Ricordando Giordano Bruno
L'Autore con il Prof. Marco Matteoli

Nei momenti di crisi emergono le parole dei veri Maestri

Una caratteristica particolare dei "tempi bui" è quella di accenderei riflettori sulle personalità che hanno contribuito di più ad illuminare le menti delle persone.

Non si stupiscano quindi i Lettori se ricorderemo con grande ammirazione una Figura di Uomo e di Filosofo che ha rinunciato alla propria vita per difendere, fino alla fine, le proprie idee.

Alcuni anni fa, in compagnia del Prof Marco Matteoli, ricercatore a tempo determinato presso Università degli Studi di Pisa – Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere, in occasione di un convegno, mi recai a Roma in Campo dei Fiori, dove venne posizionata la scultura dedicata a Giordano Bruno, opera dell'artista massone Ettore Ferrari.

Ettore Ferrari nel 1879 presentò un primo bozzetto della statua che  venne inaugurata il 9 giugno 1889.

Il lavoro, evidentemente troppo provocatorio, presentava il Filosofo in atteggiamento di sfida verso il tribunale dell'inquisizione.

Le autorità locali, palesemente filoclericali decisero di rifiutarlo.

Nel 1885 nacque un nuovo movimento, l'Associazione nazionale del libero pensiero "Giordano Bruno", alla quale aderirono gli uomini più eminenti dell'epoca: Victor Hugo, Pasquale Villari, Ernst Haeckel, Michail Bakunin, Giovanni Bovio, Giusuè Carducci, Cesare Lombroso e molti altri. Grazie all'intervento di questa Associazione nel 1887 Ferrari potè presentare un nuovo bozzetto.

Molti degli uomini che si spesero per far realizzare la statua del Bruno furono massoni, e fu proprio la Massoneria a considerare la figura del martire nolano come l'espressione della propria bandiera ufficiale, un vero baluardo contro il più radicato dogmatismo.

Ancora oggi l'immagine di Giordano Bruno, eretta nella piazza che gli diede la morte, rivolta provocatoriamente verso il Vaticano, fa pensare ai tanti crimini compiuti in nome di un Uomo che diede a sua volta la vita per amore dell'Umanità.

Domandiamo al Prof Matteoli: Trattando gli scritti del Nolano, si parla spesso di Magia e di Opere Magiche, di cosa si tratta esattamente?

Marco Matteoli: Durante il suo periodo di soggiorno in Germania, tra il 1586 e il 1591, Bruno elabora alcuni testi di argomento magico che però non pubblica.

Tali testi sono stati rinvenuti in forma manoscritta solo nel secolo XIX e editi per la prima volta in un volume delle Opera latine conscripta pubblicate su finanziamento dello stato italiano alla fine dell’Ottocento; recentemente, nel 2000 e su finanziamento del Comitato Nazionale per le celebrazioni del quarto centenario del rogo di Bruno, ne è stata stampata una nuova e migliore edizione critica, accompagnata anche da una traduzione – la prima – in italiano.

Questi scritti, in parte, sono una serie di appunti e materiali di lavoro tratti dai più noti scritti magici del suo tempo – in primis il De occulta philosophia di Agrippa – e, più in generale, si concentrano soprattutto sulla cosiddetta magia naturalis.

Del resto, nella prospettiva filosofica bruniana dalla quale è esclusa ogni prospettiva antropomorfica e antropocentrica di relazione con il divino – e non è ammesso un cosmo geocentrico né dotato di centro alcuno – è difficile pensare una reale compatibilità con la magia, l’alchimia o con l’astrologia ‘tradizionali’ che, anzi, vengono irrise come discipline inutili, superstizione e infeconde, perché appunto fondate su una prospettiva teorica che egli non condivide.

Ciò non esclude, tuttavia, che Bruno non faccia una riflessione magica in senso proprio, che indaghi cioè i rapporti e le relazioni ‘occulte’ tra gli esseri viventi, senzienti e puramente fisici sulla base di uno sfondo ‘metafisico’ e divino comune a tutti che, anzi, egli postula realmente, chiamandolo ‘anima del mondo’ e considerandolo il principio (attivo) della vita e della trasformazione di ogni cosa, al pari della materia universale che ne costituisce il correlato ‘passivo’, la matrice che tutto tiene e sostiene insieme.

