E’ Natale!

Quando il consumismo prevale su tradizione e spiritualità

Siamo finalmente giunti a Natale. E’ da un mese che la campagna consumistica imperversa su social e addirittura sui telefonini. Mai come quest’anno, siamo assediati da messaggi ossessivi che ci incitano al consumo.  Vetrine, proposte di occasioni pseudo vantaggiose, volte  ad indurci agli acquisti, senza troppo andare per il sottile. L’offerta eclatante fa esplodere la domanda.

Nelle settimane scorse, nel centro di Torino, in modo particolare la domenica, si è assistito all’assalto a locali di ritrovo e di consumo, negozi e centri commerciali. Viviamo nella società dell’opulenza, oppure si tratta di una reazione  alla segregazione dovuta al Covid, con effetto un tantino ritardato?

Landini nelle piazze  e le cassandre in Parlamento ci presentano un Paese povero, ma la realtà pare un po’ diversa. Ma forse c’è nulla di nuovo, perché l’emblema della società contemporanea è proprio il consumismo e le feste natalizie rappresentano uno dei momenti più a rischio poiché si soppianta il vero significato del Natale, festività religiosa che celebra la nascita di Gesù Cristo, per i credenti ed anche un momento di condivisione, occasione per riunirsi in famiglia e con amici. 

Sarebbe utile riflettere sullo stato dei fatti. Abbagliati dalle campagne mediatiche, dalle interviste di frotte di persone alla ricerca ossessiva del cadeau, non tutti percepiscono il reale valore e il messaggio fraterno che la ricorrenza  vuol trasmettere. La  commercializzazione delle feste religiose comporta una trasformazione culturale che fa perdere di vista ogni spirito di celebrazione religiosa.

Non stupiscono le file chilometriche, corse a perdifiato, offerte imperdibili, il tutto per soddisfare quel senso di dovere autoritativamente imposto e irrinunciabile, tanto che la commercializzazione delle festività natalizie ha mutato il modo in cui le famiglie trascorrono il periodo festivo e il tempo che dedicano alla celebrazione puramente religiosa.

E’ facile constatare che il consumismo è un disvalore che seppellisce ogni valore umano plasmando e manipolando la società nella logica dell’acquisto e nella ricerca affannosa di qualcosa che può appagare e nell’inconscia obbedienza che svilisce ogni principio d’incisione religiosa. I doni e i regali possono essere un motivo in più per avvicinare le persone, ma non l’unico scopo di tale festività, altrimenti si rischia di perderne il significato e di privarne dei veri principi e valori che porta con sé, tra i quali amicizia, pace e gioia.

Da qualche anno, spinti dalla fobia di non turbare le usanze ed i riti di immigrati dai paesi arabi, intrisi di ideologia avversa alla nostra civiltà, alcuni intendano derubricare il Natale a festa d’inverno. Avevano iniziato presidi ed insegnanti neghittosi a bandire i presepi, le recite dei bambini, ecc. Ora ciliegina sulla torta, siano al nocciolo del problema; azzerare semplicemente il Natale.

Ed allora , se è così, perchè foraggiare le mistificazioni delle multinazionali e il dio consumo? Piegarci alla ritualità del consumismo che svilisce il significato del dono?

Se tali spunti arrivano dal consumismo senza finalità affettive, si rischia di andare nella direzione opposta alla festività, ai valori autentici ed alla gioia. Prima di ipotizzare cambiamenti radicali di abitudini e tradizioni, sarebbe opportuno riflettere.

In ogni caso, cercando di debellare tale tendenza, e riappropriarci della ragione, lasciamoci avvolgere da decorazioni e pranzi, cerchiamo di non  farci contagiare dal paganesimo del sud del mondo, per riscoprire in ogni sua sfumatura il vero significato del Natale, occasione per celebrare lo scambio reciproco di condivisione e generosità e momento di riflessione sui veri valori spirituali e culturali che tengono unite famiglie e società.

 

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Articolo pubblicato il 24/12/2023