Alla ricerca del più bel giorno della nostra vita

Quinta cronaca dall'ospedale, sperando di poter uscire presto e respirare nuovi assaggi di vitalità

Due mesi di ricovero in un reparto di terapia semi-intensiva non sono un regalo certamente, ma se il detto: "non tutto il male vien per nuocere " lo si vuol tirare in ballo a ogni costo, allora non bisogna sprecare l'occasione.

 

Nel tempo delle ore che non passano mai, soprattutto durante certe notti in cui pare d'essere stati assorbiti da una irrealtà ambientale che mescola suoni, lamenti, rumori, respiri e impalpabili pensieri di tante vite alle prese con le lancette del proprio tempo biologico, allora non mancano le occasioni per arricchire il proprio bagaglio culturale sul vero senso della vita e sulla sua bellezza leopardiana, finché scorre in salute e serena appartenenze ai ritmi di una quotidiana naturalezza, tante volte ignorata.

 

Notti scuola di vita, foraggio per il cervello, desideri semplici di tutto il minimo che manca, sogni, desideri, speranze, vili giuramenti e imbrogli di ricordi si susseguono per ammazzare il tempo, sapendo che in un momento chissà quando sarà lui a calare l'ultima carta, l'asso di picche fin qui mancante.

 

Metafore con gli occhi chiusi intenti a disegnare storie di bei tempi andati… un sospiro va in affanno poco distante, quindi un lamento, a che cosa starà pensando?

Durante una di queste ore di una notte impura, la mia testa è fuggita dal giaciglio andando in cerca di quello che era stato il giorno più bello della mia poliedrica esistenza. Ho cominciato a ricercare i momenti più felici impressi nella mente fin da quando ero bambino: un camioncino, il gioco degli indiani, il mio primo fungo porcino… quindi sono andato avanti nel mio tempo passato, il giorno della mia prima moto, e poi volti e seni e fianchi di giovani amori, e poi famiglia, lavoro, figlie….

 

E ogni volta proiettando le diapositive di quei giorni andati e di quei momenti, quasi come sfogliando un carciofo per arrivare a gustarne il cuoricino, mi sono accorto che c'era dell'altro, qualcosa che un giorno mi riscaldò il cuore più di ogni altra sensazione provata prima. L'immagine e il momento mi sono apparsi limpidi e lucidi quasi come se si fossero dati appuntamento. Era un dì di luglio primi anni '80. Da giorni mi muovevo tra i boschi di montagna insieme a un vecchio amico: tenda, scarponi, pentolini…, breve fuga estiva dalla civiltà asfissiante. Ricco di salute ed energia ero seduto accanto a una cascata e ascoltavo il concerto d'acqua e sassi in perfetta armonia con il colore del cielo, con la terra umida e con il sole quasi a picco. Poco distante un cerbiatto curioso, seppur prudente osservava me, l'intruso, tanto che di lì a poco accettò la mia presenza. In quel momento ricordo che spingendo lo sguardo fin oltre i profili dei monti e l'orizzonte, mi sentii microbica parte di un unico infinito progettato da un inafferrabile, divino mistero, ed essere vivente. Quel sentirmi elemento di un tutto in magica armonia, mi ha trasmesso una scarica di bellezza tanto breve quanto semplice e profonda che, pensando e ripensando al momento più bello della mia vita in quella notte d'ospedale eterna e sofferente, è risultato il più indelebile e profondo ricordo mai provato nel corso dell'andare del mio più ameno tempo. 

 

Gioco della mente niente affatto banale di un uomo appena strappato da un sinistro destino. Pensieri ben scremati da paure e presagi che nelle notti ruotano tra i letti e i gemiti dell'ospedale. Acqua limpida che saltella, odore di muschio e tiepido sole a riscaldare il mondo. E io lì, parte dei quattro elementi, organismo vivente facente parte di una gioia - bellezza così vere eppur distanti da quella notte scura, crudele e funesta.

 

Il pensiero era ancora vivo al momento del risveglio, ho ripassato la lezione mentre le luci dell'alba cambiavano colore alle tinte della stanza. Ho ripensato al momento più bello della mia vita mentre accanto a me una certa "nonna Teresina" stava spegnendo la sua lunga vita.

 

Acqua, sole, terra umida e solida, cieli profondi, una bestia selvatica, il concerto di una cascata. Che meraviglia aver potuto assorbire e comprendere quell'indelebile, universale attimo di vita, così che quando anche il mio tempo finirà, già so che in qualche modo sono stato fortunata parte di un paradisiaco infinito.

 

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Articolo pubblicato il 25/07/2023