Lega Nord in rosso e Bossi rimane senza le mutande (verdi) di scorta

Il “senatur” cita in giudizio Salvini, per il mancato pagamento del suo vitalizio annuo di 400.000 euro previsto da una scrittura privata risalente allo scorso febbraio

Nella Lega Nord vige il caos. Stando a quanto scrive la Repubblica in un articolo del 18 agosto, Bossi trascinerà presto il segretario del Carroccio Matteo Salvini in una causa legale tutta padana.
Nulla di sbalorditivo dato che con l'inchiesta del 2013 si erano già aperte le danze e, diciamolo pure, anche le scazzottate tra le camicie verdi.
Belsito infatti, aveva sbandierato le esorbitanti cifre versate sui conti di personaggi dal calibro di Calderoli, almeno 45.000 euro, Cota che prendeva soldi in nero dall'ex tesoriere Balocchi grazie al quale ha potuto acquistare un'autovettura ad esempio, Tosi l'attuale sindaco di Verona, Salvini al quale furono dati soldi in contanti dalla Sea mai versati nelle casse del partito e che era “addetto” alle nomine nel settore sanitario e ovviamente anche il “senatur” con la sua lunga lista di versamenti, tra cui 500 euro per l'iscrizione su un sito di poker online, insomma non ne aveva risparmiato nessuno.
Dopo lo scandalo, il 26 febbraio scorso si giunge dunque ad una tregua tra Bossi e Salvini: in cambio di un vitalizio di 400.000 euro annui, Bossi avrebbe imposto al suo legale, l'avvocato Matteo Brigandì, di rinunciare alla cospicua parcella di 6 milioni di euro per la sua attività professionale dal 2000 al 2013 e a presentarsi come parte lesa nei processi a carico della famiglia Bossi.

Ma in tutto questo è sorto un problema, i legisti sono al verde.
I 6 milioni di euro sono stati spesi per la recente campagna elettorale europea e questo ha costretto Salvini a lasciare il fondatore del partito senza neppure le mutande verdi di scorta (ecco per chi le aveva acquistate Cota!), ma la ciliegina sulla torta e probabilmente sul sistema nervoso del “senatur”è un'altra: alla prima udienza del 10 ottobre contro la famiglia Bossi, la Lega si costituirà come parte lesa. Salvini da parte sua, dopo aver letto la notizia data da la Repubblica, su Twitter risponde così: “cazzate!” e “quereleremo ancora”.
Insomma, il fondatore del movimento è portato in causa dal movimento stesso. Un fatto paradossalmente ironico e per questo anche un po' divertente, per chi sa apprezzare le commedie tragicomiche.

Ma il meglio deve ancora venire signori e signore!
Forte di questo tradimento, Umberto Bossi ha deciso di avviare una querelle giudiziaria incaricando lo stesso Brigadì – e come faranno a non pagarlo questa volta?  – di trascinare in tribunale Matteo Salvini per ora solo sul fronte civile, ma non si esclude quello penale, per truffa.
Nell'atto in questione si legge: “ il movimento politico Lega Nord si è reso inadempiente alla scrittura privata del 26 febbraio 2014. Si tenga conto che è notoria la malattia dell'on. Bossi e, per usare una parola di moda, l'agibilità politica era stata assicurata con il pagamento dei 400.000 euro annui pattuiti”.
Ma, dunque, sorge spontaneo chiedersi se a loro volta coloro che furono o sono gli elettori del movimento potranno citare in giudizio il “senatur” per aver fondato un movimento anticostituzionale e per essersi messo i soldi dello stesso nella propria (ampia) saccoccia.
Come dimenticare i famosi 300.000 euro spesi per la “scuola Bosina”, i 48.000 euro versati presso la Bpl, altri 7.000 su un altro conto, i 90.000 spesi per le lauree albanesi del primogenito Riccardo, del “Trota” e pure per l'ex capo della scorta di Rosi Mauro. Per fortuna vi fu l'inchiesta che impedì l'acquisto di un ennesima laurea londinese per Renzo, alla modica cifra di 130.000, anche se un “acconto” di 80.000 era già stato versato.
Bei tempi quelli di Belsito, sì, ma quelli che si prospettano sembrano essere ancora più esilaranti o nauseabondi, dipende dai punti di vista.

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Articolo pubblicato il 20/08/2014