I megaliti di Minorca

di Devana figlia di Liliana

Nonostante l’ormai ventennale ricerca in tutto il pianeta, il richiamo per i megaliti in tutte le loro forme per me rimane vivo e imprescindibile.

Così ancora una volta, nella primavera del 2023, sono partita per esplorarne alcuni tra i più sconosciuti e misteriosi, quelli sull’isola di Minorca.

Tralascerò le datazioni dell’archeologia ufficiale, quella secondo la quale piramidi e dolmen furono tombe, e mi avventurerò seguendo l’istinto, descrivendo nei particolari le immagini affinché si risveglino le memorie cellulari del tempo in cui vi vivemmo.

Durante il mio sopralluogo a Minorca ho esplorato 10 siti megalitici, tra poblats talaiotics e stanziamenti rupestri: è mia intenzione proporre le immagini che ne ho riportate, mentre vi racconto ciò che ho scoperto.

Minorca è una delle 3 isole Baleari, la più piccola e la più distante dalla terra ferma, collegata però alle isole più grandi del Mediterraneo - Sardegna, Sicilia, Malta, Creta - da un unificante megalitismo tipico.

Per tutta la sua estensione, Minorca è completamente ricoperta da siti megalitici che si trovano solo qua, il che fa sì che tutta l’isola sia un’unica grande area cerimoniale.

Esplorandola non si può evitare di avere costantemente davanti agli occhi i nuraghe e le domus de janas sarde, lo stanziamento rupestre di Pantalica in Sicilia o la grande simbologia legata al toro, il cosiddetto bucranio simbolo del Sacro Utero della Grande Madre: intesa questa come forza vitale che pervade ogni espressione vivente animata o inanimata, fortemente presente a Creta con il suo minotauro (mito patriarcale creato per adombrare la soppressione del culto alla Grande Madre paleoneolitica da parte dei guerrieri indoeuropei).

Anche a Minorca infatti, oltre ad esserci un Monte Toro proprio al centro dell’isola, è stata rinvenuta una statuetta in pietra della Grande Madre e una in bronzo raffigurante un toro, che per noi certifica nell’isola la traccia del culto alla Grande Madre, il bucranio o muso del toro, rappresentazione dell’utero e le sue corna, le ovaie.

A riconfermare questa tesi anche il fatto che patrona dell'isola è la Madonna del Monte Toro, che sancirebbe il collegamento nei millenni tra la Grande Madre pagana e la cristiana Maria.

Tornando a Minorca, sue costruzioni megalitiche tipiche sono i talaiots, enormi tronchi di cono costruiti in cerchi concentrici di lastre megalitiche i cui corridoi intermedi venivano riempiti con pietre più piccole.

I talaiots superano i 10 metri di altezza e i 25 di diametro, sono cavi all’interno per consentire di scalarli e raggiungere la cima sulla quale c’era una camera probabilmente con funzioni cerimoniali.

Ce ne sono circa 300 sulla piccola isola lunga solo 48 km e larga 16, tutti differenti, la cui funzione non è chiara: posso dire però che come tutte le costruzioni tumuliformi a me sembra che possano essere la rappresentazione del ventre gravido della Grande Madre.

Alcuni talaiots sono isolati altri inseriti nei cosiddetti poblat talaiotics o villaggi talaiotici che in una stessa area riuniscono: i recinti abitativi, uno o più talaiots e uno o più recinti sacri contenenti le misteriose taulas, lastre megalitiche piazzate in verticale e sormontate da una lastra orizzontale incastrata a cappello, la cui funzione rimane a tutt’oggi misteriosa.

Le taulas, che in lingua catalana significa tavole, sono a forma di T, formate da una grande pietra orizzontale piatta sovrapposta su un’alta pietra verticale e circondata da una muraglia megalitica detta recinto de taulas, a forma di ferro di cavallo, intervallata da colonne monolitiche e nicchie.

Alcune taulas presentano una colonna laterale di supporto, altre sono invece incorporate nel muro che costituisce il recinto.

