Il punto sulla presenza del Gruppo Humanitas e un'escursione nel panorama della sanità privata torinese

Uno spunto per ragionare sul disagevole circuito della sanità pubblica, sulle liste d'attesa e non solo

Nel 2023 la Clinica Sedes Sapientiae, istituto privato torinese fondato nel 1908 dalla Congregazione religiosa dell’Istituto figlie della Sapienza, si è aggiunta alle altre, celebri strutture mediche di Torino, che sono andate a far parte del gruppo Humanitas: il Gradenigo, la Clinica Cellini, la Clinica Fornaca, unendosi ai centri medici Humanitas Medical Care.

La Clinica Sedes Sapientiae da oltre 100 anni è una preziosità ospedaliera del contesto piemontese, dove lavorano oltre 400 professionisti tra medici, infermieri e altro personale. L'unione al Gruppo Humanitas si presenta come una logica cordata privata, in un quadro sanitario dove il servizio pubblico è sempre meno il preferito. Perché?

Humanitas ha la sua gen00esi nella seconda metà degli anni '80, concepito dall'incontro del prof. Nicola Dioguardi e Pier Carlo Romagnoli, all’epoca presidente di Reale Mutua, quindi con Gianfelice Rocca e infine con un gruppo di impresari privati. L’obiettivo era la creazione di un ospedale d’avanguardia, ben gestito e funzionale.

Accreditato dal Ministero della Salute come Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, il complesso ospedaliero, realizzato a Rozzano tra il 1992 e il 1998, oggi svolge un servizio curativo e scientifico tra i più avanzati in Europa ed è considerato un leader mondiale nella ricerca sulle malattie associate al sistema immunitario.

L’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano è il capostipite del gruppo omonimo che ora annovera 21 poliambulatori specialistici e 10 ospedali, suddivisi tra Lombardia e Piemonte, e un istituto a Catania, con un totale lavorativo di 8600 professionisti, per un fatturato di 990 milioni di euro nel 2022.

Humanitas, come tutti i gruppi che gestiscono la sanità a livello privato, segue il modello americano, privilegiando un servizio a pagamento o pattuito con i maggiori Enti assicurativi.

Una suadente voce al telefono lo conferma: … “per le prenotazioni di visite ed esami a pagamento o tramite apposite polizze assicurative, premere il pulsante 1.Per informazioni e prenotazioni di visite ed esami con il servizio sanitario nazionale premere il pulsante 2”.…

Numeri verdi, tasti e l’aria della “primavera di Vivaldi” accomunano la messa in attesa di ogni servizio pubblico o privato. Ingegnosa transizione telefonica e sintetici call center che fiaccano la pazienza dell’utente, che attende per “non perdere la priorità acquisita” e lo privano di ogni rapporto umano.

Subdole supposte di frustrazione sottoposte col tempo a tutti i cittadini in plurimi settori, ma con modalità simili. In ambito sanitario privato, chi salda subito il conto salta la coda, gli altri attendono, sgravando magari anzitempo le spese della previdenza con un costoso funerale che forse si poteva rimandare. Certi malanni che vanno presi in tempo, se ne fregano della mutua o dell’eccellenza a pagamento. Si sbrigano a chiudere il conto.

La cura privata vale miliardi. Il top 5 dei gruppi sanitari privati in Italia vede al 1º posto il Gruppo San Donato con 1,64 miliardi, segue Humanitas e al 3º il Gruppo Villa Maria, quindi il Policlinico Universitario Gemelli di Roma e al 5º il gruppo KOS di Carlo de Benedetti, che opera nell’ambito delle RSA, con un ricavo vicino a 700 milioni, escludendo le attività all’estero. I player che operano nell’ambito ospedaliero privato con un fatturato di oltre 100 milioni sono 28.

Dati di novembre 2023 riportano che il 63% degli italiani, a causa dei tempi di attesa esagerati e il ritardo delle prestazioni del servizio pubblico, dichiara di essersi rivolto alla sanità privata, un altro 18% pensa di farlo nel 2024.

Nel 2021 l'assistenza ospedaliera si è avvalsa di un migliaio di istituti di cura, il 48,6% privati e il 51,4% pubblici. La politica però continua a giocare di sponda con la gente “che conta”. I contributi pubblici per la sanità privata sono rimasti in agenda, anche se la Riforma del 1978 ne chiedeva l’abolizione. Sono stanziati da un fondo nazionale, l’entità è fissata anno per anno dal governo di turno.

