Eva Kaili, Panzeri e la presunzione d'innocenza

Luigi Cabrino: "Deve valere sempre e comunque nella nostra Europa"

Anche la ex vicepresidente del Parlamento Europeo, la socialista greca Eva Kaili, ha lasciato il carcere per restare ai domiciliari con tanto di braccialetto elettronico; potrà così vedere la figlia di due anni dopo quattro mesi di detenzione carceraria.

Lo scandalo “Quatargate”, scoppiato alla fine del 2022 in merito a pressioni e tangenti pagate da emissari del Qatar e del Marocco a parlamentari europei al fine di agevolare l’approvazione di risoluzioni “generose” verso questi paesi, aveva portato agli arresti la vicepresidente del Parlamento UE, l’ex eurodeputato Panzeri, Francesco Giorgi, il marito della Kaili che di Panzeri era assistente parlamentare, Marc Tarabella, socialista belga famoso per i suoi attestati di antipatia verso gli italiani (a dispetto delle origini tradite dal cognome) e ha coinvolto molti altri.

Bene inteso, stiamo parlando di prove abbastanza pesanti, sacchi e borse piene di contante , ma il principio alla base dello stato di diritto, la presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva e il diritto ad un giusto processo devono valere sempre e comunque nella nostra Europa che tutti noi continuiamo a volere faro di civiltà.

Come detto le persone coinvolte , tutte appartenenti al gruppo socialista, sono state trovate in situazioni abbastanza imbarazzanti, con borse piene di banconote per centinaia di migliaia di euro provenienti dal Qatar e dal Marocco; ma non per questo non devono avere diritto, come tutti ad un giusto processo in cui possano difendersi e fare valere le loro posizioni al termine del quale, dopo una eventuale sentenza definitiva emessa con tutte le garanzie per gli imputati, potranno scontare una giusta e proporzionata pena, che non deve necessariamente essere il carcere.

E’ difficile da accettare, soprattutto col processo mediatico fatto fin da subito che ha dipinto personalità importanti del Parlamento UE come criminali corrotti, e, diciamolo, per chi non ha simpatie di sinistra il pensiero che “adesso tocca a loro” può essere anche venuto.

In questo la magistratura belga sembra aver imparato molto bene dai processi mediatici a cui siamo stati abituati nel nostro paese con politici dipinti come corrotti spesso prima ancora dell’inizio del processo.

Si, perché il problema è proprio questo: dopo quattro mesi e mezzo di carcere per Kaili, Panzeri, un po’ meno per Giorgi e altri, -  mesi in cui alla greca è stato impedito di vedere la figlia di due anni e, a quanto riportato a dicembre, per ore ed ore lasciata senza riscaldamento né acqua né bagno (nel civilissimo Belgio) – il processo deve ancora iniziare e non si ha idea di quando inizierà.

E la stessa concessione dei domiciliari con il braccialetto elettronico, sicuramente sospirata per una madre che non può vedere la figlia di due anni, è comunque una limitazione di libertà, una forma di detenzione di persone presunte innocenti.

Lo stesso principio per cui ci si è battuti nelle decine di processi di Berlusconi e di tanti altri – che si è innocenti fino a sentenza definitiva - deve valere anche fuori dai tribunali del nostro paese e anche per persone che possono essere distanti dalle nostre posizioni politiche.

La giustizia farà il suo corso, gli imputati faranno valere le loro posizioni, giustificheranno la presenza delle centinaia di migliaia di euro in banconote provenienti da Marocco e Qatar e poi si potrà dire se sono colpevoli o innocenti.

Al momento restano presunti innocenti agli arresti domiciliari che si sono fatti oltre quattro mesi di carcere prima ancora che iniziasse un processo vero diverso da quello su TV e giornali di tutta Europa e non solo.

E mentre presunti innocenti ipotetici corrotti sono ai domiciliari nessuno pare essersi domandato come mai niente è stato detto, scritto o fatto in merito ai certi corruttori di Marocco e Qatar che han tenuto in scacco le istituzioni europee.

Luigi Cabrino

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Articolo pubblicato il 17/04/2023