Vi sono sempre 2 monoliti, trasportati appositamente da altri luoghi, sistemati come colonne ai lati dell’ingresso con funzioni di protezione e consacrazione.

Le taulas si trovano solo a Minorca: generalmente orientate a sud e le più alte, con uno spessore di 50-60 cm, sfiorano i 5 metri e le 10 tonnellate.

Molte di queste taulas furono sepolte e solo di recente venute alla luce: al momento ne sono state scavate una trentina.

Osservandole ho di nuovo l’immagine di un enorme bucranio molto stilizzato posto in verticale nel terreno: se lo immagino orizzontale vedo qualcosa di molto simile a un dolmen monocamera o a una tomba di giganti sarda.

Non si può affermare con certezza che il recinto sia stato costruito contestualmente alla grande taula centrale la quale, a mio avviso, è stata eretta prima, da sola, per onorare il muso del toro simbolo dell’utero della Grande Madre.

Le Taulas di Minorca sono 35 e sono state messe in relazione col sito di Göbekli Tepe in Turchia che risalirebbe ad oltre 12.000 anni fa sbugiardando tutte le datazioni sostenute dall’archeologia ufficiale ad oggi.

Nei poblat, i villaggi, alcuni dei quali superano i 4 ettari di estensione, c’è sempre un ipogeo, una parte sotterranea ricavata sfruttando e lavorando le grotte naturali con colonne per creare sale ipostile.

Le grotte in alcuni casi sono precedute da una sorta di patio costruito con pietre davanti all’ingresso per proteggerlo: queste costruzioni vengono chiamate paradolmen.

La parte abitativa invece era composta da recinti aperti a sud, che contenevano un patio centrale con la buca del fuoco.

Sul patio si affacciavano le abitazioni rotondeggianti, un forno, una o più cisterne scavate nel terreno che arrivavano ad immagazzinare fino a 20 tonnellate d’acqua, un magazzino, un tavolo di lavoro, la sala del telaio, delle nicchie utilizzate probabilmente per dormire a nord, e infine una sala ipostila dalla caratteristica copertura a fiore della vita: le lastre orizzontali, appoggiate in cima alle colonne, sono sistemate a raggiera anziché a tunnel e, viste dall’alto, ricordano proprio l’incastro dei petali del fiore della vita.

Come in ogni area megalitica che si rispetti, vi sono anche stanziamenti rupestri che l’archeologia ufficiale definisce “necropoli” ma che non garantisce, sebbene vi siano state trovate ossa, che quella fosse la destinazione originaria del luogo: infatti le ossa più antiche ivi ritrovate risalgono all’epoca del dominio islamico, vale a dire l’alto medioevo.

In alcune grotte sono stati trovati resti di offerte di cibo e piante aromatiche bruciate, che confermano la loro funzione sacra e rituale.

Tutti gli stanziamenti rupestri sono scavati artificialmente sulle scogliere e nei dirupi fronte mare e dalle piccole finestre degli ipogei si vede l’acqua azzurra.

Nei siti maggiori sono presenti fino a 15 ipogei scavati nella roccia, alcuni molto grandi, composti da diverse camere e alcuni dotati di una apertura nel soffitto e di una vasca scavata in corrispondenza nel pavimento, per raccogliere l’acqua piovana.

Il che fa pensare alla funzione simbolica dell’acqua come tramite tra i mondi nei riti di passaggio, confermata dal fatto che alcuni ipogei hanno una vasca piena d’acqua all’ingresso, che doveva essere attraversata obbligando chi voleva entrare a bagnarsi.

Altre costruzioni megalitiche minorchine sono le navetas.

Il nome deriva dal loro aspetto che ricorda quello di una nave rovesciata molto simile alle case barca dell’Isola di Pasqua al largo della costa Cilena.

Spesso nei luoghi sacri di tutto il mondo si trovano costruzioni a forma di barca: per eccellenza il mezzo con cui si attraversano i mondi.

La naveta più grande e meglio conservata è quella di Es Tudons: anch’essa era sepolta. 

