Il governo spagnolo e “Las medidas necesarias”: Madrid ricorre alla Corte costituzionale per fermare il referendum

Il braccio di ferro legale tra la Catalogna e Madrid continua, nonostante la Corte lo abbia già riconosciuto come inammissibile

In Spagna imperversa la bufera. Il vento della secessione spira impetuoso senza dar cenni d'arresto e Madrid, dal canto suo, cerca di correre al tiepido riparo della Corte costituzionale: il premier Mariano Rajoy ha convocato i ministri per licenziare i ricorsi alla Corte Costituzionale da opporre alla “consultazione” indetta da Artur Mas presidente della Generalitat (la comunità autonoma della Catalogna), per il prossimo 9 novembre.

La Corte si è riunita ieri nel pomeriggio, per decidere se ammettere o meno il ricorso.

In caso di risposta positiva, la prima conseguenza sarà la sospensione della legge e del decreto catalano per i cinque mesi necessari alla decisione di merito.

 

La questione catalana ha spesso assunto toni aspri ed è molto sentita tra i cittadini spagnoli.

Un primo fattore di contrasto è sicuramente l'euro, considerato dai separatisti come il vero responsabile dell'odierna crisi economica.

Il volto che meglio incarna questa tesi è quello di Jordi Pujol (nazionalista moderato ed ex Presidente del governo locale catalano), il quale sostiene che la Catalogna indipendente sarebbe l'area più ricca della nazione, se non soggetta e oppressa dalla tassazione spagnola.

In questi giorni però, Pujol è al centro di uno scandalo per l'accusa di frode fiscale e il focus della questione (per ciò che riguarda il referendum) è senza dubbio la credibilità: se la perde lui, la perde anche l'attuale presidente.

 

Ma non sono solo di natura economica i motivi di tali contrasti. Alla base di queste rivendicazioni, vi è il risentimento per la “reinterpretazione” dello statuto catalano, che costò alla comunità autonoma una ampia fetta della sua indipendenza nel settore politico, scolastico e amministrativo. La limitazione in questione è sopratutto linguistica: il catalano nella comunità autonoma è lingua ufficiale al pari del castigliano.

 

“Il governo è obbligato a presentare il ricorso davanti alla Corte costituzionale, in difesa di tutti gli spagnoli, inclusi i catalani. (…) La prima cosa è difendere la Costituzione, poi parleremo di riformarla”, queste le parole con le quali Rajoy si pronuncia in merito.

Ma cosa intende il primo ministro con questa affermazione?

L' art. 155 della Costituzione spagnola stabilisce che nel caso in cui una comunità autonoma attenti gravemente all'interesse generale della nazione, il governo è obbligato a prendere “las medidas necesarias”, ovvero le misure necessarie volte ad impedire che ciò accada. L'articolo non accenna all'utilizzo delle forze armate o di una revoca delle autonomie, come invece si è sentito dire.

 

Madrid punta tutto sull'idea che spetterebbe all'intera nazione spagnola la decisione di chiedere al popolo catalano di esprimersi sulla sua indipendenza.

La questione è dapprima prettamente legale, ma al braccio di ferro giuridico si può accostare quello politico. Al momento però, nessuna delle parti ha chiarito quale strada intende percorrere una volta chiarita la questione legale.

 

Pedro Sanchez, segretario generale del Partito Socialista Obrero Español (Psoe), ha definito la consultazione sulla sovranità in Catalogna uno “strappo alla legalità”, perché “ningún gobernante tiene derecho a quebrantar la ley" e aggiunge: “la mejor defensa de la Constitución es su renovación”.

(EL PAÍS, 29 settembre 2014).

 

“Credo sia una giusta richiesta, ma ciò che non mi piace è la strumentalizzazione politica che si sta attuando – racconta Carlos a Civico20news, un catalano fotografo di professione – il governo infatti, quello che abbiamo adesso in Catalogna, mi risulta pessimo: destroidi che non stanno apportando nulla più che fanatismo nazionalista”.


Il referendum catalano resta un tema scottante in quanto anche illegale: lo scorso marzo la Corte Costituzionale spagnola ha infatti sancito la sua inammissibilità, per cui se si terrà non sarà vincolante.

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Articolo pubblicato il 30/09/2014