Violenza, abbandono scolastico, volontariato e servizio civile. Uno sguardo sulle nostre realtà giovanili

Partendo dalle parole di Sergio Mattarella, una tela abbozzata su cui completare il quadro di un futuro che è già qui e di quello che verrà

La violenza giovanile e un sistema da ricompattare

In questo momento in cui, nelle nuove generazioni, l’etica e il senso civico sembrano sempre più contaminati da una ribellione che supera il limite della tolleranza civile, le parole pronunciate per celebrare l’apertura del nuovo anno scolastico dal Presidente Mattarella, sul valore dell’istruzione e della frequenza scolastica, sono suonate quanto mai appropriate. Altrettanto il richiamo nei confronti delle famiglie critiche con l’operato degli insegnanti, con un appunto molto azzeccato: “questo atteggiamento tende a rivelarsi negativo per il futuro dei vostri figli”.

Parole pronunciate col tono suadente tipico del nostro Presidente, ma che sono esplose nella mente delle coscienze più attente; un vero supporto morale anche per la categoria degli insegnanti, fino a oggi quasi dimenticata e lasciata a una quotidianità sempre più discussa e sottostimata.

I giovani, che dovrebbero essere il bastone di sostegno del nostro futuro, in questo secondo decennio del nuovo millennio sembra debbano ritrovare un faro che illumini il proprio percorso di crescita, non solo nella scuola, ma anche nel senso di appartenenza a uno Stato chiamato a confrontarsi ogni giorno con i problemi di decine di milioni di cittadini.

In seguito al crescere di cronache che coinvolgono violente bande di giovani senza controllo, da più parti, un certo tipo di cittadinanza in apnea da rispetto e sicurezza, ha invocato il ripristino del servizio militare obbligatorio. Una mossa tanto interessante quanto di difficile realizzazione da parte di un governo di centro destra, alle prese con molteplici ritardi, endemici ed ereditati, e sempre sotto l’esame di un riflettore popolare oggi all’opposizione, pronto a puntare il dito dell’estremismo, rievocando senza pudore fantasmi di un passato ormai lontanissimo, ma che fa sempre presa su un elettorato manipolabile, pronto a cambiare casacca o a defilarsi da una politica in cui non riconosce né se stesso, né un programma meritevole di riconferma e di nuova attenzione. È un rischio concreto al quale è difficile offrire solide prese di posizione senza offrire il fianco a critiche facili da confezionare. Ma va veramente tutto male nell’universo giovanile?

Il mondo del volontariato e i giovani che non fanno danni

Ecco dunque che in questo delicato contesto in cui il baricentro dovrebbe essere comune, e cioè: l’educazione dei giovani e il senso di un ruolo civico in cui riconoscere il proprio futuro, il 14 settembre 2023, il Dipartimento per le Politiche Giovanili e il Servizio Civile ha dato il via alla Elezione della Rappresentanza degli operatori volontari del servizio civile universale: aperta la procedura on-line per l’elezione dei delegati di regioni, province e comuni.

Quest’anno i posti a disposizione dei giovani sono 71.741, un numero molto più elevato di adesioni volontarie rispetto al 2022, quando furono 63.331, già un record da quando, nel 2001 è stato istituito il servizio civile su base volontaria. È un segnale che rivitalizza la speranza di una meglio gioventù sempre più consapevole che il senso della vita deve, in primis, partire dall’interiorità di se stessi e da una auto maturazione che non è in cerca di colpe altrui.

Ma in cosa consiste il servizio civile? Le attività comprese nei progetti spaziano dalle attività di assistenza ad anziani, minori, disabili, malati gravi e giovani immigrati, alle funzioni di cura, riabilitazione e reinserimento sociale, per lo più di soggetti traumatizzati, a una sempre più necessaria opera di protezione civile, difesa dell’ecosistema, salvaguardia del patrimonio ambientale, e così via. Progetti elaborati dai soggetti e sottoposti a valutazione dei delegati preposti.

L’orario dedicato alle attività del servizio civile è di 25 ore settimanali oppure di un totale annuo di 1145 ore a fronte di un assegno mensile di € 444,30. La domanda deve essere presentata entro le 14:00 di giovedì 28 settembre. C’è ancora tempo! Per info: https://www.politichegiovanili.gov.it/

A questo punto è doverosa una riflessione: se si conteggiano i giovani che aderiscono a movimenti cattolici quali ad esempio Comunione e Liberazione e i frequentatori delle 200 Case Salesiane ancora presenti sul territorio italiano, e poi i giovani che dai 14 anni in poi diventano volontari della Croce Rossa, i ragazzi di Fridays for Future, quelli di Greenpeace, dell’Arci ragazzi, della Alleanza Delle Cooperative, di molte altre attività benefiche, e soprattutto, gli oltre 13 milioni di tesserati alla Associazione Società Sportive Dilettantesche, la lista dei bravi ragazzi è più lunga dei cattivi, ma come recita il detto: “fa più rumore un albero che cade, piuttosto che una foresta che cresce”.

Stabilito che il fenomeno delle Baby gang, dell’abbandono scolastico e di un vistoso malessere aggressivo che ha alzato l’asticella della violenza giovanile sono un problema serio, il totale dei giovani compresi tra 14:19 anni impegnati nel volontariato nel 2022 è pari al 12,2% e in attività ben poco aggressive quali quelle sportive, in età compresa tra 15:17 anni supera il 50%. Un altro dato molto significativo è che il 77% dei giovani è sensibilizzato e preoccupato per l’aggravarsi della crisi ambientale. Dunque, cosa c’è che non va?

I motivi dell’aumento di certe forme di violenza tra i giovani, statisticamente risultano plurimi. Si parte da una forma di riconoscimento sociale, laddove proprio il sociale è assente, quindi da un atavico desiderio di supremazia territoriale, tipico dell’età dello sviluppo, altrettanto lo spirito di emulazione, la noia, la frustrazione indotta da una anestesia emotiva di una dipendenza legata alla realtà virtuale e al gioco facile dell’esaltazione di sé affidata ai più battuti social network, fino a una venale necessità di procurarsi denaro facile, sia per i propri vizi sempre più costosi, sia per una vera e propria esigenza economica generata dall’aumento della disoccupazione, sia dei giovani che delle loro famiglie.

Un popolo in evoluzione e l’esempio che parte dall’alto

Ecco dunque un quadro appena abbozzato, su cui la classe politica, la scuola e la famiglia sono chiamati a raccolta per dipingere nuovi particolari e applicare le giuste tinte laddove i vuoti si stanno facendo sempre più sbiaditi. E poi c’è la questione immigrati. Oggi il 10% dei banchi di scuola è occupato da giovani d’altri Paesi o figli nati in Italia da coppie di rifugiati. Serve una forma di scolastica integrazione multilaterale in grado di gestire un fenomeno in ascesa, destinato a modificare per sempre una ripetitiva educazione europea. C’è davvero di che lavorare. L’unica strada da intraprendere dovrebbe essere quella di una seria unità nazionale, poiché il futuro è di tutti e dunque, si dovrebbe gettare il pensiero oltre le convenienze degli slogan elettorali.

A questo punto però l’ultima domanda spunta da sola: come pretendere di ricompattare la gioventù intorno ai principi educativi di uno Stato civile, quando i battibecchi sterili e infantili dei nostri leader di partito in cerca di consenso elettorale sono la prima, pessima, insopportabile catena del cattivo esempio? E chiederlo ai ragazzi?

 

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Articolo pubblicato il 21/09/2023