Per una rivalutazione della sofistica

Un contributo del Prof. Antonio BINNI, Gran Maestro Emerito della GLDI

 

La sofistica, qualche tempo fa, ha attirato la mia curiosa attenzione, con particolare riferimento al pensiero di Gorgia. Il risultato delle considerazioni maturate in quello studio l'ho poi trasfuso in uno scritto dal titolo Sui sofisti. Retorica antica e moderna comparso nel numero del 26 novembre dell'anno 2022, della Rivista on line civico20news, che, nonostante il tempo trascorso, mi pare, tuttavia, che, nella sua larga parte non abbia, ancor oggi, perso di attualità.

L'argomento, nella sua indubbia complessità, ha continuato a tener desto il mio interesse. Sia pure in termini saltuari, impegnato, come sono stato, su altri fronti più urgenti. Ho pertanto sempre continuato ad approfondire la materia. 

L'esito di queste riflessioni - che innovano, fra l'altro, il mio precedente pensiero - affido ora a questo scritto preordinato essenzialmente al fine di destituire di ogni fondamento il giudizio radicalmente negativo, peraltro del tutto unanime, formatosi sulla sofistica per effetto della potente presa di posizione contraria assunta da Platone, per la sofistica, una autentica sfortuna! A considerare attentamente le residue, avare, poche fonti sopravvissute, particolarmente alla luce del periodo storico nel quale la sofistica è nata e si è affermata, mi sembra infatti doveroso svalutare quel giudizio negativo, fino ad oggi rimasto pacifico perfino nella manualistica, rivalutando, all 'opposto, un movimento di pensiero che - come avevano già inteso gli umanisti - ha invero molti aspetti positivi. Che confidiamo possa emergere da questo scritto vergato con  maturata convinzione. Oltre che con la consapevolezza che, quando si parla di sofistica, non ci si trova in presenza di un indirizzo speculativo uniforme, quanto invece piuttosto di altrettanti punti di vista quanti sono stati i sofisti.  

Secondo un'opinione molto diffusa nell'antichità, i sofisti erano coloro che andavano da una città all'altra della Grecia per insegnarvi anche la loro Sophia. Particolarmente ai giovani desiderosi di dedicarsi alla politica. A chi nutriva codesta ambizione, risultava infatti particolarmente preziosa l'arte del parlare e dell'argomentare volta alla persuasione. Dote della quale i sofisti erano autentici maestri per essere in grado di sostenere una tesi e, subito dopo, di contraddirla. In entrambi casi con piena soddisfazione di quanti assistevano al loro funambolico insegnamento.

Erano maestri prezzolati nella convinzione che il loro indottrinamento meritasse un compenso, tutt'altro che modesto, stante i rilevanti vantaggi assicurati dalla loro arte. Per non aggiungere ancora che dover pur vivere nelle diverse città dove via via si trasferivano per l'insegnamento, a differenza del ricco Platone, privi di ricchezze personali. Dove il rilievo è ovvio; ma non per questo del tutto immeritevole di essere ricordato visto il generale silenzio mantenuto sul punto da quanti, pur numerosi, si sono occupati dell'argomento.

Non esiste comunque dubbio alcuno che la natura retribuita di quell'insegnamento abbia finito per essere, prima ancora che oggetto di dissenso, fonte di autentico disprezzo. Unitamente a una diffusa paura nei confronti di uomini dal pensiero acuto, oltre che insuperabili sul piano argomentativo. Temuti avversari, osteggiati con fermezza in quanto seminatori di dubbi, oltre che accesi antitradizionalisti, ancorati com'erano unicamente al presente, orientati perciò a soluzioni contingenti. Come emerge chiaramente dal pensiero di Protagora qui, di seguito, purtroppo soltanto sintetizzato, data la sede.  

Il filosofo di Abdera - città incontro di genti e fedi - affrontando il problema della verità, non radica infatti il ??suo pensiero nell'astratto. All'opposto, lo infigge nel concreto, muovendo dalla constatazione e, dunque, dalla consapevolezza della relatività dei valori. Come ben mostra l'esempio del cibo. Buono per il sano. Cattivo per il malato. Stati di natura fra di loro opposti. Perciò inconciliabili. Donde, secondo Protagora, la possibilità di una duplice considerazione tramite lo sviluppo di due discorsi (logoi) in netto contrasto fra loro. Con conseguente incertezza, stante l'infinito fluire degli eventi. Antitesi irriducibile superata tuttavia dal dominio delle esperienze proprio dell'uomo responsabilmente aperto al discorso condiviso sul piano del logos. Quanto dire altrimenti, alla attualità dell'accordo concluso sul duplice registro del guadagnare il più possibile e il nuocersi il meno possibile. Prospettazione - sia detto solo per incidenti - valida e soprattutto preziosa ancor oggi, dominato da conflitti accesi!

