L'Acqua maestra di vita

Un contributo del Prof Antonio Binni, Gran Maestro Emerito della GLDI

di Antonio BINNI

Tradizione consolidata nel tempo e nello spazio insegna che la Natura - in ciascuno dei suoi numerosi elementi costitutivi - aria; terra; acqua; fuoco; vegetazione; esseri viventi - è Maestra di vita. Per secoli gli umani hanno infatti appreso dal mondo naturale lezioni e ammaestramenti fondamentali: verità nascoste divenute così evidenti.

    Questo è stato peraltro possibile unicamente perché i nostri antenati hanno da subito imparato a pensare in termini simbolici: un metodo prezioso che consente di rivelare segretamente ciò che nasconde il velato nel quale ci si imbatte nel quotidiano. La natura, con la sua saggezza, è divenuta così chiaro esempio e, soprattutto, guida sicura per chi intenda rifuggire dall’apparenza.

    Condividiamo appieno codesto assunto. Tanto da averci indotto a intitolare un precedente articolo «Natura Magistra vitae» [La natura maestra di vita] (pubblicato nel numero di Officinae, Rivista della GLdI, del Giugno 2021, al quale ci permettiamo di operare un rinvio integrale e recettizio proprio per il suo carattere generale relativo all’argomento.)

     Con questo odierno scritto riprendiamo il tema dedicando però tutta la nostra attenzione esclusivamente a uno soltanto degli elementi significativi: l'acqua perché, fra tutti fenomeni naturali, l'acqua svolge un ruolo sicuramente preponderante.

    L’argomento, alla luce del pregresso considerato, verrà ovviamente trattato in quei termini simbolici che permettono di cogliere insegnamenti preziosi, fra i quali brilla, lo sottolineiamo da subito, l'umiltà: una virtù, in verità, oggi assai poco praticata. Tanto da avvertirne la necessità e provarne nostalgia.

    
    Dopo questa preliminare precisazione è naturale che, in questo scritto, non rinvenga cittadinanza la capacità dell'acqua di assumere una qualsiasi forma fino a divenire, forma stessa dell’acqua, quella del suo contenitore. Né la sua possibilità di divenire alla vista del passante uno specchio opaco, ma pur sempre ugualmente riflettente e, perfino, un modello per la livella cara al muratore e al carpentiere.

    Al contrario, si assumerà l'acqua come una fonte di saggezza dalla quale si può imparare esattamente come si apprende dal saggio. E ho scritto «saggio» a ragion veduta proprio per designare un Maestro vero, e non, invece, un insegnante ordinario, per quanto eccezionale, incapace, comunque, di scendere in profondità fino a toccare col pensiero il fondo delle cose.

    Per essere realisti, si deve riconoscere che le proprietà dell'acqua, che rimandano all'insegnamento, sono molteplici. Con questo scritto, fra le tante, data la sede, cerchiamo però di identificarne e illustrarne soltanto alcune prescelte fra le principali.

    L’acqua nasce da una sorgente che non si arresta né di giorno né di notte. A significare essenzialmente la perennità della vita che, gorgogliante, si sussegue incurante della sorte dei singoli che trapassano. Vita che celebra la vita. Vita che fluisce. Eterna che tu oggi puoi anche avere e toccare. Appena appena. 

    Come hanno, per primi, intuito e insegnato i sofisti, l'acqua, esattamente come il tempo, scorre vincendo ogni resistenza. Nulla può infatti intralciarne il cammino per la sua straordinaria abilità nel non ingaggiare mai un corpo a corpo con l'ostacolo con astuzia semplicemente aggirato. Parimenti deve svolgersi la vita dell'uomo, alunno che contempla l'acqua che scorre silenziosa solo per chi ne ignora il linguaggio profondo, nascosto. Dalla muta contemplazione si impara invece a conoscere proprio il fluire della vita e la sua forza creativa perché dove c'è acqua, ivi c'è vita. Come se l'acqua fosse un seme che, da potenza virtuale, diventa appieno atto effettivo. Il che spiega e motiva il sorgere delle erbe e delle piantine intorno alle acque sorte appunto come un miracolo perché del tutto ignote alla mano dell'uomo, nel caso di specie, non laboriose.

    L'acqua trascina a valle l'accumulo di tutto ciò che ha raccolto nel suo cammino. Rifiuti e sporcizia, compresi. Senza però rimanerne insozzata. Al termine del suo scorrere, infatti, l'acqua si presenta ancora limpida e cristallina. Esempio di saggezza per l'uomo chiamato a emendarsi dalle proprie disgustose debolezze delle quali è rimasto vittima nel suo periglioso cammino: operazione indispensabile per la nascita di un uomo nuovo capace di prestare attenzione al mistero profondo che sgorga dal mondo e dall’uomo tutt'altro che un semplice pugno di terra.

