con una pesante conta: “Ben 28 Parrocchie, 5 Rettorie e una decina di altre chiese hanno subito devastazioni che vanno dalla totale distruzione ai semplici danneggiamenti degli arredi e delle attrezzature; dall’abbattimento di una porzione dell’edificio, all'incendio di tutto l'interno del tempio”.

Un altro importante intervento, ricordato dalla lapide affissa sulla destra della facciata neo barocca, si concretizza tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta del Novecento. I lavori di restauro sono condotti dall’artista piemontese Giovanni Montanaro (Santo Stefano Belbo, 30 giugno 1913 – Torino, 29 giugno 1995), formatosi alla Sezione d’Arte Figurativa dell’Istituto degli Artigianelli. A lui si devono, tra gli altri, gli interventi di rifacimento del campanile e della facciata e la scultura raffigurante la Vergine Maria, apposta sul portone di accesso alla Chiesa.

Il cimitero annesso, sconsacrato e soppresso nel XX secolo, appare nel film Torino nera, con Bud Spencer, del 1972; al suo interno vi era una piccola cappella; la sua ubicazione era sovrapponibile all’isolato di via Trecate, dove sorge l’impianto sportivo omonimo. Nel 1893 si attua una prima ampliazione, una seconda nel 1913. Il cimitero rimane attivo fino al 1930, l’ultima sepoltura è per il Gaiottino nel 1945, amato parroco locale. Sarà soppresso pochi anni dopo, con la delibera del Consiglio comunale del 17 dicembre 1951 (prima verrà l’abbandono, poi lo smantellamento nel 1970), dopo essere stato colpito da un bombardamento notturno il 28 novembre 1942, perpetrato da aerei della RAF con bombe di grosso calibro.

Una curiosità riguarda la posizione della Madonnina nella via: una prima edicola è realizzata nel 1716 e posta al centro della futura via Marsigli. In seguito, nel 1847 viene posizionata al centro dell’incrocio tra via Pozzo Strada e via Bardonecchia; nel 1984 sarà spostata sull’angolo della via.

Note

(1) Stefano Garzaro - Pozzo Strada – Graphot, 2013 - pag. 15.

(2) La cascina Bussone, conosciuta già dalla seconda metà del XVIII secolo come Cascina dei Padri di San Domenico, viene venduta nella prima metà dell’Ottocento alla famiglia Dentis che ancora oggi la possiede; di origine settecentesca, deve la sua denominazione al primo proprietario, il signor Bussone. Già nel 1762, nella Carta topografica della Caccia, e poi nel 1791, nella Carta Corografica dimostrativa redatta dal Grossi, la cascina viene attribuita ai Padri di San Domenico. Nel 1820 viene rilevata, nelle mappe del Catasto particellare Gatti,  e la cascina risulta composta da casa civile, case rustiche, cortile, orti, prati e campi; la proprietà è attribuita al signor Giuseppe Dentis. Oggi l’edificio, parzialmente ristrutturato, è composto da abitazioni a tre elevazioni fuori terra, stalle, fienili e casi da terra (depositi di attrezzi e prodotti agricoli) disposti sul perimetro della corte interna. Sul portale d’ingresso è leggibile la data 1775 da ricondurre alla costruzione del portale stesso o a interventi di ripristino.

(3) Il Teghillo. Cascina già rilevata nella Carta Topografica della Caccia del 1762, in origine denominata “Vigada” in onore del suo primo possessore, il signor Luigi Vigada. Nel 1790, l’architetto Giovanni Amedeo Grossi, la descrive come “Cascina nella Parrocchia di Grugliasco pel Civile, ed il rustico sotto Pozzo di Strada del signor Teghillo mercante calzettaro situata alla sinistra della strada, che dalla Chiesa di Pozzo di Strada tende a Grugliasco e nella direzione dei territori di Grugliasco e Torino, da cui è distante due miglia e mezzo”. Sul finire del XVIII secolo la cascina appare caratterizzata da una planimetria a corte chiusa con palazzina annessa che svetta dai corpi bassi originari attraverso un’elevazione a tre livelli. Tra il 1820 e il 1830 le Mappe del Catasto Gatti rilevano, oltre alla casa civile e a quella rustica, la corte, la cappella, i giardini, i campi, i prati e gli orti. La cappella denota l’importanza che la cascina rivestiva nel territorio, utilizzata non solo dagli abitanti della cascina. Un campanile a vela, oggi trasformato in abbaino, è posizionato sulla parte centrale della palazzina. Attualmente la cascina è stata recuperata ed è sede di una “fattoria sociale” che svolge attività produttiva integrata con servizi culturali, educativi, assistenziali, formativi e occupazionali a vantaggio di soggetti deboli.

Bibliografia

Stefano Garzaro – Pozzo Strada - Graphot – 2013

Giovanni Lorenzo Amedeo Grossi - Guida alle cascine, e vigne del territorio di Torino e' suoi contorni – Torino - 1790

Guido Guidi – Torino Rivista mensile municipale - 13 gennaio 1949 (Anno 23°, n. 1)

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Articolo pubblicato il 24/02/2023