Salvatore Diana: Un soldato dimenticato

Di Alessandro Mella

Anche la guerra che travolse l’Italia tra il 1940 ed il 1945 pose fine alla vita di tanti giovani soldati, esattamente come avevano fatto i conflitti precedenti.

Centinaia di ragazzi persero avvenire e giovinezza tra le steppe russe, i monti greco-albanesi, i mari lontani e le sabbie infuocate africane.

E questa storia trovò drammatica conclusione proprio nei deserti libici, sotto il sole cocente dell’allora Africa Settentrionale Italiana. Ed è una vicenda apparentemente semplice, senza medaglie al valore e senza troppa memoria.

Solo una casualità, il rinvenimento di un ricordino, mi ha permesso di avvicinarmi a questa figura e ricordarla anche grazie ad un sito che ne ha reso disponibili le note matricolari e che ringrazio. (1)

Salvatore Diana nacque a Casal di Principe (oggi in provincia di Caserta) il 26 aprile del 1918, figlio di Vincenzo e di Raffaella Baldascino, mentre l’Europa era sconvolta da un’altra guerra. Quasi un infausto destino s’affacciasse già alla sua vita.

Nel 1939, raggiunto il ventunesimo anno di età, fu chiamato alle armi e destinato al 42° Reggimento Artiglieria XX Corpo d’Armata ed avviato al 10° Reggimento Artiglieria in Caserta

Pochi giorni dopo, a fine febbraio, fu imbarcato per la Libia, diretto verso Tripoli, per poi raggiungere il reparto il cui grosso delle forze si trovava a Garian.

Verso la fine del servizio venne destinato al 1° genio libico per effettuare il corso antincendi al tempo in cui i servizi pompieristici venivano garantiti, in colonia, dai genieri.

Non è chiaro se il corso fu da lui sostenuto effettivamente o meno perché due giorni dopo venne “l’ora delle decisioni irrevocabili” e l’11 giugno 1940 il Diana, che forse già vedeva il congedo vicino, si ritrovò in territorio dichiarato in stato di guerra.

Passò poi, per lavori stradali, temporaneamente all’86° reggimento fanteria e rientrando alcuni giorni dopo al corpo ebbe la notizia temuta: Trattenuto alle armi ai sensi della Circ.re Ministeriale n° 40001 in data 24.08.1939 XVIII.

Il solo vantaggio ottenuto da quel triste rinvio del suo ritorno a casa fu il poter surrogare il fratello Gennaro risparmiandogli la chiamata alle armi.

Ma intanto la storia correva, facendo il suo corso, e gli inglesi lanciarono l’operazione “Compass” nel mese di dicembre per rispondere alle offensive italiane con un attacco massiccio alle posizioni dei nostri combattenti. I britannici avanzavano con i loro corazzati respingendo sempre più i vani tentavi italiani di resistere e giungendo a Tobruch il 22 gennaio 1941.

La caduta di quella località fu un trauma per tutte le forze dell’Asse.

Il nostro Salvatore si trovava, probabilmente, tra i molti che tentarono di ritirarsi da Bengasi verso Agedabia. Colonne intere di automezzi bloccate ed esposte al fuoco nemico sulla via Balbia bloccata a monte dagli inglesi. (2)

In quei giorni non mancarono gli eroismi come la morte del generale Tellera, ma furono in tanti a perdere la vita combattendo.

Gli scontri furono così gravi che nemmeno il regime poté nascondere la portata delle perdite subite:

Comunicato n. 246. Il Quartiere Generale delle Forze Armate ha diramato nel pomeriggio di ieri il seguente comunicato numero 246: Sul fronte greco è stato respinto un attacco avversario nel settore della XI Armata, infliggendo al nemico gravi perdite.

Durante questa azione si è particolarmente distinto il 13.o Reggimento Fanteria. Una nostra formazione aerea ha bombardato obiettivi militari a Prevesa.

Nei giorni 5 e 6 si è svolta nel Sud bengasino una battaglia asprissima, durante la quale le nostre perdite sono state gravi e quelle del nemico, in uomini e mezzi, non meno gravi. Alla sera del 6 il nemico ha occupato Bengasi, sgombrata dalle nostre truppe per risparmiare la popolazione civile, nazionale e indigena (…).(3)

In questo contesto drammatico, caotico, tumultuoso e tormentoso si persero le tracce del Diana che, sulle prime, fu dato per prigioniero di guerra in “zona Bengasi Agedabia” e poi fu genericamente indicato come disperso in quei fatti d’arme il 6 febbraio 1941. (4)

Mesi dopo, era l’aprile del 1942, la sua salma fu purtroppo ritrovata e venne tumulato nel cimitero militare di Agedabia dal quale poi, nel dopoguerra, fu riportata in Italia per trovare riposo in patria al Sacrario dei Caduti d’Oltremare di Bari. (5)

Non sapremo mai cosa accadde al giovane Salvatore e come morì in quei giorni difficili. E non sapremo se fu ferito, se si batté valorosamente contro i britannici, se fu catturato e morì in seguito, se venne stroncato dal fuoco impreciso dei belligeranti.

Sappiamo, però, che la sua storia fu simile a quella di migliaia di italiani che si trovarono in armi al fronte da un giorno all’altro. Privati degli affetti più cari, nell’impossibilità di ritrovarli, con sfumato il sogno di poterli riabbracciare. Sono i moti spesso impietosi ed infelici della Storia e sui quali dovremmo spesso riflette e meditare.

Per impedirne il ripetersi e proteggere la buona vita che anche grazie ai caduti come Salvatore Diana noi possiamo avere oggidì.

Alessandro Mella

NOTE

1) https://www.il900casalese.it/mixer/single-listaCaduti2aGuerra.asp (Consultato il 5 gennaio 2023).

2) https://italianiinguerra.wordpress.com/2019/02/06/leroica-morte-del-generale-tellera/ (Consultato il 5 gennaio 2023).

3) La Stampa, 35, Anno LXXV, 9 febbraio 1941, p. 1.

4) OP, 98, Comando Deposito 42° Artiglieria, 14 ottobre 1941.

5) Dispaccio 94701/Sc, Ministero Guerra, 29 aprile 1942.

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Articolo pubblicato il 19/06/2023