Ritrovare la Forza nelle nostre radici.

Opporsi alla deriva transumanista si può di Angelo Tonelli

“Siamo tutti Greci” è l’esergo con cui Angelo Tonelli - citando la massima di P. B. Shelley - introduce questo suo ultimo saggio sapienziale; aggiungerei, però, alcuni più degli altri perché le caratteristiche eroiche dei personaggi che ci sono giunti attraverso i vari autori, oggi non risplendono sempre in taluni soggetti alla ribalta politico economica sociale.

L’autore dedica la sua opera “A tutti gli spiriti liberi. A tutti i Maestri e le Maestre di consapevolezza e libertà di ogni tempo e luogo. All’homo novus, che nascerà dalle ceneri della (in)civiltà contemporanea”.

Nulla mi trova più d’accordo, perché è evidente che ci troviamo alla fine di un periodo storico - chiamato in Oriente Kalijuga - in cui al degrado di ogni istanza etica, morale e religiosa si è aggiunto un impoverimento non solo materiale ma, soprattutto, spirituale.

E poveri ci vogliono, perché economia, finanza e poteri occulti di vario genere tengono banco angariando un gregge di individui spaventati così tanto da credere a una narrazione ridicola, se non fosse tragica.

Angelo Tonelli è un personaggio della Cultura di grande rilievo che non ha avuto paura a contrastare immediatamente i diktat politici, pagando di persona l’allontanamento da circuiti di maggiore visibilità: così oggi il gregge deve accontentarsi di ascoltare le parole di chi si è piegato ai “consigli” sicuramente non ribollenti di sacro furore, ma con le giuste sfumature di opportunismo, stemprate con elegante eloquio.

Trascriviamo così l’introduzione a un testo facilmente leggibile, anche per i meno addetti ai lavori: vuole essere un testo divulgativo, non un’esibizione di Cultura. C.M.    

 

Questo libro vuole essere un meditato grido di allarme rivolto a tutti coloro che abitano il pianeta Terra in quest’epoca di trasformazione, e una proposta di rigenerazione individuale e collettiva alla luce della Sapienza greca e degli insegnamenti contenuti nel mito. Un ritorno alla Fonte per trarne linfa spirituale che ci consenta di acquisire uno sguardo libero sulla crisi dell’adesso e sulla possibilità di farne occasione di una evoluzione antropologica positiva, in contrasto con le ambizioni transumanistiche delle élite di potere economico e politico. 

 

Riprendo temi che ho variamente trattato in miei lavori precedenti, in particolare il rapporto tra interiorità e politica, e la critica alla degenerazione progressiva dei livelli di coscienza mirabilmente condensati nelle parole dei Sophoí, per effetto e a causa dell’affermarsi di una cultura raziocentrica e scientistica che ha castrato gli esseri umani nella loro autentica dimensione spirituale, e dunque nella capacità di edificare una società evoluta, solidale, in armonia con la Natura.

 

Le nostre radici o, come si usa dire, il nostro DNA culturale, affondano in quella grandiosa stagione della Grecia, e soprattutto della nostra Magna Grecia, in cui fiorì la Sapienza ellenica, non disgiunta da quella orientale, nelle culminazioni di coloro che Giorgio Colli definì “filosofi sovrumani”, da Pitagora a Parmenide a Empedocle e, nelle coste della Ionia, Eraclito.  Costoro erano stabilmente centrati in stati di coscienza unitaria, ovvero oceanica, e li testimoniavano e comunicavano alla loro cerchia di iniziati e, per osmosi, alla pólis. Associavano alla coltivazione dell’interiorità e al radicamento nel profondo, alla maniera dei meditanti orientali, l’impegno nella vita consociata: il Sapiente era anche politico, il misticismo si coniugava con l’azione civile.

 

Questo modello è venuto meno, e va recuperato, perché di questi tempi la vicenda collettiva degli umani viene agita da forze economiche e politiche insane, che vorrebbero spingere in direzione di una forma di governance mondialista fondata sull’espansione della digitalizzazione e dell’intelligenza artificiale al fine di un progressivo e sempre crescente controllo sui viventi.

 

Va recuperato per contrapporre allo svuotamento animico e noetico proprio dello schizantropo (perché scisso da Anima per effetto della predominanza raziotecnica) previsto dai programmi dell’élite mondialista, l’uomo e la donna integri, unificati nella propria interiorità e con il cosmo antropico e naturale.

 

In questo consiste l’inattuale attualità della Sapienza, e del mito, che a questa unità, integrità e consapevolezza possono condurci tuttora, perché da essi ricaviamo uno sguardo non contaminato sulla vita individuale e collettiva, e sui grandi temi della paura, della tecnica, della morte, della conoscenza e della politica.

 

A questo sguardo, attraverso le pagine, ci condurranno i miti di Dedalo e Icaro, Prometeo, del Serse di Eschilo, di Perseo e la Gorgone, di Edipo; e le parole sapienziali di Eraclito, Parmenide, Empedocle, e le esperienze civili e politiche di Socrate, martire della Verità, Platone, Zenone, Melisso.

 

Ne ricaveremo uno sguardo aperto e indomito sulla  paura e sulla morte, l’invito a subordinare la tecnica alla Sapienza e alla Natura, e la testimonianza della  possibilità di una vita politica illuminata dalla luce noetica, ovvero da quel galleggiante che, come ci dice Plutarco, è sempre in quiete e sovrasta il mari agitati della nostra esperienza psichica e esistenziale di umani e, se ci teniamo saldamente ancorati a esso, ci consente di attraversare la vita con consapevolezza e stabile serenità, senza recare danno a individui e collettività, per paura, avidità o spirito di prevaricazione. E di affinare le qualità superiori della psiche, ovvero consapevolezza, solidarietà, creatività.

