Pellegrinelli e Crocivera: Due caduti dimenticati

Di Alessandro Mella

In più di un’occasione ho parlato di caduti della Resistenza e della drammatica fase della guerra che coincise con i giorni tormentosi del “quasi” biennio 1943-1945. Con meno frequenza ho parlato di quei giovani che, formati dal regime lungo vent’anni, dopo l’8 settembre 1943 ebbero una percezione dei fatti del tutto diversa. Furono, intendiamoci, coloro i quali aderirono alla Repubblica Sociale Italiana nella ferma convinzione di difendere l’onore dell’Italia che ritenevano tradito dal corso degli eventi.

Nel naufragio della RSI ci fu di tutto. Non mancarono i criminali, i perfidi, gli invasati, i facinorosi e così via, ma non mancarono nemmeno gli eroi, gli animati dalla massima buona fede, gli idealisti, gli onesti di spirito e pensiero.

Negare che queste categorie convissero anche in quel complesso contesto sarebbe intellettualmente disonesto e storicamente falso.

Maggiormente questo si palesò nei quadri della Decima Flottiglia Mas, poi Divisione Decima, che per iniziativa di Junio Valerio Borghese era sopravvissuta all’armistizio e restò saldamente dalla parte dei tedeschi quando ancora la repubblica fascista era lontana dall’esser proclamata. (1)

E la Decima ebbe pagine di gloria militare e pagine deprecabili poiché al fronte i suoi militi combatterono con coraggio, ma quando vennero travolti dalla lotta antipartigiana non esitarono a restituire la violenza alla violenza con episodi drammatici come le impiccagioni di Ivrea (Torino):

Tipici in questo senso sono i tre stadi che spesso sono riscontrabili nel loro atteggiamento […] primo, la Decima combatte per l’onore della patria; la sua guerra è contro il nemico invasore dell’Italia e non ideologica e di partito, che divide gli italiani invece di unirli nel nome della patria, e, dunque, la Decima non combatte contro i partigiani; secondo, se però i partigiani si accaniscono contro di essa, vendichi i suoi morti; terzo, ogni forma di clemenza verso i partigiani dettata dal governo o dal PFR da considerazioni di ordine politico non può essere accettata e non riguarda la Decima, i nemici attivi della patria, coloro che uccidono chi ne difende l’onore e il territorio non possono trovare clemenza. (2)

Nella Decima, comunque, militarono come abbiamo detto anche molti combattenti il cui unico scopo era opporsi agli angloamericani in risalita lungo la penisola e l’onorare l’alleanza con la Germania che si era sbriciolata dopo la resa italiana. Furono moltissimi e molti di loro persero per questo la vita.

Ne ricordiamo due senza volerci addentrare in giudizi ideologici che non giovano a nessuno.

Il primo, Silvio Crocivera, nacque a Sampierdarena il 4 agosto 1920 e rimase, purtroppo, assai giovane, orfano di guerra. Crebbe nel clima del ventennio e prese parte al conflitto successivo nella Regia Marina aderendo poi alla RSI. Arruolatosi nella Decima, come sottocapo nocchiere, fu assegnato al Gruppo Ardimento Mezzi d’Assalto. In mare si portò sempre bene e dimostrò senz’altro una certa abilità nella manovra dei barchini da combattimento.

La sorte infausta, tuttavia, gli giocò un brutto tiro. La madre, vedova, si trovava lontano ed egli aveva preso licenza per recarsi a farle visita. Mancava poco alla fine di quei tempi orribili ma egli, nei pressi di Casteggio, fu colto di sorpresa da uno dei tanti mitragliamenti aerei alleati e cadde il 3 marzo 1945.

Altro giovanissimo fu Gianfranco Pellegrinelli, il quale nacque a Longlaville, in Francia, il 24 dicembre 1926 al tempo in cui tanti italiani si trovavano oltre le Alpi per poter lavorare e sostenere la propria famiglia. Tuttavia, i suoi genitori rientrarono presto a Ranica, nel bergamasco, ove il nostro “Franco” crebbe e si formò all’ombra delle organizzazioni del regime.

E quando l’armistizio lo colse il fascino che la Decima esercitava sui giovani orientati verso la RSI lo spinse ad arruolarsi per andare a combattere contro gli angloamericani sugli Appennini ove si giocavano i destini di quel mondo ormai al crepuscolo. Si arruolò, quindi, nel Battaglione Lupo e con i gradi di marò scelto fu avviato al fronte.

Gli autocarri lasciarono Milano nei primi freddi giorni del dicembre 1944 diretti verso Piacenza ma quello su cui viaggiava, poco dopo San Rocco al Porto, cadde nottetempo da un ponte sabotato dai resistenti. Precipitò nel fiume Po con vari morti e feriti nelle gelide acque. Il giorno dopo, 5 dicembre 1944, Gianfranco Pellegrinelli non resse alle ferite e spirò poco lontano da Piacenza. (3)

Le sue spoglie, ricomposte con umana pietà dai commilitoni, furono riportate a Ranica e restituite amorevolmente alla famiglia.

La desolata madre scrisse una lettera al comandante Borghese che fu pubblicata sul Gazzettino del 4 marzo 1945:

Nobile lettera della madre di un Caduto della X Mas. Al Comando della X Flottiglia Mas è pervenuta la seguente, nobilissima, lettera da parte della madre del "marò" Gianfranco Pellegrinelli caduto da Eroe al servizio della Patria: "è la povera mamma del giovane marò scelto Pellegrinelli Gianfranco la quale, per il vostro interessamento nell'immensità del suo dolore, ha avuto la grazia di accogliere per l'ultima volta, fra le pareti domestiche, la bara del suo adorato e unico figlio.

