La crisi perpetua e le ambigue risposte del governo

Qual'è la reazione del governo a questo scenario? Il decreto produttività

Vent'anni. Dobbiamo guardarci indietro di ben due decenni per avere un tasso di produttività annuo superiore allo 0,5% (fonte Istat). Se a questo aggiungiamo i dati sul Pil, in contrazione da cinque mesi di fila e quelli sull'industria, in calo per il nono mese consecutivo, ci troviamo di fronte ad una crisi totale.  

 

Qual'è la reazione del governo a questo scenario? Il decreto produttività. Questa manovra ha messo d'accordo Confindustria e i sindacati Cisl e Uil, ma allo stesso tempo ha ricevuto un no deciso da parte della Cgil. 

 

I principali punti esposti nel decreto sono i seguenti:

 

-La contrattazione nazionale rientrerà nel contratto ma potrà essere modificata da particolari condizioni quali: andamento economico, mercato del lavoro e raffronto competitivo internazionale.

 

-Di conseguenza si rafforza la contrattazione di secondo livello, ovvero quella che da maggiore importanza ai contratti aziendali e territoriali integrandoli a quello collettivo. 

 

 

-Regolamentazione in base agli specifici contesti produttivi in materia di orari, compensi e organizzazione del lavoro.

 

-Adesso sarà possibile il demansionamento con decurtazione dello stipendio. Questo provvedimento non sarà unilaterale ma discusso tra le parti.

 

-Inoltre sarà possibile introdurre la videosorveglianza nei luoghi di lavoro. Ovvero il controllo a distanza dei lavoratori tramite mezzi audiovisivi.

 

-Le parti sindacali che non rispetteranno le tregue potranno essere sanzionate.

 

-Viene instaurata una logica di “solidarietà intergenerazionale”, per agevolare la transizione dal lavoro alla pensione.

 

-Sarà possibile (crisi economica e mercato del lavoro permettendo) defiscalizzare i salari netti percepiti dai lavoratori in funzione di un incremento della produttività.

 

Questi sono i maggiori snodi del decreto produttività. Le uniche garanzie contenute in questa manovra sono a favore delle aziende e di conseguenza a discapito dei lavoratori. Ed è proprio per questo che la Cgil critica fortemente questa mossa del governo. Il depotenziamento del contratto collettivo porterà maggiori benefici alle aziende che potranno rendere gli orari più flessibili, i controlli più stretti e i salari più leggeri. Se a questo aggiungiamo le sanzioni previste nel decreto nei confronti dei sindacati ribelli, ci troviamo di fronte ad una “dittatura aziendale”. Il leader della Fiom Maurizio Landini ha voluto sottolineare maggiormente il punto, dichiarando che questi provvedimenti rappresentano “Il modello Marchionne applicato a tutti”.

 

Le più elementari leggi di mercato ci dicono che la domanda determina l'offerta. In uno scenario del genere, dove le aziende vengono favorite a scapito dei lavoratori, che rappresentano anche la parte più consistente dei consumatori, sarà inutile aumentare la produzione perché la domanda rimarrà troppo bassa. Possibile che il governo dei tecnici non voglia capirlo? 

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Articolo pubblicato il 22/11/2012