 

E ancora percorreremo la strada che porta a Eleusi, sulle tracce di Persefone che entra in contatto con la dimensione ctonia, attraverso il matrimonio con Hades, il dio degli Inferi, e ci conduce alla necessità della katábasis, il descensus ad Inferos necessario per poter accedere all’anábasis, l’ascensione che dischiude alla visione suprema, l’epopteía, della Luce dell’Uno; e ci aggireremo per le plaghe misteriose dell’Oltrevita, nella geografia del Paese dei Morti che morti non sono, accompagnati dalle parole delle Lamine d’oro orfiche, incise nell’oro sottile e sigillate nei sepolcri o nelle ceneri degli iniziati, parole scritte che alla maniera di quelle sussurrate all’orecchio del cadavere nel Libro tibetano dei Morti, guidavano l’iniziato nel tragitto post mortem.

 

E accompagneremo le danze estatiche delle baccanti, le sciamane di Dioniso, il dio dell’ebbrezza e della contemplazione, che alla maniera di Shiva, e della psicologia del profondo junghiana, ci conduce all’equilibrio e alla sophrosýne attraverso la trasgressione e il confronto che le nostre pulsioni più estreme al ritmo del flauto e del tamburo, e alla luce dello specchio di consapevolezza.

 

E rintracceremo molto Oriente nel nostro Occidente quando ci avvicineremo alle parole di Empedocle e di Platone sulla reincarnazione, specialmente nel mito di Er e di Adrastea, o quando incontreremo la figura di Ermotimo, il reincarnato di Clazomene, così simile ai tulku tibetani; così anche troviamo molto Oriente upanishadico e taoista in Parmenide e in Eraclito, e possiamo rintracciare un comune sostrato sciamanico occidentale-orientale, e forme  di pratica spirituale nei Pitagorici (il silenzio, l’incubazione nelle grotte, l’anámnesis, la respirazione diaframmatica) che ci fanno intendere come anche la Sapienza greca radicasse in concrete esperienze psicocorporee, alla maniera delle corrispettive pratiche d’Oriente.

 

Tutto ciò è un fiume meraviglioso di conoscenza e soprattutto di stati di coscienza illuminati che può “spartirsi nelle nostre viscere”, per dirla con Empedocle, e fornirci

la forza e la salda centratura necessarie per attraversare la vita senza essere inghiottiti dai flutti delle pulsioni, delle passioni e delle peripezie distruttive e perturbanti che l’incarnazione umana implica, al fuoco sempre acceso dell’amore per la vita di cui la morte è il volto nascosto.

 

Qui si forgia l’homo novus, consapevole, unificato, armonico, di cui viene proposto come modello antropologico Eraclito, il Sapiente che consacrò il suo libro Sull’Origine nel tempio di Artemide a Efeso, e che dalla distanza dei millenni ci parla con voce insieme distaccata e complice per condurci sulla via della Sapienza.

 

L’homo novus è partigiano luminoso e irriducibile nella battaglia che oggi culmina contro l’intreccio snaturato e snaturante di tecnologia digitale, avidità economica e cieca volontà di potenza di un’ élite pronta a vendere la Madre Terra e i suoi figli in cambio di Potere e Denaro, in  un delirio patetico di controllo algoritmico su individui ridotti a sudditi-zombies, e di un’ immortalità corporea raggiungibile attraverso l’alterazione cibernetica dei corpi, in un grottesco scimmiottamento degli Dei a prezzo dell’Anima e della libertà.

 

Ai programmi distopici e transumanistici di reset globale messi in campo dalle élite, che trovano espressione nelle parole di Klaus Schwab, Presidente del World Economic Forum di Davos, e agli esempi di realtà transumanistiche già  effettive, disseminate un po’ dovunque nel pianeta umano, dai Monaci robot alle singolarità  tecnologiche a Megatron, per non dire degli esperimenti di manipolazione del cervello di Elon Musk, o delle modificazioni genetiche attraverso i sieri RNA messaggero somministrati su scala planetaria, la fabbricazione di androidi e la progressiva proliferazione di algoritmi che sostituiscono giudici e medici, e altro ancora, è dedicata la parte finale del libro-pamphlet, a cui si appone come explicit un Manifesto contro il Transumanesimo.

 

Due visioni del mondo e dell’umanità si stanno scontrando, di cui una è sostenuta da smisurati poteri economici e mediatici, che le consegnano una capacità di coinvolgimento e persuasione mai prima d’ora dispiegati nel corso della storia. 

Il trionfo della visione transumanistica segnerebbe una regressione profonda dell’Homo Sapiens a livelli di disumanizzazione e disanimazione non auspicabili, e ne comprometterebbe l’evoluzione verso livelli più alti di consapevolezza, solidarietà e libertà. 

 

Questo pamphlet sapienziale intende offrire un piccolo contributo a una battaglia di civiltà e di spiritualità destinata a acuirsi nei prossimi lustri, per contrastare, compensandola, l’ipertrofia raziotecnica di una prospettiva transumanistica che sarà altrimenti foriera di sofferenza e infelicità per gli umani.

Se non speri l’insperabile non lo scoprirai, perché è chiuso alla ricerca e a esso non conduce nessuna strada”.

(Eraclito 22B18 DK)

 

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Articolo pubblicato il 19/09/2023