Ecco cosa accade se cerchi di raccontare la verità, ma ti imbatti nei ragazzi dei centri sociali che gestiscono il Moi

Di seguito troverete per intero il motivo e lo scambio di messaggi che ha impedito a Civico20news di approfondire e raccontare cosa accade all'interno dell'ex villaggio olimpico

I recenti avvenimenti che hanno visto il Moi (gli edifici dell' ex villaggio olimpico, occupati ormai da circa due anni) e chi lo “gestisce” accusati di essere invischiati in attività illegali quali ad esempio lo spaccio di droghe leggere come la marijuana, hanno spinto Civico20news a voler approfondire la questione.


Dunque per vederci chiaro Civico20news, nei panni della sottoscritta, ha preso contatti con il Comitato di solidarietà profughi e migranti e in special modo con uno dei suoi rappresentanti, che chiameremo con un nome di fantasia (ispirato dal momento) e che ci pare quantomeno appropriato: “Joseph”.


Chiedo con le migliori intenzioni a questo ragazzo di poter, con in suo appoggio e aiuto, parlare con gli occupanti, ascoltare le loro storie, vedere con i miei occhi come vivono il loro quotidiano per poterlo infine raccontare così come mi si sarebbe presentato, senza omissioni o strumentalizzazioni.


Joseph mi risponde che ha molto da fare e che prima di una settimana non avrebbe potuto incontrarmi. Poi però mi informa che il giorno dopo la commissione comunale di gestione e controllo delle attività comunali avrebbe effettuato un sopralluogo e mi invita ad essere presente all'evento. Cosa che ad oggi mi pare alquanto contraddittoria, capirete il motivo seguitando nella lettura.


L'indomani mi recai alle palazzine del Moi e dopo essermi presentata a Joseph (nel frattempo alcuni ragazzi dei centri sociali facenti parte del suddetto Comitato impedirono il passaggio a giornalisti e semplici curiosi) seguii il percorso della Commissione comunale.


Siccome il Comitato permise alla Commissione un sopralluogo solamente esterno, la visita si esaurì in breve tempo.

 

La Commissione comunale andò via ed io rimasi lì, cercando di relazionarmi con i presenti, quando un uomo del comitato prese in mano il megafono e informò gli occupanti che, due giorni dopo, ci sarebbe stata la visita “del più razzista d'Italia, il bastardone” e leghista Matteo Salvini. (Per saperne di più http://www.bdtorino.eu/sito/articolo.php?id=14451).


Ripresi la scena con il mio smartphone, quando una ragazza cominciò a sussurrare qualcosa all'orecchio dell'uomo con il megafono ed entrambi si girarono guardandomi, allarmati.


Vennero subito a dirmi di smetterla e una signora, non proprio ragazzina, iniziò a inveirmi addosso dicendo: “abbiamo detto ai giornalisti niente foto e video, sei l'unica giornalista che ha fatto questo video, se lo vendi a qualche giornale o lo pubblichi, tu qui dentro non ci entri più”.


Sorvolando sul fatto che nessuno di loro, tantomeno Joseph che più tardi disse “mi è passato di mente di dirtelo”, mi intimò nulla del genere, io ero pur sempre in luogo pubblico, sulla strada, senza violare alcun tipo di legge o divieto.


La mia presenza e il mio video erano leciti.


Provai a spiegarlo alla signora che, non contenta, in tono minaccioso cercò di farmi cancellare il video davanti ai suoi vigili occhi. Provai anche a spiegarle che, fossi stata lì per boicottarli o strumentalizzare gli eventi, non avrei certo fatto tutto alla luce del sole, portando al collo un cartellino identificativo con foto, dati e logo del giornale, cosa che peraltro la mia interlocutrice certo non possedeva.


Poco dopo, mentre mi trovavo a parlare con un ragazzo molto più pacato, Joseph venne a “scusarsi” dicendo che il motivo di tutto ciò era che non volevano pubblicizzare troppo quella giornata e quel sopralluogo. Senza aggiungere null'altro. Spiegai nuovamente i miei intenti, salutai i presenti e me ne andai.


Due giorni dopo, nella sera del 20 dicembre, ricevetti un messaggio seccato da Joseph, che recitava così (errori compresi):


“Ti avevamo chiesto di non pubblicare nulla sul sopralluogo. Era un giochino di FdI per trascinare il comune e non volevamo avesse pubblicita. Grazie”


La mia risposta fu dura, perché a prescindere da tutto, ero lì per raccontare ciò che avrei visto e non per immolarmi a ufficio stampa del Comitato, magari nella speranza che mi concedessero la grazia di poter interagire con gli occupanti ed entrare negli edifici. Ma proprio su questo, evidentemente, Joseph voleva far leva.


