L’Olocausto del patrimonio boschivo alpino del Piemonte

La siccità e la trascuratezza, la mancanza di prevenzione, il nostro modo sbagliato di progredire. Cause ed effetti delle foreste in cenere.

L’anomala siccità di questo 2017 che prosegue nel segno di Lucifero è la prima causa dei devastanti incendi che stanno distruggendo i boschi della Valle di Susa. I territori più colpiti sono quelli di Caprie, Celle, Bussoleno, Giaveno, Rubiana e Trana. Complice il vento che, nonostante l’impegno dei vigili del fuoco, ha favorito la rapida avanzata delle fiamme e lo sviluppo di numerosi focolai. In due soli giorni dall’inizio dei primi incendi, i danni ambientali hanno assunto proporzioni drammatiche, altre fiamme divampano nel pinerolese e in provincia di Cuneo.

Una densa cappa di cenere sta offuscando la luce del sole e scende ad annerire la bassa valle, l’odore dei boschi alla brace è percepibile da Susa a Giaveno fino a Rivoli e oltre. Sospinto dall’anomala bolla africana trascina l’Olocausto delle piante verso Torino, triplicando il limite massimo dell’aria respirabile. Sono classificate “polveri sottili ma meno inquinanti, poiché di origine naturale e non chimica”. Freddo epitaffio per milioni di alberi, fabbrica di fotosintesi clorofilliana che non muterà più il CO2 in ossigeno, ma trasformata in combustione anch’essa, adesso inquina. Solo altre piante potranno ripulire l’aria, ma quali? Il disastro ambientale ha innescato una presa di coscienza collettiva soprattutto nei riguardi della qualità dell'aria, ma non basteranno 50 anni perché metà del patrimonio boschivo ricresca. Il volto della Valle non sarà mai più come prima. 

I segnali di un progressivo inaridirsi di questo nordovest della Penisola erano tanti e già da tempo visibili, statisticamente maggiori al resto del Paese. Dal disboscamento alla cementificazione dell’area Pedemontana, tutto passa per uno sviluppo Globale che ha stravolto l'ecosistema basato su equilibri che dettano le regole del clima e del microclima, ma la brutalità degli incendi è anche frutto e conseguenza di più circoscritti cambiamenti del rapporto uomo natura.

Primo tra tutti è l’abbandono dell’economia montana e dell’intrattenimento delle aree boschive. Fino a pochi decenni or sono le pendici delle montagne erano costellate di borgate e paesi caratterizzati da una economia basata su attività di agricoltura e pastorizia in stretta simbiosi con il territorio. L’abbandono di queste aree ha lasciato le boscaglie in balia di se stesse. La siccità ha fatto il resto. Oggi i boschi, disabitati e non intrattenuti nel sottobosco, orfani di una cultura conservativa, sono una preda più facile per le fiamme. È un argomento vasto e variegato che viene affrontato con colpevole ritardo dalle istituzioni sempre più lontane dai problemi reali,affannate a ricorrere le loro mire politiche e genesi di frettolose scelte sbagliate, dalla soppressione confusa delle province, di molte Comunità Montane e del Corpo Forestale dello Stato 

Il presidente della regione Sergio Chiamparino, ha dichiarato che l’emergenza non è finita, chiedendo lo stato di calamità, ma è del tutto naturale?. La meteorologia annuncia che il vento africano non si fermerà e le piogge tarderanno ancora. “La montagna – ha detto il presidente di Coldiretti Torino – va difesa in tutti i modi dal pericolo degli Incendi. La recente legge in difesa dei piccoli comuni, con meno di 5mila abitanti, intende arginare lo spopolamento e promuove una economia sostenibile. Da anni lavoriamo a provvedimenti di ricomposizione fondiaria dei territori montani che riducano la parcellizzazione e frammentazione di territori. Chiediamo agli enti locali politiche a sostenere delle imprese agricole montane multifunzionali che presidiano e difendono il territorio”. Parole, intenzioni che volano come foglie secche al vento. La realtà non ascolta la tv. Era in agguato, prevedibile e ignorata da troppo tempo.

Il sospetto che la mano criminale dei piromani fosse all'origine degli incendi, oggi, Sabato 28 ottobre è stata confermata dal ritrovamento di alcuni inneschi alla base della Sacra di San Michele e nel pinerolese. Non poteva essere altrimenti considerato il numero di roghi divampiati in pochi giorni, 135 differenti focolai.

L'autore dell'articolo, molto legato alla natura e in particolar modo a questi luoghi, in questo momento fatica a trovare una terminologia giornalistica per definire la categoria. Quello che viene spontanea è un'idea accarezzata da tempo. Così come il reato di omicidio stradale, andrebbe considerato un reato di "omicidio volontario casuale" da applicare a chi appicca gli incendi, con pene severissime, poiché la vittima è da includere nell'insano gesto, così come è accaduto nei boschi di Cumiana. E poi perché no, instaurare un tribunale vegetale e animale. L'Olocausto è soprattutto loro, a oggi privi di un avvocato difensore.

Immagine della Nasa, gli incendi in Piemonte visti dal satellite, ma l'occhio deve cadere anche sul colore arido della Pianura Padana. Occorre al più presto che piova come "Dio ce la mandi", anche se i vecchi modi di dire paiono passati di moda poiché "piove, governo ladro" era un anatema diffuso. I governi non sono migliorati con l'andare del tempo, ma il tempo è peggiorato, nonostante i governi.


Per approfondire

http://www.meteoweb.eu/2017/10/incendi-coldiretti-in-val-di-susa-bruciati-decine-di-ettari/990058/#COt0E4eGGdlvgc1e.99

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Articolo pubblicato il 27/10/2017