Con il convento delle suore, le Figlie di Carità di S. Vincenzo de’ Paoli
La chiesa di San Salvario e l’attiguo convento si aprono su via Nizza, all’altezza di corso Marconi.
Emilio Borbonese, nella sua Guida di Torino (Tipografia Roux Frassati & C., 1898), valorizza l’opera di assistenza e riferisce di un «Ospedale S. Salvatore – Via Nizza, n. 14. Fondato e diretto dalle Figlie di carità di S. Vincenzo. Dispone di 100 letti, pei quali fa pagare una tenue retta mensile».
Pietro Baricco lo chiama Ospedale di S. Salvario. Da lui apprendiamo maggiori notizie su questa struttura (Torino descritta, Tipografia G. B. Paravia e Comp., 1869, p. 849).
«Vicino alla chiesa detta di S. Salvario sorge un ampio edifizio dove ha sede la casa centrale delle Figlie di Carità di S. Vincenzo.
Da queste caritatevoli Suore è mantenuto fino dal 1840 uno spedale, nel quale vengono accolti infermi, i quali non essendo così poveri di mezzi di fortuna da dover ricorrere alla pubblica carità negli ospedali comuni, né tanto agiati da potersi far curare in seno alle proprie famiglie, mediante una tenue pensione, ivi sono caritatevolmente assistiti e provveduti di cure».
E, di seguito, possiamo leggere il tariffario per i ricoverati e qualche indicazione supplementare sulla struttura ospedaliera:
«Pagando L. 45 al mese il malato ha il letto nel camerone comune.
Pagando L. 55 è curato in una camera dove sono solo quattro letti.
Pagando L. 70 è tenuto in una camera separata.
I letti sono in numero di 85.
I malati sono curati da esperti cultori dell’arte medico-chirurgica, e sono assistiti dalle Figlie della carità.
Si possono visitare i malati ogni giorno da mezzodì alle tre».
La attigua chiesa di S. Salvario è descritta ancora dal Baricco (pagg. 246/247), che ci restituisce l’istantanea che avrebbe visto un turista di quegli anni, sceso alla stazione di Porta Nuova per visitare Torino.
«Appena varcata la stazione della strada ferrata nella via Nizza tu scorgi a mano destra una chiesa ed un monastero che ha nome da San Salvatore, o, come dicesi volgarmente, S. Salvario. La chiesa fu fatta edificare da Maria Cristina di Francia, per affidarla ai Serviti, o Servi di Maria, da lei chiamati la prima volta in Torino, malgrado le difficoltà mosse da Papa Innocenzo X, che stimava già sufficiente il numero degli Ordini religiosi che qui avevano loro stanza».
Segue un interessante passaggio sui Servi di Maria, nati a Firenze ai tempi di una grave epidemia.
«I Servi di Maria, entrati in possesso della chiesa, scelsero ad abitazione alcune case attigue, finchè fu condotto a termine il convento, nel quale rimasero poi sino all’epoca della soppressione dell’Ordine al principio di questo secolo” (si tratta del secolo XIX, N.d.A.).
È ancora il Baricco a dirci che “l’icona dell’altar maggiore rappresentante S. Salvatore, S. Valentino, e S. Cristina è pregiato lavoro di Francesco Cayro» (1).
I Servi di Maria, nel periodo napoleonico, vengono estromessi dalla chiesa il 13 aprile 1801 e soppressi il 31 agosto dell’anno successivo. Al loro ritorno, occuperanno la chiesetta fino al trasferimento nella chiesa di San Carlo, nella piazza omonima, dove si trovano tuttora. Al loro posto si insedia un noviziato delle suore Figlie di Carità, allo scopo di assistere i malati negli ospedali e nelle abitazioni, visitare i prigionieri, tenere scuola a ragazze povere.
Questa Congregazione era nata il 29 novembre 1633, fondata da Luisa de Marillac e Vincenzo de’ Paoli come innovativa comunità non “religiosa”. Esse differivano dalle altre Congregazioni religiose dell’epoca, perché dovevano andare incontro ai poveri, incontrarli nella loro casa per vivere tra coloro che servivano. Secondo san Vincenzo avranno: per monastero, la casa dei malati; per cella, una camera d’affitto; per cappella, la chiesa della loro parrocchia; per chiostro, le vie della città; per clausura, l’ubbidienza; per grata, il timore di Dio; per velo, la santa modestia… ed una fiducia continua nella Divina Provvidenza. La Congregazione, approvata da Papa Clemente IX nel 1660, arriva a Torino nel 1833, prima in una casa in affitto su Corso del Re (Casa Vinai), poi al S. Salvatore di via Nizza. Il re Carlo Alberto chiede loro di assumersi la responsabilità del servizio ai malati in vari ospedali, sia quelli militari di Torino e Genova, sia quelli civili di Carignano, Castellamonte e Torino.
