2015: odissea nelle poste

A luglio i clienti di BancoPosta hanno ricevuto un bello scherzetto

A quanti italiani a luglio è arrivata una lettera di Poste Italiane dal contenuto allarmante?

Tutto, di questa lettera, fa venire in mente male parole nei confronti della società delle poste, a partire dal metodo di spedizione: sulla busta vi è scritto “raccomandata”, ma in realtà è stata imbucata come una comunissima cartolina, perdendo così la sicurezza che il destinatario la ricevesse. All’interno la data riportata nella compilazione del testo è il 1 luglio 2015. Aggiungendo i tempi tecnici di smistamento e spedizione, nella migliore delle ipotesi la lettera è arrivata dopo il 10 luglio, sempre che sia arrivata, perché essendo una raccomandata-non-raccomandata non si ha la certezza della consegna. Il testo parla di scadenza posta al 31 luglio. Ora, in pieno periodo estivo, quando la gente va in vacanza, i lavoratori vanno in ferie e a casa non c’è nessuno, è possibile mandare una lettera 15-20 giorni prima della scadenza imposta?

Ma qual è il messaggio contenuto in questo documento? La missiva, firmata dal responsabile di BancoPosta Marco Siracusano, è titolata “aggiornamento informazioni su rapporto intrattenuto presso Poste Italiane” e spiega che per il tal libretto postale non risultano aggiornate informazioni quali professione svolta, natura e scopo del rapporto e che bisogna aggiornarle entro il 31 luglio come da art. 25 del d.lgs. 231/2007, pena il blocco operativo del rapporto, come adeguatamente sottolineato.

I cittadini che abbiamo ascoltato per questa situazione, infuriati per il poco preavviso o addirittura affannati per chi era in ferie fino a fine mese, si sono recati al più vicino ufficio postale armati di libretto e documenti. Nel caso del quartiere torinese del Basso San Donato i residenti di corso Umbria, via Livorno e vie limitrofe hanno come punto di riferimento l’ufficio di via Ascoli 50, ma al momento di spingere la porta per entrare, al pelo con l’orario di chiusura degli uffici, si trovano bloccati da un cartello che recita: “Siamo chiusi dal 24 al 31 luglio, riapriremo il 1 agosto”. A questo punto anche le dolci, simpatiche e miti vecchiette cominciano a dare in escandescenze: si può chiudere un ufficio negli ultimi giorni disponibili per aggiornare un libretto quando sono state concesse solo due settimane di preavviso?

Con passo incerto ma certamente infuriato le signore si dirigono verso il prossimo ufficio postale, quello di corso Regina Margherita, dove si accodano ad un’interminabile fila di persone. L’ira dei residenti viene mitigata solo dall’impiegata dello sportello 4, davvero cortese e disponibile, che spiega tutte le modalità per aggiornare le informazioni. Durante la coda si captano dei discorsi tra le impiegate dietro lo sportello: pare che l’ufficio di via Ascoli 50 sia stato chiuso dopo che una dipendente ha avuto un malore per il troppo caldo. Quando l’interlocutrice chiede se non avessero neanche un ventilatore, l’impiegata scuote la testa sconsolata.

Per le signore che abbiamo seguito in questa mattinata di pellegrinaggi si è risolto tutto (quasi) per il meglio, ma chissà quanti italiani non sono stati avvisati per tempo e adesso si ritrovano con il libretto bloccato. Ci limitiamo a stendere un velo pietoso sulla situazione in cui sono costretti a lavorare i dipendenti di un’azienda che può stipendiare i suoi top manager con centinaia di migliaia di euro l’anno ma che non riesce a mettere un impianto di condizionamento per non far morire di caldo i suoi impiegati.

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Articolo pubblicato il 06/08/2015