Nel caso di ricovero in un ospedale gestito dalla sanità pubblica, è l’INPS a farsi carico di ogni cittadino, onorando un principio sancito dalla Costituzione nell’articolo 32: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. … E ogni volta, l’ultimo pensionato in lista d’attesa da mesi per una tac o una lastra, si pone un’ispida domanda sui veri… “valori” della vita.

Premessa che cadrà nel vuoto.

Se si indaga nella cronologia del diroccamento della sanità, si entra in una intricata matassa di deficit, costellata di cronache e scandali praticati al “rubamazzetto” della sanità pubblica, da impuniti furbetti elevati a gestirla. Periferica cagione di addetti ai lavori, difficile da controllare. Eppure, si potrebbe fare. Meriterebbe un’indagine a sé.

Breve escursione sulla liquidazione politica della sanità pubblica

La cassa mutua fu istituita dal governo Mussolini con Regio Decreto dell’ 11/12/43. Nel dopoguerra la sanità gestita per lo più da enti

assistenziali è stata riordinata in diversificati enti ospedalieri pubblici dalla legge Mariotti del 12/2/1968, fino alla riforma del governo Andreotti IV che, con la legge del 23 dicembre 1978, aboliva il sistema mutualistico istituendo il “Sistema Sanitario Nazionale” pubblico al quale il governo doveva garantire le risorse tramite il “Fondo Sanitario Nazionale”. Nel 1992, anno nero per i conti pubblici, provò a risolverlo il governo Amato. Poi Azeglio Ciampi, osannato come il “Salvatore del SSN”. L’illusione della soluzione risale al 23/10/92, con la legge delega n. 421 che ha mutato le Unità Sanitarie Locali (USL) in Aziende Sanitarie Locali (ASL), trasformando gli ospedali in Enti che dovevano produrre profitto. È stata così bypassata l’opera sanitaria fondata sulla qualità della cura, imponendo la quantità numerica delle stesse. Ma dove siamo adesso?

Nel corso di questo scorrere degli eventi, il reperimento di quattrini per la sanità è stato un dilemma spinoso per ogni governo di passaggio. Siamo una società sempre più vecchia e longeva, non ve lo dirà nessuno, ma dobbiamo durare un po’ di meno.

Da 37 anni invalido, assiduo ospite del SSN (purtroppo), e altresì, curioso come un giornalista, ho annotato quanto la sanità pubblica si sia impoverita nel tempo, autorizzando il dubbio d’una finalità indotta da una cascata di cause ed effetti suddivisi tra varie forme di sprechi, appalti, subappalti e allegre forniture di un servizio decentrato e poco controllato. Un settore che vale 122 miliardi, troppo spesso Bancomat nelle mani di troppi fattorini, che meriterebbe una pignola indagine da parte delle Magistrature.

Un ulteriore punto da approfondire sarebbe sul costo finale per lo Stato di un servizio effettuato in una ASL, rispetto a quello del settore privato. Potrebbero emergere sorprese, poiché il primo, pare sia alquanto più elevato di quello offerto dal settore privato.

Il fattore umano di molti addetti del settore pubblico

Riguardo la perdita di centralità destinata alla pubblica sanità è doveroso ricordare una crescente carenza di incentivi sia, economici che professionali di cui si lamentano molti operatori che lavorano  nel settore pubblico. Un patrimonio di medici, infermieri e altri addetti che resistono e suppliscono alla fuga del personale sedotto dalla sanità privata e dal profumo dei soldi. Persone che lavorano onorando un intimo valore del mestiere tra mura di strutture talvolta obsolete, dove esercitano il loro ruolo pubblico ancora molto bene, nonostante nuove criticità emergenti. In primis la crescente mancanza di nuovo personale attratto e motivato a monte della professione, e non ultima, una crescente insicurezza in certi pronto soccorso sempre più teatro di prepotenza e insofferenza che a volte si tramutano in violenza.

Storie silenziose di persone vere, degne icone di un’appartenenza solidale. A parere di chi scrive, sono un orgoglio italiano da tutelare, a cui portare rispetto, e al quale, nel corso di 37 anni debbo molte volte la vita. 

Quel che sta cambiando prospettiva e qualità di vita, sta avvenendo in certe RSA. È un argomento scottante, merita una prossima indagine conoscitiva.

Fonti dal Web e plurime esperienze personali

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Articolo pubblicato il 12/01/2024