Trump dà fuoco alle caldaie e scatena "La guerra calda", ma...

Ipocrisia nel mondo in ritardo. Opportunità per questa vecchia Italia.

Il rifiuto del pittoresco Presidente americano di onorare gli accordi di Parigi sulla salvaguardia del clima, ha scatenato una "grande alleanza" globale. Tutti contro Trump, si coniano slogan, il mondo tuona, l'ONU si risveglia. Tutto questo è certamente un bene, perché il rischio che qualche altro capo di Stato avesse la sua convenienza nello scodinzolare alla corte della Casa Bianca, sicuramente c'era.

A prima vista il bicchiere è mezzo pieno, ma lo spazio per delle riflessioni non manca. È da oltre trent'anni che i paesi industrializzati si interrogano sull'impatto del progresso e sulla sostenibilità del Pianeta. Sull'argomento si sono versate vagonate di parole, di rapporti, di grafici, di incontri. Non sono mancate le manifestazioni popolari. Il tempo per fare le scelte giuste è stato lungo e galantuomo, l'uomo no.

Nel frattempo, le petroliere hanno continuato a solcare i mari, le trivelle a cercarne dell'altro e i vari accordi internazionali modello protocollo di Kyoto (1997- entrato in vigore nel 2005), sulla diminuzione delle emissioni di gas serra, sono sempre stati contrassegnati da concessioni e compromessi al ribasso imposti dai singoli interessi.

Il fatto che le variazioni climatiche, la desertificazione, lo scioglimento dei ghiacci e l'aumento della temperatura globale non abbiano atteso, né avuto alcuna inversione di tendenza, dimostra che ogni accordo tra gli Stati più inquinanti ha avuto il medesimo risultato di un'aspirina.

L'Earth overshoot day è previsto per agosto, gli OGM sono imposti dalle multinazionali, nell'oceano Pacifico galleggiano due continenti di rifiuti e l'elenco di altre attività umane che modificano la chimica dell'ecosistema in modo più o meno riconosciuto è lunga. La cordata anti Trump e la voce grossa dell'Onu suonano distorte e tardive. 

Il Mondo ha imboccato da molto tempo una strada suicida che sembra senza ritorno. La decisione di Mr. Trump, benché impopolare, forse potrebbe risultare positiva, non certo per presa di coscienza degli statisti, ma per ripicca politica, popolarità e accordi di comodo, magari si.

Questo pensiero è un incipit per una provocazione economica, storica e culturale rivolta verso uno degli stati ancora compreso nei G7, seppure ultimamente un po' claudicante.

L'Italia attraversa una crisi economica da cui sembra non poter uscire. È affrontata con un metodo storicamente fallimentare: vendendo i gioielli di famiglia e aumentando le tasse. La crisi del 29, negli Usa fu superata ben più rapidamente con una politica di investimenti interni e a quel tempo, mirati.

L'Italia, geograficamente priva di risorse fossili, ma non di creatività, ha una grande opportunità: smetterla di arrancare in una competitività ormai persa, distaccarsi dalla causa del male e farsi promotrice di un nuovo "miracolo", quello energetico.

Le energie alternative esistono, il territorio attraversato dalla dorsale appenninica, con una catena alpina a far da collare, zeppo di rifiuti da riciclare, ma ancora baciato dal sole e circondato da 8000 km di mare, sembra nato a forma di stivale proprio per dare un calcio a tutto il resto.

Mentre noi si litiga sugli orrori del voucher, persino gli Emirati Arabi si stanno portando avanti con il lavoro, prevedendo il futuro calo dell'oro nero, hanno investito in aziende che si occupano di tecnologia del rinnovabile.

Centrali idroelettriche, pale eoliche, centrali solari, riconversione della mondezza, riforestazione, riconversione degli spazi cementificati, bioarchitettura e ricerca scientifica indirizzata a una pacificazione con i problemi del pianeta Terra, a chi scrive sembrano imperdibili occasioni per un nuovo Rinascimento da esportare a braccetto con questa tradizione di ancora Bel Paese, di  Pompei &"‘O sole mio", di piatti prelibati e di adorabili, piccoli borghi. Abbiamo tutto.

Quello che manca è una presa di coscienza, di un'unità nazionale, di un orgoglio da dissotterrare dalla polvere del Risorgimento, ma soprattutto, una classe politica dotata di quegli attributi indispensabili per fare scelte lungimiranti.

È una proposta non utopica e supportata da oltre trent'anni di studi. Peccato che non tutti i rappresentanti che si danno appuntamento in Parlamento possano vantare quella cultura indispensabile per fare le scelte giuste e non soltanto quelle di poltrone, di partito, di blando potere personale, di eterna legge elettorale.

C'è sempre il popolo che potrebbe porre qualche rimedio, ma la tv ipnotizza, facebook rapisce e la stampa si accavalla per rendere la gente sempre più distratta dall'ultima notizia. E così, mentre si susseguono gli anni più caldi che la storia ricordi, la criminalità organizzata fa affari sporchi con le discariche e l'importante è che nulla cambi, che nulla cambierà. Abbasso il presidente americano dunque!

Evviva quello che non ci salverà: un'utopia, il pensiero d'un modesto cronista, di un ex ricercatore ambientalista senza un simbolo, ma un'unica bandiera. Quella di un tricolore nuovo e lindo che potrebbe far da apripista al mondo, ma tra i tanti, forse solo Papa Francesco, uomo di Dio e dell’Enciclica "Laudato ‘si", sarebbe d'accordo.

 

 

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Articolo pubblicato il 03/06/2017