Il Beato p. Marcantonio Durando, missionario vincenziano, è uno dei promotori del diffondersi delle Figlie della Carità di san Vincenzo de Paoli nell’Italia del Nord, mentre la Compagnia delle Figlie della Carità si sta riorganizzando, dopo la Rivoluzione francese; le apparizioni di Maria a s. Caterina Labouré nel 1830 – che danno inizio alla diffusione della Medaglia Miracolosa –, possono essere considerate all’origine della nuova fioritura della Comunità.
La loro prima sede diventa ben presto insufficiente, se ne deve individuare una più capiente ed è ancora Carlo Alberto a donare alle Figlie della Carità il “Convento di San Salvario”, dove prima risiedevano i Padri Servi di Maria. La consegna delle chiavi, nelle mani della Visitatrice Suor La Roche, avviene ufficialmente il 27 settembre 1837. Il sovrano dona anche una ingente somma di denaro necessaria per adeguare lo stabile alle necessità della vita in comune delle suore. Nel 1839 Carlo Alberto interviene di nuovo a favore delle Figlie della Carità, donando il grande giardino posto sul retro della Casa (2).
L’aumento della popolazione di Torino induce le suore, nel 1839, a fondare a loro spese un ospedale, nell’ala nord del loro complesso. Nel 1850 si apre un asilo, dove accudire i neonati mentre le madri del borgo, in massima parte operaie, si trovano al lavoro; la regina Maria Adelaide pone l’opera sotto il suo patronato. A questo periodo risale l’apertura di un laboratorio femminile, un secondo seguirà nel 1859. Nel 1855 si costruisce una nuova cappella, ad ovest del corridoio dell’ala sud del convento, abbattuta nel 1914 e ricostruita più ampia, consacrata dal Cardinale Agostino Richelmy, Arcivescovo di Torino, il 7 settembre 1915 (3). Infine, in occasione della canonizzazione di Luisa di Marillac viene costruita e dedicata a lei una cappellina nella navata laterale della cappella delle suore: l’inaugurazione avviene in occasione delle feste solenni per la sua santificazione nei giorni 8, 9, e 10 luglio 1920.
Note
(1) Francesco Cayro (Milano, 26 settembre 1607 – Milano, 27 luglio 1665). Formatosi nell'ambito del Morazzone, si trasferisce giovanissimo (1633) a Torino alla corte sabauda. Negli anni tra il 1646 e il 1649 soggiorna nuovamente in Piemonte, in questa occasione dipinge per la chiesa di San Salvario. È conosciuto anche come il Cavalier Cairo per aver ricevuto la medaglia dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro per meriti artistici.
(2) Nel 1850 il terreno verrà espropriato per la costruzione della linea ferroviaria Torino – Genova. I lavori iniziano il 13 febbraio 1845 per terminare il 18 dicembre 1853, con il completamento del collegamento tra le due città. La prima tratta, di soli 8 chilometri, collegava Torino Porta Nuova (allora costituita da un modesto baraccone di legno e da pochi binari) a Trofarello, viene aperta il 24 settembre 1848 con una sobria cerimonia.
(3) Agostino Richelmy (Torino, 29 novembre 1850 – Torino, 10 agosto 1923). Membro di un'antica e nobile famiglia originaria del Delfinato, è figlio del conte ingegner Prospero Richelmy, cofondatore e rettore del Politecnico di Torino, e di Lydia Realis, figlia dell'avvocato Pietro e della nobile Carolina Claretta. Ordinato sacerdote a Torino il 25 aprile 1873. Professore di teologia dogmatica e morale a Torino, Vescovo di Ivrea dal 7 giugno 1886, viene nominato Arcivescovo di Torino il 18 settembre 1897. È sepolto all’interno del Santuario della Consolata.
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Articolo pubblicato il 14/04/2023