Beppe Grillo e i giornalisti, cronaca di una vicenda dai tratti grotteschi

Continua la caccia alle "streghe mediatiche" da parte del leader del Movimento 5 Stelle, il quale invoca una giuria popolare contro giornali e tv

Che il rapporto tra Beppe Grillo ( e di conseguenza il Movimento 5 Stelle) e i giornalisti sia oramai materia di scintille lo si era capito da quando il partito politico co-fondato dall'ex comico e attore genovese stava iniziando a prendere forma nelle vesti in cui lo conosciamo oggi.

Un odio mai celato e portato avanti con furore da Grillo che, una volta dimessa l'immagine di comico diventato personaggio sgradito negli studi di Via Teulada di Mamma Rai in seguito ad una battuta sull'allora premier Bettino Craxi, si è reinventato portavoce di quella parte di italiani che si ritrovano in piazza per mandare volgarmente a quel paese la vecchia politica e il potere oscuro delle varie "ka$te".

E mentre Grillo nel corso degli anni cercava di riciclare la propria carriera con apparizioni televisive in quelli che erano i canali antesignani della pay tv italiana, il comico di Zena era intento a ridefinire il suo piano per cercare di liberare l'Italia e i suoi abitanti dal "torpore" nel quale erano stati gettati da almeno un ventennio da parte della politica e della televisione.

Da qui nasce l'idea di creare un movimento che potesse essere una boccata d'aria fresca per l'ormai marcia e corrotta politica del Belpaese, intenta a fare giochi di potere e ormai sempre più lontana dai reali problemi del Paese e dei cittadini.

Il resto è ormai storia recente della moderna politica nostrana, con il Movimento 5 Stelle in grado di arrivare ad ottenere le redini delle amministrazioni di città quali Torino e Roma alle scorse elezioni amministrative.

Il blog di Grillo diventa quindi uno strumento con il quale il "kapo" denuncia le nefandezze della politica e dei diversi movimenti politici diversi da quelli pentastellati.

Ma il suo blog non serve solo a questo. In breve tempo diventa un'arma che Grillo inizia ad usare sistematicamente per mettere sulla graticola diversi giornalisti che lavorano per testate a tiratura nazionale e che, secondo lui, tendono a fare dell'informazione faziosa e piena di bugie pur di mettere in cattiva luce il suo movimento.

E' notizia di qualche giorno fa che Grillo ha chiamato a raccolta gli iscritti certificati al movimento di cui fa capo per modificare il codice etico con il quale poter dare maggiori direttive ai problemi giudiziari degli eletti pentastellati (altra nota dolente sulla perfetta sinfonia di trasparenza sbandierata dal suo movimento e dei suoi facenti parte).

Il fondatore e garante dei cinque stelle ha infatti invocato una giuria popolare per determinare la veridicità dell'informazione data dai media.

Questo significa che un gruppo di cittadini scelti a sorte (magari mediante voto su Internet) visionano le notizie di giornali e tg e, qualora fossero ritenute non attendibili,  costringerebbe il direttore della testata giornalistica o del tg a fare pubbliche scuse e dando massima visibilità alla versione riveduta e corretta della notizia data precedentemente.

Ora, partendo dal presupposto che il modo diffuso di fare informazione in Italia si basa su un metodo che nulla a che fare con la professionalità, si tratta di un discorso non applicabile a tutta la categoria.

Tra i tanti giornalisti (o presunti tali) che si limitano a voler gonfiare il numero delle tirature del proprio giornale o ad avere il picco più alto di audience per questo o quell'altro servizio, c'è chi svolge il proprio mestiere con correttezza e competenza.

Lo stesso Enrico Mentana, direttore del Tg La7, si è risentito in seguito a questa assurda dichiarazione di Grillo e ha mosso intenzione di querela nei suoi confronti.

Un gesto forte da parte di chi fa della corretta informazione il suo mestiere e, in primo luogo, la sua ragione di vita.

L'odio tra la stampa e Grillo è da anni ormai materiale fertile di analisi riguardo le reali intenzioni e bontà di questo movimento politico che si era prefisso l'obiettivo di spazzare via il marcio dalla corrotta politica nostrana, composta da politici indagati o con avvisi di garanzia che pendono sulle loro teste.

Pare che l'obiettivo del leader del popolo dei Cinque Stelle sia di creare una stampa su misura, a proprio uso e consumo, probabilmente composta non da colleghi giornalisti ma da persone da lui autorizzate che, svegliandosi una mattina, si sono arrogati il diritto e la pretesa di essere definiti professionisti dell'informazione.

Tutto questo non fa di certo bene al giornalismo italiano, già ampiamente martorizzato su più versanti non solo da attacchi esterni, ma anche da persone interne alla categoria che non hanno la benchè minima idea su quelli che sono i princìpi base della deontologia professionale dell'informazione.

Si corre il serio rischio di essere travolti in un sistema che addita il giornalista come bugiardo con il tesserino, visto da tutti come persona autorizzata a raccontare fandonie.

Il diritto all'informazione è un diritto inalienabile dell'uomo (con le dovute cautele e precisazioni, s'intende) che non può di certo essere dato in mano a chichessia per il semplice fatto di nutrire un astio personale e mai sopito che rischia di sollevare un odio collettivo ed ingiustificato nei confronti di chi intende fare il proprio lavoro con serietà e competenza.


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Articolo pubblicato il 10/01/2017