Qual è il legame tra il castello di Ussel (AO) e l'inventore torinese della BIC?

Visita a un maniero medievale, emblema della parabola della dinastia degli Challant

Per raggiungere Ussel occorre lasciarsi sulla destra l'abitato di Chatillon, oltrepassare la stazione ferroviaria sulla linea Torino – Ivrea – Aosta, girare a sinistra in direzione di Bellecombe; si supera, quindi, la chiesetta di Saint Clair, che si erge su una roccia e richiama alla memoria storie del Graal e racconti di Dan Brown. Risalita la valle per alcuni tornanti, su un falsopiano si apre il piccolo borgo di Ussel, dominato dall'omonimo castello che, austero e maestoso, domina il transito sulla valle dal suo alto punto di osservazione. Il castello di Ussel, posto su un evidente e scosceso promontorio, incombe da sud sull'abitato di Châtillon; la sua posizione, a strapiombo sulla valle, lo rende inaccessibile su tre dei quattro lati. Costruito da Ebalo II di Challant (1), titolare dei feudi di Chatillon e di Siant – Marcel, verso la metà del XIV secolo, uno dei primi Challant (2) protagonisti di dispute legali in famiglia, dato costante in tutta la dinastia sino all 'estinzione.

La prima pietra è posata il giorno 8 aprile 1343, cinque anni dopo l'opera è completata, a testimonianza della ricchezza del suo proprietario e feudatario, dovuta alla escussione dei diritti di passaggio sul suo territorio. In questo tratto di fondovalle confluiscono in quell'epoca i traffici mercantili che si distinguono dalla valle del Reno (attraverso il Gran San Bernardo) e dalla valle del Rodano (attraverso il Piccolo San Bernardo). Il castello rappresenta una svolta nell'architettura militare, primo esempio in Valle d'Aosta di castello monoblocco; è l'ultima fase evolutiva del castello medievale, che segna il passaggio tra il contemporaneo castello di Fénis e le rigide forme della fortezza di Verrès. Una pianta rettangolare, presenta all'esterno muratura con una fascia di archetti ciechi alla sommità, eccetto sul lato nord, e bifore, tutte diverse, con decorazioni floreali e geometriche. Agli angoli del lato sud (verso la montagna) si trovano due torrette cilindriche, in origine collegate tra loro da un camminamento di ronda protetto da merlatura. Sempre a sud, si trovava anche l'ingresso. Il lato nord, che guarda verso Châtillon, presenta due torri quadrangolari sporgenti, tra le quali si eleva al centro il mastio, elemento simbolico della potenza del feudatario. All'interno rimangono i monumentali camini restaurati, con grandi mensole, posizionati su una medesima linea ascendente in modo da sfruttare un'unica canna fumaria, e tracce delle scale e delle divisioni in piani.

Nel 1470 alla morte di Francesco di Challant, ultimo signore di Ussel, la famiglia adibisce il castello a prigione, poi a caserma e a magazzino. Venduto nel 1556 al capitano Paolo Madruzzo torna agli Challant nel 1573, che ne mantengono il possesso fino all’estinzione della casata, in un lungo tramonto. La famiglia, infatti, si estingue nel 1804 con la morte di Filippo Maurizio (nato nel 1724), ultimo discendente maschio di Casa Challant. Due anni prima era morto, a soli 7 anni, Giulio Giacinto, pronipote di Filippo Maurizio, sepolto nella cappella della chiesa di Châtillon. Nel 1837 viene a mancare Teresa, ultima donna della famiglia, e con lei finisce ufficialmente la dinastia, il cui motto era “Tout est et n'est rien”, ovvero "tutto è, e non è niente", a significare l'effimero senso della vita. Per motivi di successione, il castello passa ad una contessa Canalis di Cumiana e, dopo le sue seconde nozze e la sua morte, alla famiglia Passerin d'Entrevès, di fatto erede dei beni degli Challant. Già a inizio Settecento, allo storico valdostano De Tillier il maniero appare in condizioni rovinose (3). Prima del restauro, alla fine del Novecento, il maniero era ridotto a un rudere; una indagine archeologica ha permesso di individuare e riproporre la reintegrazione delle lacune. Grazie a un suggestivo percorso pedonale, il visitatore che sale al castello può ammirare la piana di Châtillon.

Come è avvenuta la sua rinascita? E grazie a chi? Nel 1983 il barone Marcel Bich (4), dopo averlo acquistato dalla famiglia Passerin d’Entrèves, lo dona alla Regione Valle d'Aosta, che ne avvia un complesso restauro e lo adibisce a sede espositiva.

Il barone Marcel Bich, è famoso per tre invenzioni che hanno rivoluzionato la vita sociale e familiare nel secondo dopoguerra: la penna biro, il rasoio monouso e l’accendino senza ricarica. Egli nasce a Torino, in corso Re Umberto 60, nel cuore del quartiere della Crocetta, da una famiglia originaria di Chatillon. Emigra a Parigi, dove si laurea, con i suoi genitori; nel 1930 si lancia nel mondo del lavoro svolgendo diversi lavori. Nel 1953 conosce Laszlo Biro, un ungherese che ha avviato la produzione della penna a sfera senza grandi risultati. Bich ne preleva il brevetto ed avvia una produzione di serie, sbaraglia la concorrenza delle penne e si impone come leader di qul mercato. Nel 1973 la sua azienda avvia la produzione degli accendini e nel 1976 quella dei rasoi. Il gruppo BIC oggi è un colosso mondiale e un marchio a tutti noto, che vediamo ogni giorno nei negozi e nei supermercati.