Sono stata informata di tutte le gentilezze ricevute dai miei famigliari nella tragica circostanza e questo ha contribuito a lenire il mio strazio poiché mi assicura che sapete apprezzare il sacrificio di chi, spinto dal più puro ideale, dà con generosità la sua vita alla Patria. So anche di non essere sola a piangere il mio dolore perché la famiglia dei Marò della gloriosa Decima, alla quale mio figlio aveva tanto desiderato di appartenere, non dimenticherà il sacrificio dei suoi Caduti e sarà vicina spiritualmente alle madri desolate che invano attendono il ritorno dei loro cari. Ho la certezza che il sangue innocente dei più puri ed oscuri eroi fuso alle roventi lacrime delle madri in gramaglie, abbia a lavare il volto martoriato di questa Patria tradita e chi sa che un giorno, non lontano, esso brilli di una nuova luce, la luce della Vittoria, fra la aureola dei più giovani e puri Eroi.

Scrivo queste righe senza piangere, mentre il cuore si spezza, ma il mio Franco non vuole che io pianga; nella sua ultima lettera, ultima per sempre, egli mi scrisse di essere forte ed orgogliosa di lui.

So di far piacere al suo spirito, che aleggia attorno a me, a ricordare e a ringraziare Voi, Comandante, e con Voi le signorine dei Servizi Ausiliari per tutto quanto è stato fatto per lui e per noi.

Giovedì 14 corrente si svolgeranno solenni onoranze funebri qui nel paese natio; ho il conforto di abbracciare e baciare ancora per poche ore la bara del mio piccolo Marò, che dal Cielo pregherà per me, per Voi, per tutti i suoi compagni e per la sua adorata Italia.

Desolata, ma fiera, vi ringrazio e vi saluto, Comandante, e con il mio Franco che mi sorride, innalzo un voto: Viva l'Italia: Annunciata Angiolini in Pellegrinelli e famiglia.

Pellegrinelli e Crocivera furono solo due dei tanti caduti di quei tempi difficili. Due dei moltissimi che fecero una scelta contro ogni convenienza e che sembra facile giudicare oggi. Profetiche e forse inattese, e per questo di maggior valore, furono le parole sul tema pronunciate da Luciano Violante, al momento di assumere la presidenza della Camera dei Deputati, nel 1996:

Mi chiedo se l'Italia di oggi – e quindi noi tutti – non debba cominciare a riflettere sui vinti di ieri; non perché avessero ragione, o perché bisogna sposare, per convenienze non ben decifrabili, una sorta di inaccettabile parificazione tra le parti, bensì perché occorre sforzarsi di capire, senza revisionismi falsificanti, i motivi per i quali migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze, quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò e non dalla parte dei diritti e delle libertà.

Questo sforzo, a distanza di mezzo secolo, aiuterebbe a cogliere la complessità del nostro paese, a costruire la liberazione come valore di tutti gli italiani, a determinare i confini di un sistema politico nel quale ci si riconosce per il semplice e fondamentale fatto di vivere in questo paese, di battersi per il suo futuro, di amarlo, di volerlo più prospero e sereno.

Dopo, poi, all’interno di quel sistema comunemente condiviso, potranno esservi tutte le legittime distinzioni e contrapposizioni. (4)

Parole poi riprese dal presidente Scalfaro il successivo 4 novembre: «Il primo, devoto pensiero si rivolge come ricordo e preghiera alla memoria di coloro che hanno combattuto anche su fronti opposti, ma con onestà di intenti, fino all'estremo sacrificio».

Questo argomento, quello dei “ragazzi di Salò”, quasi trent’anni dopo resta difficile da affrontare con distacco storico, serenità d’animo e spirito obbiettivo, siamo ancora lontani dal poterne parlare con presa di coscienza e di conoscenza e liberi dalle faziosità della politica. Nondimeno le vicende di questi due giovani, a mio modesto avviso, meritavano memoria.

Non foss’altro per ricordarci che l’Italia non ha mai, purtroppo, fatto davvero i conti con la sua dolorosa storia recente. Una storia che fa ancora male, cicatrici ancora dolenti ed aperte che in pochi, davvero in pochi, sembrano aver desiderio e coraggio di curare. Ci sono dolori, del resto, da cui alcuni sembrano non potersi separare.

Alessandro Mella

NOTE

1) Accordo Borghese-Berlinghaus 14 settembre 1943.

1) La Xª Flottiglia M.A.S. è un'unità complessa appartenente alla Marina militare italiana, con completa autonomia nel campo logistico, "organico", della giustizia e disciplinare, amministrativo; 2) È alleata delle Forze Armate germaniche con parità di diritti e doveri; 3) Batte bandiera da guerra italiana; 4) È riconosciuto a chi ne fa parte il diritto all'uso di ogni arma; 5) È autorizzata a ricuperare e armare, con bandiera ed equipaggi italiani, le unità italiane trovantisi nei porti italiani; il loro impiego operativo dipende dal comando della Marina germanica; 6) Il Comandante Borghese ne è il capo riconosciuto, con i diritti e i doveri inerenti a tale incarico. Berninghaus Capitano di Vascello - J. V. Borghese Comandante.

2) Renzo de Felice, Mussolini l'alleato, Einaudi.

3) Acta, 1, Anno XXVIII, gennaio – marzo 2014, p. 8.

4) Verbale della Seduta della Camera dei Deputati del 9 maggio 1996, p. 37.

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Articolo pubblicato il 20/02/2023