Fu utilizzata come ossario collettivo in epoca neolitica ma come sempre non si può sapere quale fosse la sua originaria destinazione.

La piccola apertura d’ingresso è orientata a ovest e all’interno vi sono due camere, una a piano terra e l’altra sovrapposta e collegata tramite un condotto verticale a sezione rettangolare.

Le costruzioni megalitiche minorchine non sono state realizzate tutte nella stessa epoca.

Secondo le datazioni ufficiali all’inizio furono creati gli ipogei e gli stanziamenti rupestri; successivamente le navetas e i talaiots.

In seguito sarebbero state erette le taulas coi loro recinti e solo nel periodo più recente le popolazioni avrebbero costruito degli spazi abitativi accanto ai recinti sacri creando il poblat che univa la parte domestica a quella cerimoniale più antica.

Gli spazi ipogei ricavati nelle grotte naturali erano il grembo che accoglieva, come semi, le ossa dei membri del clan che venivano restituite alla terra per essere rigenerate.

All’epoca il concetto di morte non esisteva, le anime si ritiravano in un inframundo in attesa di tornare in manifestazione: la Vita, come la Natura stessa, era ciclica e non terminava.

Nel 1930 l’archeologo tedesco Waldemar Fenn venne a Minorca e la studiò rimanendo sull’isola per il resto della sua vita.

La sua teoria sembra essere la più logica per spiegare le tredici taulas ancora intatte sull’isola.

Nei suoi studi Fenn notò un disegno rupestre preistorico minorchino che mostrava diverse costellazioni.

Resosi conto che le taulas erano rivolte verso sud e studiando la loro posizione e l’orientamento, Fenn cominciò a osservare la luna stando seduto di fronte alle taulas e scoprì che a dicembre la luna si trovava nell’angolo in alto a sinistra del megalite orizzontale posto sulla cima.

Nel corso delle sue osservazioni, le posizioni lunari formarono un semicerchio che arrivava all’angolo opposto.

Tentò così di associare le 13 taulas alle 13 lune piene annuali.

Fenn sapeva che dodici dei tredici siti di taulas rappresentavano accuratamente questo movimento lunare, ma vi era una eccezione: la taula nel nord dell’isola non si trovava nella stessa posizione delle altre dodici.

Anni dopo si scoprì che l’ingresso a quella taula settentrionale non si trova nella sua posizione originaria e si potè così perfezionare il collegamento tra le 13 taulas e le 13 lune.

Riguardo agli orientamenti astronomici dei siti megalitici, in tutto il mondo allineati con porzioni stellari che vanno dalle singole stelle alle costellazioni complete, Minorca, dove le taulas sono collegate a Sirio, ad Alfa Centauri e alla Croce del Sud, è a buon diritto parte di questa immensa riproduzione del cosmo in terra costruita per consentire all’umanità di ricongiungersi alla coscienza divina in questi luoghi di mezzo, all’incrocio tra cielo e terra che si specchiano l’una nell’altro.

I resti delle mura megalitiche, che riportano la stessa fattura a incastro da me vista e fotografata nei miei viaggi in tutto il mondo dall’Egitto alla Britannia al Perù, dall’Isola di Pasqua alla Sardegna a Creta, dal Giappone al Messico alla Cambogia, assegna a pieno titolo alla piccola Minorca un posto di rilievo nella mappa megalitica planetaria che ancora oggi non si può spiegare razionalmente né tecnicamente, ma con la quale si entra in immediata attitudine di sacro stupore e silenziosa preghiera.

testo e foto CC Devana 2023

Sitografia:

https://www.isoladiminorca.com/i-siti-megalitici-gemelli-di-minorca-e-turchia-antichi-osservatori.html

https://megalitismomediterraneo.weebly.com/minorca-baleari.html

https://www.larazzodeltempo.it/2020/megaliti-minorca/

https://illeggiadromondodimartino.blogspot.com/2018/08/civilta-talaiotica-influenzata-da.html

 

 

 

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Articolo pubblicato il 21/05/2023