L'EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Francesco Rossa: Giovanni Giolitti oltre il mito

Ricorre il novantesimo anniversario della morte dello Statista

Martedì 17 Luglio ricorre il novantesimo anniversario della morte di uno dei più significativi e illustri Statisti che abbia onorato l’Italia.

A nostra conoscenza non verrà ricordato in quel Consiglio Provinciale di Cuneo, ove rappresentò ininterrottamente i suoi elettori per circa quarant’anni, anche in qualità di Presidente dell’Assemblea elettiva.

Neppure i Comuni della Provincia di Cuneo che lo videro candidato - poi eletto - alla Camera dei Deputati dal 1882 sino alla sua morte, pare si stiano accorgendo della ricorrenza. Ma forse è meglio così.

Ci verrà risparmiata l’onta di ascoltare frasi fatte e mal recitate da coloro che oggi sono lontanissimi dal pensiero e dai principi sostenuti dall’ ”Uomo di Dronero”.

Lasciamo tuttavia agli Storici l’onere e l’onore di apportare ulteriori contributi ai già copiosi studi sul pensiero e sull’opera di Giolitti, nonchè - più in generale - sull’età giolittiana.

Infatti, in questa sede l’obiettivo è quello di tracciare misurate considerazioni politiche.

Sono dunque trascorsi novant’anni, nel corso dei quali le vicende politiche e sociali italiane hanno percorso infinite e contraddittorie stagioni. Dal fascismo alla, vent’anni dopo, dissoluzione dello stesso. Sino al ritorno della Democrazia, intriso però da polemiche laceranti che riaffiorano ancora oggi. Queste ultime tali da aver determinato la crisi del parlamentarismo, mai composta dai tentativi di riforma succedutisi negli anni, per arrivare infine all’infausto referendum del 4 Dicembre 2016.

E ancora la stagione del terrorismo, culminata con l’assassinio di Aldo Moro nonché con la contestuale presenza di intellettuali - considerati allora all’avanguardia - che dichiaravano “Né con lo Stato, né con Le Brigate rosse”.

Rispetto ad altre nazioni europee, in Italia va detto come il secolo scorso si sia sostanzialmente chiuso con l’eclissi dello Stato.

Infatti, ulteriori tappe ci evidenziano il periodo di Tangentopoli, con l’intervento pesante di certa Magistratura che di fatto assestò colpi mortali ai partiti storici nati nell’Ottocento, e in ultima analisi anche a Istituti di rappresentanza politica e democratica. Le elezioni del 1992 videro poi affiorare i germi del localismo e l’aspirazione all’Autonomia, subdolamente ingabbiata da politicanti rozzi e di pochi scrupoli.

A partire dal 1994, all’interno di ambedue gli schieramenti contrapposti si creò il mito dell’ “Uomo solo al comando”, in dispregio della Democrazia rappresentativa e delle mediazioni dei partiti. Oggi, quale retaggio degli ultimi venticinque anni, la politica è diventata banalizzazione. Nel senso che, col leaderismo, è per l’appunto venuto meno il rapporto tra eletti ed elettori. Al posto del confronto interno ai partiti, trionfano le lobby, e i capricci dei capi non conoscono filtri o censure.

Il nerbo della svolta giolittiana di fine Ottocento consistette invece nell’affermazione del ruolo dello Stato quale entità super partes.

L’età di Giolitti rappresentò per l’Italia il consolidarsi di una situazione economica di ampio respiro, caratterizzata da riforme che si collocano ancora alla base degli attuali strumenti di sicurezza sociale. Per meglio comprenderne il contenuto - oltre che il significato di quanto andremo ad affermare - possiamo principiare dall’indirizzo che egli rivolse “al Paese che lavora”, durante un incontro con gli elettori di Dronero. Con quest’attenzione lo Statista accomunava l’imprenditore all’operaio, e così a tutti coloro che con il loro impegno e i loro sacrifici avessero contribuito al progresso dell’economia, dell’occupazione e alla solidità dello Stato.