Per la rassegna “Ussel Art”, all’interno del castello sono esposte le opere di Sonia Biagetti, Roberta Bechis e Angelo “Pino” Bettoni. I costumi esposti al piano terra ricordano il Carnevale di Verrès. Dal 1949, una volta l’anno a Carnevale, Verrès torna indietro nel tempo e rivive gli eventi tardomedievali, accaduti il 31 maggio 1450. Per quattro giorni, al grido del Gran Ciambellano di “Vive Introd et Madame de Challant”, la protagonista Catherine de Challant, accompagnata dal consorte Pierre d’Introd e da circa 250 figuranti in costume, fa rivivere ai visitatori gesta coraggiose, tornei cavallereschi, sfilate, feste e di balli; tutto questo, come dettato dal Proclama di Catherine “finché la formica non abbia bevuto il mare e la lenta testuggine circumnavigato l’orbe terracqueo”. In quel lontano, Caterina di Challant e il consorte Pierre d'Introd, scortati da uomini armati, scendono a Verrès. Dopo aver pranzato dal reverendo Pietro de Chissé, prevosto della collegiata di Saint Gilles, si recano nella pubblica piazza sottostante la chiesa. Al suono del piffero e del tamburo, tutti si mettono a ballare e Caterina, lasciato il consorte, danza con la gioventù del paese. L'entusiasmo è al massimo, un solo grido echeggia: "Vive Introd et Madame de Challant". Un Medioevo che ritorna: nelle sale del castello di Ussel, in tanti altri castelli che si possono visitare in Valle d’Aosta e in questo evento rievocativo che riprende i fasti di Casa Challant.

Una leggenda locale racconta la fine del feudatario Francesco di Challant, abituato a perpetrare abusi e prepotenze: in seguito alla condanna a morte di un popolano che intendeva sottrarsi ad una "corvée" imposta per la costruzione di un canale, i contadini del paese cospargono di lumache il ripido sentiero che conduce al castello, lungo un ciglione a strapiombo; il cavallo di Francesco scivola sulla viscida fiumana di bava e precipita nel dirupo, insieme al suo cavaliere, che finisce in questo modo i suoi i giorni. Una delle tante leggende, di cui è intrisa l'intera Valle, che rendono al sua storia ancora più affascinante.

Note

(1) Ebalo II di Challant (1300 ca. 1359 ca.). Figlio di Gotofredo II di Challant, primogenito di Ebalo Magno e della nobile genovese Beatrice Fieschi; fratello di Aimone di Challant – Fénis. Sposa Francesca di Quart, figlia del signore di Quart, dalla quale ha almeno cinque figli. Il testamento del nonno paterno Ebalo, morto nel 1323, stabilisce che parte dei suoi beni vadano ai nipoti Ebalo e Aimone, figli di Gotofredo morto precocemente, e l'altra parte ai quattro figli maschi ancora vivi. Al termine di lunghe dispute Ebalo e Aimone ottengono nel 1337 i feudi di Ussel, Saint-Marcel e Fénis; i primi due spettano a Ebalo, al quale viene anche riconosciuto il diritto di costruire un castello ad Ussel, trascorsi sei anni dalla firma dell'accordo.

(2) Già visconti di Aosta e fedelissimi servitori dei conti di Savoia, gli Challant hanno come capostipite il visconte Bosone. Questi, nell'aprile 1206, riceve in feudo dal conte Tommaso I di Savoia il castello di Villa – Challand, situato a Challand- Saint- Victor, un dominio destinato ad estendersi in breve tempo.

(3) Jean – Baptiste De Tillier (Aosta, 24 giugno 1678 – Aosta, 11 marzo 1744). “Noble des seigneurs pairs et secrétaire des états du Duché d'Aoste”, ossia alto funzionario del Ducato di Aosta durante il dominio sabaudo, rappresenta la figura maggiore della storiografia valdostana classica. La sua opera principale è Historique de la Vallée d'Aoste, Aosta, Ed. L. Mensio, 1887 [1737].

(4) Marcel Bich (Torino, 29 luglio 1914 – Parigi, 30 maggio 1994). Per ricordare le sue origini, nel 2004 il Comune di Torino ha collocato una targa sul muro della casa dove era nato. Egli è il nipote di Emmanuel Bich (Chatillon, 1800 – Aosta, 1866), che si laurea in medicina a Torino nel 1823, esercita la professione medica ad Aosta e diventa Protomedico. Membro fondatore dell'Accademia di Sant'Anselmo e Sindaco di Aosta, nel 1841 viene insignito del titolo nobiliare di barone dal Re Carlo Alberto.

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Articolo pubblicato il 19/07/2023