Bruno, in tutta la sua opera, fa uno sforzo teorico enorme per ricondurre tutti gli ambiti disciplinari alla sua prospettiva filosofica che è centrale ed egemone: lo fa con l’arte della memoria, con il metodo di Lullo, con la magia, appunto, perfino con la geometria e addirittura con il ‘linguaggio’, così come è stato evidenziato dai molti studi sul suo stile di scrittura.

In sintesi, posso dire che il cuore teorico della magia di Bruno è profondamente filosofico e si oggettiva nella teoria del ‘vincolo’, che consiste in una tecnica per rafforzare e dominare le relazioni tra persone o tra persone e cose, cercando di comprendere i ritmi vicissitudinali e attivi che dominano l’avvicendarsi e il trasformarsi della natura.

Questo particolare sviluppo, tra l’altro, è in linea con quello della tecnica magica del suo tempo, come si può vedere nelle opere magiche di Giambattista Della Porta o di Tommaso Campanella. Diversamente da certi percorsi che torneranno in voga nel XVIII secolo e che riguardano il pensiero ermetico e iniziatico del Rinascimento, l’evoluzione alla quale va incontro la magia tra il Cinquecento e il Seicento è di tipo ‘naturalistico’, oppure ‘retorico’ e risente molto sia degli sviluppi dell’allora nascente metodo scientifico – anzi, certi studiosi ritengono che ci sia proprio una ‘continuità’ o affinità di problemi e di metodo tra magia e scienza –, sia dell’arte della politica, a quel tempo sempre più importante con l’affermarsi delle monarchie e degli stati europei.

Giancarlo Guerreri: Il pensiero di Giordano Bruno è stato influenzato da altri filosofi o studiosi del suo tempo?

Marco Matteoli: Giordano Bruno era un uomo dotato di una memoria naturale straordinaria e che, oggi, potremmo definire ipermnestico. Ciò implica che i suoi scritti siano sempre una sorta di densissimo ipertesto nei quali le citazioni letterali di opere di moltissimi autori siano scritte e sovrascritte una di seguito all’altra, rendendo difficile determinare quali autori siano realmente fonti del pensiero bruniano, oppure semplici materiali per la costruzione di un quadro teorico completamente distante da essi, se non addirittura opposto. Per fare un esempio concreto di tale difficoltà interpretativa, la critica, soprattutto nei paesi anglosassoni, non ha mai stabilito chiaramente quale sia il debito di Bruno nei confronti del neoplatonismo rinascimentale e dell’opera di Ficino, se Bruno possa dirsi in qualche modo un ‘neoplatonico’ oppure no.

Vi sono autori e testi, del resto, la cui presenza nelle opere bruniane è fittissima: Aristotele, Tommaso d’Aquino, Ficino, Cusano, la letteratura umanistica, quella mnemotecnica, le Sacre Scritture. Tra questi, come Bruno stesso ammette, ha un debito particolare nei confronti di Tommaso e di Cusano, anche se l’impianto teorico di quest’ultimo, che per certi versi è ripreso fedelmente, ne esce completamente stravolto.

Penso che l’originalità di Bruno consista proprio in questo, che nonostante la densissima ripresa di moltissimi autori e fonti, il suo pensiero teorico non sia veramente riconducibile a nessuno di essi, si stagli solitario sopra e oltre tutti loro e Bruno, occorre dirlo, ne è anche ben consapevole! Del resto, una delle ‘immagini’ che Bruno sceglie per autorappresentarsi in tutta la sua opera è quella del Mercurio, un messaggero mandato dagli dèi per annunciare all’umanità l’avvento di una nuova era, della quale egli intuisce il sorgere, l’aurora. C’è un dettaglio, spesso sfuggito ai lettori, che a mio parere è particolarmente significativo: in un espediente mnemotecnico del De umbris idearum, Bruno fornisce un lungo elenco di  inventori celebri nella storia dell’umanità come sistema a cui associare le immagini delle sillabe per la memoria verborum.

Gli inventori scelti da Bruno sono tutti antichi e molti di loro appartengono alla mitologia: solo tre di quel lungo elenco – sono 150! – appartiene al ‘tempo’ di Bruno: Raimondo Lullo, Gutemberg e Bruno stesso; il primo perché inventa un tipo di scrittura interiore (l’ars combinatoria), il secondo una forma di memoria esteriore (la stampa) e Bruno una arte che è una memoria e scrittura interiore, unisce cioè le invenzioni di entrambi. Già questo è significativo per descrivere l’immagine che Bruno vuole dare di se stesso, ma lo diviene ancora di più se andiamo a vedere a quali coppie di lettere egli associa il proprio nome: Omega e Alfa, ossia il contrario di Cristo.