Analizzando le lettere e i contenuti, ormai celebri, estrapolati dai principali incontri con gli elettori, si entra poi nel dettaglio del suo messaggio basilare. La presenza fattiva delle esigenze del cittadino, il benessere sociale, il rispetto per la persona, l’allargamento del suffragio universale.

In particolare - presso Busca in provincia di Cuneo e, più precisamente nel collegio elettorale di Dronero - Giovanni Giolitti pronunciò il celebre discorso del 29 Ottobre 1899. Esso può a ragione ritenersi uno dei più genuini manifesti del giolittismo, ovvero un’orazione nella quale si sentono vibrare tutti i temi del Liberalismo e della Democrazia moderna.

Nelle affermazioni fortemente pronunciate dall’ “Uomo di Dronero” c’è una convinta e calda sollecitazione verso i più deboli e verso chi non ha voce politica. Si pongono infatti limiti fermissimi all’esercizio arbitrario del potere, laddove si riconosce che la Politica deve essere “ancella” della società reale e delle sue esigenze. Il discorso, infine, caldeggia una nuova chiarezza istituzionale, riaffermando il ruolo di uno Stato autorevole e non autoritario, presente e non invadente.

Di quanto asserito da Giolitti colpiscono soprattutto quel pragmatismo e quella concretezza tutta cuneese che guardano alle cose minime, ma reali, della civile convivenza: le imposte di registro, la tassazione  del petrolio e dello zucchero, i costi del cotone e del grano, i quali, al di là delle grandi ideologie, sono poi i problemi che fanno soffrire o gioire le persone, cioè l’Italia e lo Stato.

E tutto ciò riflette la grande importanza che un altro grande Statista come Cavour seppe porre - da amministratore prima ancora che da politico - sui temi dell’agricoltura, dell’irrigazione, della tecnologia, e dei commerci che già ai suoi tempi stavano cambiando il mondo. Nonché l’impatto che una piccola decisione politica può avere su un’immensa schiera di attività economiche, discendendone la “pericolosità” della politica non fondata su di una perfetta conoscenza dell’economia.

Il senso del Liberalismo giolittiano - e cioè la ricerca del benessere dei cittadini – ci viene dunque fornito non partendo da quelle formule astratte a cui oggi siamo purtroppo abituati, ma considerando le difficoltà di chi non riesce a tirare avanti, sino alla necessità di rimuovere gli elementi ostativi per l’affermazione dell’Uomo in ogni configurazione economica e sociale. Senza dimenticare la presenza fattiva dello Stato, non in senso oppressivo ma per facilitare l’affermarsi della grande industria quale volano del progresso economico, con la costruzione di opere pubbliche, in primis strade e ferrovie.

In sintesi una Politica di emancipazione dell’Uomo, di progresso e di rispetto. Rispetto che si estrinsecava, tenendo sempre alto il senso dello Stato, sulla scia di quel Liberalismo cuneese che, da Giovanni Giolitti a Marcello Soleri a Luigi Einaudi, ha sempre posto in primo piano la concretezza dell'azione politica nel duplice rispetto delle libertà individuali e dell'autorevolezza delle Istituzioni.

Di uno Stato che insomma non fosse, almeno nella sua concezione, tiranno o truffaldino, ma giusto nell’esercizio della Politica della Difesa, dell’Ordine Pubblico, dell’Istruzione e della Sanità pubblica.

Temi dai quali anche oggi gli Italiani si aspetterebbero una legittima risposta, aborrendo stomachevoli discorsi e, tanto peggio, quei provvedimenti clientelari o arbitrariamente punitivi di cui le cronache politiche e governative continuano a nutrirsi.

Con tali premesse, antitetiche rispetto alla Politica urlata e ristretta solo allo spettacolo, ci pare che, navigando in acque un po’ tanto limacciose, il pensiero e l’azione di Giovanni Giolitti - da elementi rievocativi, magari di circostanza - dovrebbero rappresentare, soprattutto ai nostri giorni, il paradigma degli intenti di coloro i quali si prestano a governare per il bene del Paese e dei suoi Cittadini.

Fotografia Storiaindustria

FRANCESCO ROSSA
Presidente Onorario
CIVICO20NEWS

 

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Articolo pubblicato il 15/07/2018