“Mmm non proprio. Non mi hai chiesto nulla, hai solo detto che questo evento secondo te non doveva ricevere pubblicità. Io non faccio pubblicità, io racconto.


Il sopralluogo non era ed è il mio fine ultimo in questa vicenda, che come ti ho spiegato è decisamente un altro. Questo sopralluogo non potevo esimermi dal trattarlo essendo il primo effettuato, un segno che nel bene o nel male qualcosa si sta muovendo. Inoltre non mette qualcuno o qualcosa in cattiva luce e neppure diffama, racconta semplicemente la giornata così come si è svolta. Questo è il mio lavoro e benchè non ci campi, lo considero seriamente come tale, perseguo il vero e non sono al soldo di NESSUNO. Raccontare senza strumentalizzazioni come vivono queste persone e le loro storie, come e quanto li aiutate e cosa auspicate per loro. Dare ai cittadini la possibilità della “conoscenza”, perché senza essa non è possibile alcun dialogo.


Non sono un politico e neppure un giornalista al guinzaglio di qualche partito (altrimenti avrei scritto e pubblicato ben altro), voglio solo fare questo: portare verità e trasparenza dove non c'è, affinché si sentano le voci di tutti e non solo quella di chi urla più forte. Se non hai/avete intenzione di darmi questa possibilità, puoi dirmelo chiaramente, magari più chiaramente delle altre volte come la sopracitata e quella del video, che come potete riscontrare non è stato pubblicato, perché non era questa l'intenzione, ma solo essere il più possibile precisa in quel che scrivo. Anche in quel caso però, sappiate che scriverò la verità”.


Ecco l'articolo “incriminato” http://www.bdtorino.eu/sito/articolo.php?id=14427, giudicate voi.

La risposta si è fatta attendere fino al giorno seguente e senza comunque recuperare alcun tipo di credibilità, ma anzi perdendone ancora, come terriccio da sotto i piedi, Joseph risponde:


“Non è una faccenda di buona o cattiva pubblicita. Avevo chiesto di avere pazienza che i giornalisti dovevano stare fuori ergo non mettere foto o video. Fatto questo, piena collaborazione.

Altri giornalisti ascoltano e rispettano cio k gli diciamo xk ci fidiamo uno dell altro”.


Un messaggio che, a mio avviso, non avrebbe neppure bisogno di essere commentato, ma io che persevero sempre nella speranza di farmi capire, ho risposto alla missiva in questo modo:


“Ma fuori da dove?? Da un luogo e spazio esterno dove una pubblica commissione (che ho seguito senza esser stata interdetta da nessuno) effettuava un sopralluogo?

Le foto inserite son state scattate alla commissione e non certo ai volti degli occupanti. Non mi pare dunque che sia stata lesa la sensibilità di nessuno. Anzi non vedo alcun tipo di problema in tutto ciò, ma questo tuo/vostro atteggiamento invece, lo trovo molto grave. Sì, mi piacerebbe conoscere i giornalisti di cui parli, disposti a farsi ricattare. Perchè questo tipo di atteggiamento immotivatamente censorio che solo così si può chiamare, danneggia non tanto voi, ma le persone senza sbocchi e futuro che abitano quelle strutture. La fiducia non si instaura in questo modo, sono d'accordo”.


Al che Joseph, mostrando democraticità e lungimiranza senza uguali, conclude:


“Bon se si collabora cn noi si ascolta, senno pace ognuno x la sua strada. Tutto qui. Buona domenica”.


Mi domando ancora adesso se per caso Joseph soffra di Alzheimer o di qualche simile malattia che gli impedisca di ricordare che non stava affatto disquisendo con un suo sottoposto o militante del comitato, ma con una giornalista.


“ Certo, Heil Hitler! Il termine “collaborare” implica un rapporto di interazione multilaterale, non unilaterale e tantomeno gerarchico. Ci sono richieste accettabili e comprensibili (come quando si tratta di tutelare la sensibilità o la privacy di qualcuno) ed altre no, come questa. Buona domenica”. 

Riporto per intero e senza censure questa conversazione che mi ha urtato particolarmente, non solo perché mi impedisce di mostrare ai torinesi come si vive al Moi e cosa realmente accade tra quelle mura di cartongesso, ma perché benchè comprenda la diffidenza nei confronti di cronisti e giornalisti, questa cecità e queste modalità assunte dai centri sociali, altro non fanno che danneggiare e ammutolire chi invece avrebbe bisogno di soluzioni concrete e di farsi capire, comunicando e interagendo non solo con le istituzioni, ma sopratutto con i cittadini.

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Articolo pubblicato il 30/12/2014