Dal ricoverato dentro l’ospedale

Tema del giorno: lo spreco del cibo

Il tempo rallenta, quasi si ferma, stupore, la casa dov’è ? Non è questa la mia stanza. Si comprende lentamente di essere sbarcati in una camera di ospedale. Questa è al primo piano. Sono qui da un mese e non mi sembra vero. La giornata scorre in un’altra realtà, orchestrata da turni, consegne, terapie, cannule, punture…il corpo non ti appartiene più. Chi decide è il dottore mentre la mente si dissocia confusa dai medicinali di prima qualità. Incubi, sogni antropomorfi, panico e brutti risvegli, poi si comincia pian piano a familiarizzare con un mondo in cui non ti resta il tempo che per poche parole con il personale indaffarato a gestire vite.

 

Ore a ricordare come eri e chi eri soltanto fino a poco tempo fa. Il metronomo del tempo dondola tra un pasto e l’altro. Appuntamento di normalità solo apparente.

 

Nei letti della stanza pochi mangiano da sé, mani imboccano i pazienti, voci spronano suadenti. Quanto è dura da inghiottire una cucchiaiata di purea quando il respiro inciampa contro i denti.

 

Allora comincio a far di conto. Siamo tutti appesi a un filo, gli indigenti sono tanti.

 

Dopo un mese il cronista si riaccende, spunta una curiosità: il prodotto è buono ed abbondante, ben frullato e nutriente, non mancano lo yogurt Yomo, il Parmareggio, lo storico fruttino, ma molto cibo è rimandato indietro, seppure ancora intatto, fresco e conservato, dove finirà? Domandare costa poco, la risposta ha un suo perché. Quel che entra tra le mura e non verrà consumato, sarà  buttato via causa decreto della Sanità.

Chi serve il territorio è un’azienda dell’indotto torinese, tonnellate di patate, verdure, proteine e carboidrati destinate agli ospedali e ai suoi malati. Una massa impressionante che non può essere riutilizzata in nessun altro modo, nonostante farebbe comodo ai bisogni di altre mense. Destinazione macero, inevitabilmente, perché potenzialmente contaminate dall’ambiente ospedaliero.

 

La curiosità è appagata, nasce da un infiltrato sul campo interessato ai tanti articoli faziosi di giornalisti e di politici, ad azzuffarsi sui costi e sugli sprechi della sanità senza mettersi in gioco. Viviamo in un mondo assai complesso, stando qua sdraiato non ho saputo fare di meglio che osservare questo e tanto altro movimento di una macchina imperfetta dagli ingranaggi umani.

 

A Dio piacendo, alla prossima occasione vorrei narrare ad ogni lettore i suoni e i ticchettii nella notte, le urla di dolore, di umiltà e le preghiere del paziente che impara presto a domandare “per favore”. C’è molto da imparare in una stanza che trasuda sofferenza.

 

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Articolo pubblicato il 20/06/2023