Platone, con l'occhio della mente, è critico nei confronti di questa soluzione perché ne scorge tutta la fragilità stante, appunto, il ribollire del contrasto sottostante. Insidia e pericolo continuo per la sopravvivenza di quell'equilibrio. Protagora, invece, pensatore del presente, stante la riconosciuta contraddittorietà della realtà, propugna, e difende, invece, quella soluzione in quanto, a suo parere, la sola possibile in grado di salvare il cittadino della polis dalla furiosa lotta di classe.  

Infatti, questo pensiero del contingente, che è, nel contempo, un invito al realismo, si forma e si sviluppa proprio nel contesto di un'aspra contesa politica contrassegnata dalla perdita nella città del predominio della aristocrazia sotto l'effetto dell'emergere di nuove classi sociali (artigiani), oltre che degli scambi commerciali favoriti da rotte marittime ormai abitualmente praticate. Con conseguente venir meno dell'etica aristocratica e perfino della sua religiosità legata a quella apollinea con sede a Delfi. In sintesi. Una dissoluzione di valori che reclamava nuove soluzioni, quale quella, appunto, suggerita da Protagora. L'unico in grado di registrare una flebile, ma pur sempre possibile, vasta unità all'interno della polis.Un sistema astrattamente irrealizzabile; ma, nel concreto, attuabile. E pure concretamente realizzato in Atene, dove il conflitto fra aristocrazia e democrazia sfocia in una aristocrazia che finisce per governare i capi della democrazia. Mentre quest'ultima non aspira ad altro di diverso che di godere dei privilegi della classe antagonista, oltre che di uniformarsi alla concezione dell'etica aristocratica. Fermo rimanendo che, anche nella seconda metà del V secolo, la democrazia ateniese, pur nella difesa del principio di uguaglianza, si erge sospettosa contro le personalità politiche eminenti. Sofisti compresi che ne avevano preparato e favorito l'ascesa.Mentre quest'ultima non aspira ad altro di diverso che di godere dei privilegi della classe antagonista, oltre che di uniformarsi alla concezione dell'etica aristocratica. Fermo rimanendo che, anche nella seconda metà del V secolo, la democrazia ateniese, pur nella difesa del principio di uguaglianza, si erge sospettosa contro le personalità politiche eminenti. Sofisti compresi che ne avevano preparato e favorito l'ascesa. Mentre quest'ultima non aspira ad altro di diverso che di godere dei privilegi della classe antagonista, oltre che di uniformarsi alla concezione dell'etica aristocratica. Fermo rimanendo che, anche nella seconda metà del V secolo, la democrazia ateniese, pur nella difesa del principio di uguaglianza,Sofisti compresi che ne avevano preparato e favorito l'ascesa.  

In questa intensità di contrasti che dilacerava la polis, Atene, orientata al presente, abbisognava invece di una riflessione profonda. Nuova e originale. Di un pensiero politico capace di raccogliere le esigenze più pressanti per ricondurle ad una unità, sia pure non definitiva, dettata da sano realismo esteso fino alla nozione di legge. Nomos che non può più essere esercitato secondo un potere tirannico. Fosse anche quello del proletariato. Nel pensiero di Protagora, infatti, solo quando si realizza l'equilibrio delle forze degli avversari nella polis regna effettivamente la giustizia che diviene così la forza di ogni trasformazione, oltre che la spinta a nobili imprese e modifica di costumi.  

Questo nuovo percorso politico fu offerto sul piano speculativo proprio da Protagora che, pur non possedendo una nozione unitaria della virtù, censura mossa da Platone nel testo omonimo, aveva tuttavia ben presente che il culmine della virtù consisteva proprio nella virtù politica. A conferma e riprova che, per i sofisti, lo studio del fatto politico era di capitale importanza, imprescindibile proprio perché assolutamente prioritario rispetto a qualsiasi altro profilo speculativo. Ben si comprende allora l'approfondimento sistematico condotto dai sofisti sulle possibili forme di governo (costituzioni). Il che prova che i sofisti sono filosofi del tempo che vivono. Dunque, filosofi autentici perché la filosofia è tale solo quando è volta a illuminare e decifrare l'oscuro tempo nel quale viene enunciata.

La riflessione sofistica non si è, tuttavia, limitata all'analisi del dato politico avendo, in verità, all'opposto, sviluppato altri ambiti di speculazione. Fra i più significativi, i concetti: di divinità (come i Magi persiani vedevano negli dei la personificazione di fenomeni naturali, con sospensione di giudizio in ordine alla loro esistenza); di educazione (donde la richiesta di un prezzo elevato a titolo di corrispettivo); di virtù (insegnabile); di morale; di utile (nozione non assoluta perché quanto è utile a un uomo è invece dannoso a un altro); della pena; della genesi del linguaggio, attirando così l'attenzione su di un argomento divenuto poi centrale nella filosofia successiva; eccetera. Sempre però rimanendo ancorati alla mera conoscibilità stante l'impossibilità di conoscere il vero nella sua essenza più profonda. Donde una possibilità di conoscenza circoscritta al solo verosimile. Tuttavia approfondibile di grado in grado fino a quando non si presenta qualcosa di più verosimile, in assenza di una fonte specifica, sembrando questo il pensiero autentico di Protagora in tutta la sua potenza dialettica.