    L’acqua ha una forza possente che, però, può divenire anche causa di morte in difetto di un suo corso predisposto. Quando ciò accade, sia pure dolorosamente, insegna l'importanza della necessità, che è vincolo indispensabile e imprescindibile per evitare rigorosamente tutti gli eccessi. La regola è sempre la stessa. Bisogna imparare dall'acqua. Anche quando si fa forza distruttiva e devastante. Nello stesso modo in cui si impara dal saggio quando insegna l'invalicabilità del limite e l'obbligo della moderazione, oltre l'attenzione ai pericoli che lastricano la via accidentata dell'uomo: virtù della correttezza e della prudenza che rendono sicuro il cammino.

    È comunque prevalentemente all’acqua, come fonte di vita, che deve ispirarsi l'essere umano intenzionato a divenire «uomo».

    L’acqua scorre sempre in una direzione determinata dettata dalla natura o dalla mano dell’uomo. Quando interviene l'attività umana, si potrebbe pensare che l'acqua perda la sua natura essenziale e, soprattutto, esemplare. L’educazione, che si impartisce all'uomo, proprio come l'acqua diretta dalla sua mano, può infatti inclinare la sua natura da una parte o dall'altra. Chi argomentasse in codesti termini incorrerebbe tuttavia in un errore, non lieve, considerato che la peculiarità caratteristica dell'acqua è solo ed esclusivamente la sua pendenza. L'acqua, anche quando interviene l'uomo, scorre infatti necessariamente verso il basso. Per sua natura abita la valle. Là è solo là è la sua casa. Ne consegue che il suo senso è sempre unidirezionale, unico e esclusivo. Donde la preziosità di un insegnamento irrinunciabile. Dunque. Come l'acqua non può fare a meno di confluire verso il basso, così l'uomo non può prescindere dall'incamminarsi verso il bene, verso il quale pende e inclina. Suo unico senso, dunque, e, perciò, suo unico fine assunto come obiettivo, come rigoroso canone di vita perseguito quotidianamente con tutte le sue forze.

    Senso. Parola ricorrente; ma poco investigata. Da qui l'urgenza di una sua analisi che, per quanto necessariamente, e pure dolorosamente, limitata, ciò non di meno è tuttavia imprescindibile anche in questo contesto. Oltre che per la fondamentale importanza che quel vocabolo racchiude in sé dal profilo generale.

    Il senso è innanzitutto distanza perché designa ciò che già esiste a differenza di ciò che ancora invece non è. Da questo profilo è un vuoto che nasconde il desiderio di essere colmato. Gli è perciò intrinseca una tensione che è relazione fra presente e futuro, fra vicino e lontano: tensione permanente perché sempre in divenire. Motore che modifica chi lo segue e gli obbedisce. È orientamento irrinunciabile a servizio della vita perché, esattamente com'è il senso per l'acqua, unico e immodificabile perché indirizzato verso il basso, così il senso, per l'uomo, è la sua principale, esclusiva, ragione per vivere, lottare, morire, nascondendo una ricerca di trascendenza che, quando rivolge gli occhi al cielo, è spiritualità, richiesta di incontro, spesso dolorosa, ma sempre arricchente. Al postutto è un'esperienza personale, singolare, intrasferibile. Quando si alimenta con determinazione e costanza è anche paura di fare del male perché il mio uniformarsi all'obiettivo che mi sono prefisso richiede, pur sempre e comunque, l'imprescindibile e fermo rispetto dovuto al mistero dell’altro.

    Osservando il senso dell'acqua, così unico perché immodificabile per definizione, si può, dunque, da parte dell'essere umano, cogliere il significato compiuto che al senso attribuisce l'uomo che desidera una esistenza autentica, anziché una miserabile inconcludente sequela di giorni privi di un qualsiasi significato.

    A chiusura di questa - forse  troppo breve - riflessione, si impone, se non andiamo errati, una ultima considerazione.

    Non può esserci acqua senza montagna. Così come non può esserci montagna senza acqua. Fra acqua e montagna esiste, dunque, una assoluta complementarietà che, per definizione ne esclude la identità. Come corollario in via strettamente consequenziale, ne discende che, da questi due elementi naturali, debbano, di necessità, conseguire altrettanti distinti, diversi, insegnamenti che, di seguito, mi provo a delineare.

    La montagna è immutabile. Può, dunque, felicemente incarnare l'amore. Quello di un padre verso il figlio. 

    L’acqua, per contro, proprio perché scorre, richiama, invece, alla mente dell'uomo il suo modo di porsi nel mondo nel suo tormentato percorso. Anche con tutta la sua testardaggine e la sua grande flessibilità, oltre che con tutta la sua oculata saggezza: attributi propri dell'acqua che richiede somma attenzione per non trasformarsi in fonte di morte.

    Per tutto questo, è lecito affermare che l'uomo buono ama la montagna, così come l'uomo saggio ama invece l’acqua. Dove montagna e acqua si rivelano come altrettanti autentici complici dell'umana esistenza.
    Bontà e saggezza concludono allora la riflessione con l'invito - tutt’altro che nascosto! - a diventare, e a essere, uomini buoni e saggi.  

Foto G.Guerreri 

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Articolo pubblicato il 26/09/2023