Ancora oggi qualcuno sostiene le ragioni del tempo passato, giustificando un delitto che attende da sempre le mancate scuse da parte dell'Autorità ecclesiastica.

I pericoli nascono proprio dai dogmi, ovvero da quelle credenze del tutto arbitrarie che cercano di sostenere le ragioni storiche di questa o quella espressione religiosa, senza tener presente che alimentando le differenze tra le fedi si creano i presupposti per le guerre di religione.

La via dell'abolizione dei dogmi sembra essere l'unica strada possibile. Si tratta di una Via che invita tutti alla ricerca di Verità sostenibili, e non alla cieca diffusione di pseudoverità, nate solo per favorire qualche particolare dottrina. Il dialogo dovrebbe vertere soprattutto su ciò che si conosce e su ciò che unisce, a differenza di ciò che normalmente avviene.

Giordano ci esorta ad essere liberi, a pensare con la nostra testa, ci esorta ad amare e a comprendere con la ragione e con il cuore. La Verità non conosce confini religiosi o geografici. Risulta ovvio che basti nascere in un luogo particolare dove venga professata una certa fede per assimilare tutte le "verità" di quel particolare Credo religioso.

Siamo spesso così bigotti da non comprendere che se fossimo nati in un altro luogo del mondo potremmo essere Musulmani, Ebrei, Buddisti, o addirittura credere nelle religioni legate ai culti della Natura.

Non comprendere che la professione del proprio Credo religioso dipenda principalmente, se non esclusivamente, dal luogo che ci ha dato i natali, significa voler nascondere a tutti i costi la verità.

Tornando alla statua di Giordano Bruno, subito dopo l'inaugurazione papa Leone XIII rimase a digiunare per un giorno intero di fronte alla statua di San Pietro... pregando contro quello che gli sembrava un duro attacco alla Chiesa di Roma.

Una nota curiosa: nel lontano 1626 morì il cardinale Roberto Bellarmino, il noto inquisitore che fece abiurare Galileo Galilei, peraltro riabilitato nel 1822 dal papa riformatore Pio VII a 180 anni dalla sua morte,  e ardere al rogo Giordano Bruno.

Tuttavia una serie di ostacoli intralciarono il processo canonico che, negli anni 1675, 1714, 1752 e 1832, venne inutilmente riproposto e rifiutato per svariati motivi.

Solamente nel 1920, precisamente il 22 dicembre, papa Benedetto XV, riassumendo le motivazioni che auspicavano la beatificazione del cardinale, promulgò il decreto di eroicità delle sue controverse virtù. Dopo sette anni, sotto il pontificato di Papa Pio IX, il 29 giugno 1930 Roberto Bellarmino venne canonizzato.

Sotto molti versi la canonizzazione del cardinale inquisitore, rifiutata per quattro secoli e pronunciata pochi anni dopo l'inaugurazione della statua a Giordano Bruno, lascia un poco perplessi, arrivare a beatificare un uomo che ha portato al rogo molti cosiddetti eretici, fa sicuramente riflettere.

Evidentemente le idee fanno più paura delle armi, forse sono più pericolose perché oltre ad agire sulla mente agiscono anche sul cuore delle persone.

Osservando la statua del Bruno che svetta come una freccia puntata verso il cielo proseguiamo la visita a Campo dei Fiori, osservano centinaia di persone che non sembrano indifferenti a quella autorevole presenza.

Oggi ai piedi della statua si svolge durante la mattina un pittoresco mercato, ricco di colori e denso di profumi. Di sera molte persone stanno sedute sugli scalini di granito rosa di Baveno e scattano centinaia di fotografie con i loro cellulari per immortalare quella maestosa presenza che mise in immenso imbarazzo la Chiesa di allora, imbarazzo presente anche nella Chiesa di oggi, e che forse un giorno sarà attenuato dalle scuse ufficiali di qualche papa, che fino ad ora non ha avuto il coraggio di chiedere.

Ringraziamo il Prof Marco Matteoli per averci accompagnato in questo lungo viaggio attraverso i secoli.

Fotografie di G.Guerreri

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Articolo pubblicato il 29/12/2023