In un panorama di ricerche così vasto ed esteso è dunque davvero inammissibile ridurre i sofisti a meri retori. Specie se si tengono presenti due pensatori di spicco come Protagora e Gorgia degni del massimo rispetto e considerazione. Come invero non ha potuto non riconoscere lo stesso Platone.

Allo stesso Platone, che non ha poi mancato di osservare che l'abilità del parlare si ridurrebbe a mera retorica, quanto dire, a mero suono di parole prive di contenuto, sia consentito obiettare che la censura in essere altro non è se non che il frutto di un autentico fraintendimento! Il pensiero sofistico aveva infatti ad oggetto unicamente la parola intesa come un mero strumento al servizio del parlante. Senza perciò il benchè minimo interesse in ordine alle scelte del suo contenuto privilegiate dall'allievo. Che, a ben considerare, era poi il riconoscimento della piena libertà del discepolo che prendeva la parola, potendo quindi quest'ultimo avvalersi del mezzo appreso tanto per il bene, quanto per il male. Senza però che quest'ultima scelta potesse essere, anche soltanto minimamente, imputata al maestro per essere, per contro, tutta di esclusiva pertinenza e, dunque, di sola responsabilità del discepolo. Patente abuso nell'impiego dell'arte, nella quale, proprio perché neutra, non può, dunque, riconoscersi alcunché di pregiudizievole e, meno che mai, di immorale. 

Su queste - anche se soltanto sintetiche - premesse, ci sembra allora del tutto legittimo affermare che il giudizio negativo riservato alla sofistica anche dalla unanime manualistica è assolutamente incondivisibile. Specie se si considera, come pure si deve, che, nel formulare quel giudizio critico, così invero severo, non si è tenuta nel benché minimo conto l'importanza che quell'indirizzo di pensiero ha rappresentato nella storia della filosofia. Quantomeno, con l'apporto di due contributi assolutamente fondamentali che, a nostro giudizio, costituiscono una luminosa conferma dell'assunto sostenuto.

Il primo è stato sicuramente l'avere posto la parola all'attenzione speculativa in tutta la sua magica violenza performativa per essere la stessa, nella sua pur dimessa veste, solo un segno nero, idonea a incidere nel reale fattuale per il solo fatto di essere stata proferita. La scelta operata è poi ancora più apprezzabile per aver sottolineato la natura strumentale della parola per essere, la stessa, il mezzo con il quale l'essere umano può esprimere tutto quello che ha dentro di sé! Dunque, la sua cifra più segreta, ma anche più caratteristica posto che ne marca la più profonda differenza rispetto ad ogni altro esistente nel creato.  

Il merito più rilevante della sofistica, a ponderato giudizio di chi verga queste note, va, però, rinvenuto in ambito diverso. Ai sofisti va infatti ascritto, nel contesto della storia della filosofia, il contributo fondamentale di avere favorito il graduale passaggio dal mito al logos. E ciò con una serrata critica alla tradizione che, nel mito, aveva ravvisato il solo intermediario fra l'uomo e la realtà.  

Codesto graduale passaggio può poi essere colto puntualmente proprio nel famoso mito di Prometeo al quale Protagora fa esplicito riferimento nell'omonimo testo platonico. In questo riferimento, infatti, il mito non è più il mezzo conoscitivo che chiarisce all'uomo una realtà altrimenti indecifrabile, ma autentica sostanza filosofica al pensiero. Nella drammatica e affascinante ricostruzione della storia della civiltà umana il logos protagoreo domina infatti completamente il mito assurto così a mero substrato filosofico. Il che ha permesso al filosofo di Abdera di offrire della storia generale dell'umanità una rappresentazione ottimistica per essersi la stessa evoluta da un ferino stato di natura a una organizzazione della vita umana soltanto per effetto dell'umana ragione. Dunque, non più dominata dal mito, ma, ripetesi, determinata unicamente dal logos. 


Giunti all'epilogo di questo scritto, dolorosamente ma inesorabilmente incompleto, stante la sede, non rimane che ribadire il nostro ormai più volte sottolineato convincimento che può così sintetizzarsi. Alla sofistica è doveroso restituire ciò che è indubitabilmente suo, che non è, per certo, di poco conto. Come, ancora oggi, incredibilmente, si continua invece a scrivere e a insegnare. Sicuramente, contro il vero.  
 

 

 

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Testo di Antonio Binni

Fotografie di Giancarlo GUERRERI

 

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Articolo pubblicato il 10/07/2023