Di Alessandro Mella
Nei mesi cupi del conflitto fratricida che insanguinò le nostre città tra il settembre del 1943 e l’aprile-maggio 1945, quando la disperazione dell’ultimo fascismo fu combattuta con forza dalla vivacità della Resistenza, furono scritte migliaia di pagine storia spesso sconosciute e talvolta taciute, dimenticate, seppellite in pozzi d’oblio, solo perché non conformi alle opposte vulgate, perché riguardavano, magari, gli sconfitti.
Alcuni, tra l’altro, trovatisi da una parte o dall’altra non sempre per scelta politica, etica o morale ma magari per circostanze fortuite, per caso, per situazioni indipendenti dalla loro volontà.
Ma in quel clima di guerra civile la vita, quella quasi normale, non cessò di proseguire con tutto ciò che ne conseguiva compresi i casi di “ordinaria criminalità” cui anche la Polizia della Repubblica Sociale Italiana dovette far fronte.
Ed a Torino le forze dell’ordine si trovarono a fare i conti con la pretesa delle autorità repubblicane di concorrere alla lotta antipartigiana e al tempo stesso di badare ai banditi comuni che non avevano, appunto, cessato di operare.
Vi era, tra i poliziotti torinesi, anche un sottufficiale nato tanto tempo prima e piuttosto lontano, a Senigallia d’Ancona, il 29 agosto del 1889 figlio di Pietro. Attilio Barucca, brigadiere di pubblica sicurezza, prestava servizio al commissariato “Vanchiglia” alle dipendenze della Questura Repubblicana del capoluogo piemontese. (1)
Era un bravo agente, capace e scaltro, tanto da meritare nel 1927 un encomio solenne da parte del Ministero dell’Interno. (2)
Tuttavia, la sua scaltrezza non lo salvò da una situazione difficile in cui si trovò coinvolto il 26 febbraio 1944. (3) Uno scontro a fuoco con criminali comuni in quel di corso Vinzaglio, nel cuore della città.(4)
Barucca aveva saputo che un conosciuto bandito si era rifugiato a Torino confidando nel caos generalizzato per sfuggire all’occhio della polizia. Il nostro, allora, con un collega, si nascose nel negozio dell’amante di costui per coglierlo di sorpresa e metterlo agli arresti.
Il brigante, quando giunse e s’accorse dei poliziotti, riuscì rapidamente a sparare ed a ferire il brigadiere Barucca che, malgrado le lesioni piuttosto gravi, riuscì a telefonare per dare l’allarme. Tuttavia, il delinquente tornò dopo pochi istanti con una seconda pistola che teneva ben occultata e nello scontro a fuoco che seguì uccise il nostro freddandolo a terra, ma restando, però, ferito a sua volta. Così gravemente da morire a distanza di poco tempo.
Curiosamente i quotidiani del tempo non diedero spazio all’evento e la morte eroica del nostro poliziotto fu unicamente riportata nello “Stato Civile” del quotidiano La Stampa. Inserito nell’elenco generico dei defunti del giorno senza cenni sulle circostanze della scomparsa. (5)
Non la politica, non i media del tempo, non la propaganda, nessuno ne celebrò il coraggioso sacrificio. La morte compiendo un dovere che trascendeva dagli schieramenti politici, dalla ferocia della guerra civile. E forse proprio per questo la memoria del Barucca si perse un poco. In quella città ove egli, ancora, riposa. Eroe pur sotto una bandiera che divise ma che non offusca il valore del gesto compiuto. Queste poche righe, forse, aiuteranno a salvarlo dal calderone dei secoli nel quale il suo esempio s’è perso tanto tempo fa.
Alessandro Mella
NOTE
1) https://www.cadutipoliziadistato.it/caduti/barucca-attilio/ (Consultato il 18 febbraio 2023).
2) Bollettino Ufficiale del Ministero dell’Interno, 19-20, Anno XXXVI, 1-11 luglio 1927, p. 963.
3) Torino 1943-1946, Martirologio, L’Ultima Crociata Editrice, 2005, p. 265.
4) I ribelli siamo noi, II edizione, Volume I, Michele Tosca, Roberto Chiaramonte Editore, Collegno, p. 201.
5) La Stampa, 61, Anno LXXVIII, 1° marzo 1944, p. 4.
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Articolo pubblicato il 30/10/2023