Sono forse ottimista?

Una visione priva di incantamento di Mario Marchisio

“Meglio essere ottimisti e avere torto, piuttosto che pessimisti e avere ragione” ci ha lasciato Mark Twain.

In effetti la sensazione di benessere che provocano pensieri positivi nel costruire immagini rassicuranti, proiettate nel futuro, è decisamente più creativa ed equilibrante di quanto può essere per umano vivere lasciandosi sopraffare dal pessimismo. Quando la visione ottimistica non si realizza il corpo non è già raggelato da un vissuto negativo e può reagire con comportamenti adeguati: è nella sua indole.  

Ci sono studi approfonditi di biochimica che indagano sulle problematiche di difficoltà nel gestire l’ansia e di quanto la carenza di reazioni chimiche tra gli elementi in un corpo possa influire a livello profondo.

Abbiamo vissuto e stiamo vivendo un periodo non certo rassicurante, soprattutto per i giovani, ma forse è proprio nostro compito non lasciarci trascinare nel gorgo del pessimismo indottrinati da quel mainstream che vorrebbe vederci tutti tremanti chiusi in casa… ad attendere gli ordini!

C’è un semplice aiuto che può arrivare nel modo meno “cattedratico” possibile e ci arriva dal cibo che consumiamo.

“Dalla nostra alimentazione dipende la composizione del microbiota intestinale che a sua volta influenza la produzione di serotonina intestinale. Quest'ultima regola il metabolismo, agendo nel fegato e nel tessuto adiposo, e collega i centri emotivi e cognitivi del cervello con la funzione dell'intestino” È importante - a questo proposito - non dimenticare che nel feto le cellule cerebrali e quelle intestinali si formano nello stesso tempo e sono (e restano per sempre) in stretta correlazione.  Chicca Morone

 

 

In ogni epoca della storia, gli esseri umani sono stati periodicamente schiavi della paura, corrosi dal suo tarlo inesorabile. Paura dei palafitticoli sull’altra sponda del lago (e qui siamo ancora nella preistoria), paura dei barbari che varcavano i confini dell’impero, paura delle bombe a capofitto dal cielo notturno...

 

Uno dei più grandi terrori venne dalla Peste Nera, che si portò via quasi metà della popolazione europea nel XIV secolo.

 

A partire dall’inizio del 2020, abbiamo assistito alla tragica farsa innescata col pretesto di un’influenza certo rilevante e contagiosa ma molto meno letale della pestilenza trecentesca; molto meno letale dei bombardamenti su Berlino; molto meno letale della spada degli Unni e dei Visigoti; molto meno letale della selce scheggiata che si abbatteva sul cranio dei propri cari spappolandolo fra le placide canne lacustri.

 

Ebbene, per un flagello che può accelerare la morte di persone già fortemente compromesse da una o varie gravi patologie (età media dei morti: ottant’anni), i cosiddetti «stati democratici» hanno deciso di annientare i principali diritti costituzionali.

 

Chi non si sia fatto soverchiare dall’incessante propaganda governativa e televisiva, avrà certo compreso da tempo che ci troviamo nel bel mezzo di una tirannia. Essa si nutre dell’angoscia instillata nella moltitudine dei creduloni come un vampiro del sangue delle sue vittime.

 

In qual modo potrà finire tutto questo? Dobbiamo tener presente che l’essere umano vive di abitudini.

 

Per quanto terrorizzato dalla guerra, ad esempio, dopo un paio d’anni si abitua perfino ad essa, così come a qualsiasi altro tragico evento ripetitivo.

 

Mentre fioccavano le bombe naziste su Londra – evento purtroppo quotidiano – tutti cercavano affannosamente di raggiungere un rifugio. Ma una volta passato il rischio e la tempesta di fuoco, ognuno ricominciava ad avventurarsi all’aperto: non rimaneva paralizzato nelle cantine!

 

La Peste Nera falciò a suo tempo, come dicevo, una persona su due, e tuttavia questo non impedì che si continuasse a circolare e ad agire, nonostante il timore del contagio.

 

L’abitudine insomma fa autentici miracoli. Così, a maggior ragione nel nostro caso, la gente metterà fra parentesi la grande paura del virus e ricomincerà a vivere: dopo l’ennesima «ondata» e le annesse «varianti», inizierà il conto alla rovescia al termine del quale l’abitudine avrà compiuto il suo miracolo.

 

La massa, infatti, imprigionata troppo a lungo dal timore e dai ricatti dello Stato pseudo-filantropico, cesserà di dar loro ascolto.

 

Torme di esasperati dalle continue vaccinazioni e dall’eremitaggio coattivo, dalla povertà e dalla fame, proveranno l’ebbrezza d’infischiarsene di minacce, multe, divieti ed anatemi, o inganneranno il tempo massacrando chiunque tenti di ostacolarli con l’uso della forza.

 

L’erosione delle norme costituzionali relative alla libertà di ogni individuo adulto così come di ogni gruppo – di lavorare, di spostarsi da un luogo all’altro con i mezzi pubblici, di scegliere o rifiutare una terapia, di recarsi in un bar senza la tessera del Partito Unico o anche soltanto di esprimere un’opinione – genererà un drastico rifiuto di sottomettersi alla tirannia.

 

Gli attuali vessati, futuri difensori ed ex nemici di se stessi, brinderanno all’azzeramento della pantomima che ha travolto intere nazioni da troppo tempo e dalle cui ceneri vedranno nascere, di buon grado od obtorto collo, una nuova società e un nuovo ordinamento giuridico, in concomitanza o meno con gli esiti dell’odierno scontro militare nell’Est europeo.

 

Saggio tratto dall'antologia "Fissando in volto il gelo - poeti contro il greenpass"

 

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Articolo pubblicato il 20/04/2023